Recensione Billo - Il Grand Dakhaar (2007)

Un piccolo film indipendente a metà tra la commedia sentimentale e il dramma etnico di denuncia sociale, un racconto commovente e colorato, intriso di quel pungente sarcasmo capace di far più riflettere che sorridere.

L'amore ai tempi dell'immigrazione

Quelli che seguono la tv e il cinema nostrani lo avranno sentito nominare più di una volta, gli appassionati di hip-hop, di fitness e di abbigliamento sportivo anche. Parliamo di Thierno Thiam, meglio conosciuto come Billo, un simpatico ragazzone di origini senegalesi arrivato in Italia con un borsone e tanta voglia di fare, uno che ha dovuto faticare non poco prima di riuscire a sfondare come attore e poi come stilista. Lui ce l'ha fatta come tanti altri, ma non possiamo ignorare che la maggior parte dei suoi connazionali più sfortunati continuano per anni a vivere da clandestini sui marciapiedi della Capitale vendendo merce di contrabbando, come peraltro toccò a lui per i primi tempi. Billo - Il Grand Dakhaar (il dakhaar, nel gergo degli immigrati senegalesi, è l'ultimo arrivato nel paese straniero) racconta proprio la sua storia, un po' più romanzata di quella reale, partendo dagli anni dell'infanzia in Senegal fino ad arrivare al giorno della sua partenza a bordo di una delle tante barche della speranza, e poi alla difficile avventura italiana. Non siamo di fronte ad uno dei tanti seriosi pseudo-documentari sull'immigrazione e sul razzismo, bensì ad un piccolo film indipendente a metà tra la commedia sentimentale e il dramma etnico di denuncia sociale, a un racconto commovente e colorato, intriso di quel pungente sarcasmo capace di far più riflettere che sorridere.

L'incontro/scontro tra le due culture, tra le due religioni, ma soprattutto tra due modi di concepire l'amore e il matrimonio viene portato sul grande schermo da Laura Muscardin con un tono leggero attraverso la storia di Thierno, un giovane senegalese che, nonostante sia vissuto in una famiglia povera, ha ricevuto una solida educazione e ha imparato il mestiere di sarto conseguendo anche un diploma. Deciso a dare una svolta alla sua vita e a diventare ricco per poter finalmente sposare l'amata cugina Fatou, figlia del cugino di suo padre nonché medico del villaggio, Thierno arriva in Italia e si cambia nome divenendo per tutti Billo. Nonostante le enormi difficoltà nel tirare avanti, le continue vessazioni da parte delle forze dell'ordine e le discriminazioni, Billo riesce a farsi una posizione, a guadagnare un po' di soldi da mandare a casa anche grazie all'amore di Laura, la ragazza italiana che scoprirà presto di aspettare un figlio da lui. Proprio nei giorni in cui lei gli comunica la lieta notizia arriva però anche il messaggio di sua madre che lo richiama in patria: con i soldi che Billo ha inviato la sua famiglia ha potuto finalmente organizzare il matrimonio con Fatou. Ora tutti lo aspettano in Senegal per la grande festa. Si presenterà oppure sceglierà di rimanere in Italia, tradire le sue origini e sposare Laura? Un dilemma culturale, ma soprattutto affettivo, davvero difficile da risolvere...

Il viaggio di Billo dall'Africa all'Italia viene annunciato da una splendida scena, ma mai mostrato: un fuoco sulla spiaggia, la notte e l'oscurità che cala sul mare finché una piccola barca si avvicina alla riva; è in quel momento che lo sguardo di Billo si illumina, che le fiamme del fuoco si riflettono nei suoi occhi e questi riempiono lo schermo fino quasi a bucarlo. Al viaggio spaziale compiuto da Billo attraverso due continenti si unisce anche quello temporale, quello che collega i suoi ricordi di bambino con il presente da adulto, i sogni con la realtà, le speranze con le promesse. Interessante la scelta della regista di andare avanti e indietro nel tempo lungo la vita del protagonista per meglio raffigurare il contrasto tra i due mondi vissuti parallelamente; questa insieme ad altre interessanti trovate di regia riescono a regalare brio ad una narrazione che altrimenti avrebbe rischiato di annoiare lo spettatore che invece in più occasioni se la spassa letteralmente. Efficace il montaggio di Marco Spoletini, avvolgenti le musiche scritte per l'occasione da Youssou N'Dour, divertentissimi tutti i personaggi di contorno, su tutti Pap, connazionale di Billo che strappa più di una risata con il suo divertente accento romanesco-senegalese, la coppia di amici gay Paolo & Paolo e il galeotto incontrato da Billo dietro le sbarre, che accetta tutto ma non il fatto che nessun amico nero abbia mai pensato di piratare i grandi successi dei Matia Bazar...

Movieplayer.it

3.0/5