Recensione Le ultime 56 ore (2010)

Nonostante la retorica finale, gli eccessi patriottici e qualche sentimentalismo da fiction, Le ultime 56 ore riesce nel difficile intento di coniugare spettacolo e riflessione rappresentando un raro esempio di cinema impegnato e 'scomodo' che non disdegna però l'intrattenimento.

L'action-movie si fa impegnato

Niente commedie, niente buonismo, niente luoghi comuni. Il cinema italiano di Claudio Fragasso è sempre stato 'diverso', tosto, non omologato alle mode adolescenziali nè tanto meno ad un genere ben delineato. Ne è ulteriore dimostrazione Le ultime 56 ore, l'action-movie che prova a coniugare, non per la prima volta a dire il vero, un cinema di intrattenimento puro con quello di denuncia sociale e civile. Concepito insieme alla sua compagna di vita Rossella Drudi, autrice della sceneggiatura, Le ultime 56 ore racconta infatti dell'intreccio di due destini, quello di due uomini che si ritrovano a combattere, ognuno a suo modo, una malattia grave come la leucemia. Il commissario di Polizia Paolo Manfredi (Lionello) è quello che tutti chiamano un 'negoziatore' la cui moglie è malata di leucemia e attende a ore un trapianto di midollo che le potrebbe salvare la vita. Gabriele Moresco (Tognazzi) è un colonnello dell'esercito che ha combattuto in Kosovo con i suoi commilitoni e ha visto morire uno dei suoi migliori amici dopo il ferimento sul campo e una susseguente grave malattia di cui nessuno sembra interessarsi. Le istituzioni ignorano infatti tutte le denunce dei militari e dei medici che imputano le gravi forme tumorali di cui sono rimasti vittime all'esposizione prolungata a scorie radioattive come l'uranio impoverito, materiale con cui sono costruite in alcuni paesi armi e munizioni.
La dottoressa Ferri (Bobulova), rimasta vedova del compagno di Moresco dopo aver praticato al marito una struggente eutanasia, chiede aiuto al colonnello affichè si fermi il massacro e lo Stato Maggiore riconosca le responsabilità. Ogni tentativo 'ufficiale' Moresco insieme ai suoi uomini organizza una vera e propria rappresaglia dimostrativa e decide di assediare un ospedale civile tenendo in ostaggio pazienti e personale. L'ultimatum è il seguente: l'Esercito italiano ha 56 ore di tempo per fare pubblicamente mea culpa e riconoscere un risarcimento ai reduci ammalati o deceduti, altrimenti gli ostaggi moriranno.
Grande dispiegamento di forze per risolvere l'emergenza, ma alla fine sarà il commissario Manfredi a prendere in mano la delicata situazione e ad entrare nell'edificio. Stavolta però non si tratta soltanto di lavoro ma in ballo c'è molto di più visto che per uno scherzo del destino all'interno dell'ospedale si trovano anche sua moglie e sua figlia per il trapianto di midollo...

Opera coraggiosa e orgogliosa, Le ultime 56 ore assume a tratti le sembianze di un film televisivo mentre in altri momenti riesce ad intrattenere con sequenze action adrenaliniche di grande effetto degne dei migliori poliziotteschi italiani degli anni '70 (su tutti Roma violenta e Roma a mano armata) e degli omologhi contemporanei made in USA. Denuncia civile e sociale ma anche cinema di genere anni '70 e omaggio all'action bellico americano per un film ben scritto e con momenti convincenti ma forse non supportato in toto da tutto il cast. Bravi a sorreggere il peso di personaggi estremi e ingombranti i due protagonisti Gianmarco Tognazzi e Luca Lionello, che nei panni del Bruce Willis e del Serpico made in Italy regalano performance non impeccabili nello stile ma di grande spessore umano. Duro, spigoloso, teso e con lo stesso ghigno vendicativo sul volto, il figlio d'arte più celebre dei due affronta qui il personaggio forse più difficile della sua carriera in barba alle critiche e agli ingenerosi confronti con papà Ugo.
La sceneggiatura di grande impatto emotivo scivola più volte in dialoghi involontariamente comici ma nel complesso risulta efficace nonostante nella seconda parte si appesantisca notevolmente e si dilunghi in sottolineature inutili e ridondanti.
Nel finale un po' di retorica fa storcere il naso, come gli eccessi patriottici e qualche sentimentalismo da fiction di troppo, ma nonostante questo Le ultime 56 ore riesce nel difficile intento di coniugare spettacolo e riflessione e a rappresentare un raro esempio di cinema impegnato e 'scomodo' che non disdegna però l'intrattenimento.
Tra inseguimenti, mediazioni e le tante sparatorie il film di Fragasso tocca infatti il tema dolente delle malattie provocate dall'uranio impoverito ai nostri militari nelle missioni di guerra, vicenda scottante per la prima volta 'battuta' dal potente mezzo cinematografico grazie alla perseveranza e all'impegno dei suoi autori e, in primis, degli impavidi produttori. Dedicato agli amanti del genere e a chi ha voglia di qualcosa di 'tosto'.

Movieplayer.it

3.0/5