Kimble Rendall in Mostra con il suo Shark 3D

Il regista australiano arriva al Lido fuori concorso con al seguito il branco di squali protagonisti del suo catastrofico Shark 3D, il primo film in tre dimensioni realizzato in patria in co-produzione con Singapore.

Uno tsunami si abbatte sulla costa australiana ed è la catastrofe. Un gruppo di persone rimane imprigionato tra gli scaffali di un supermercato ed oltre a doversela vedere con le conseguenze di un violento maremoto deve anche cercare di salvare la pelle dagli attacchi di un branco di squali, rimasti a loro volta intrappolati nei parcheggi sotterranei dell'edificio. Xavier Samuel, Julian McMahon e Phoebe Tonkin daranno filo da torcere agli affamatissimi pescecani sullo sfondo di una coincidenza sentimentale che farà rincontrare in questo tragico frangente due innamorati che proprio per colpa di un branco di squali un anno prima aveva vissuto un'esperienza a dir poco traumatica. Questa la trama un po' surreal apocalittica di Shark 3D, il film che sarà proiettato per il pubblico stasera a mezzanotte e mezza giunto alla Mostra di Venezia accompagnato dai produttori Gary Hamilton e Ying Ye, e dal regista Kimble Rendall, al suo secondo lungometraggio, che torna dietro la macchina da presa a ben dodici anni di distanza da Cut - Il Tagliagole dopo aver fatto una lunga gavetta come regista della seconda unità in film di grande successo come Matrix Reloaded e Revolution, Io, Robot di Proyas e Underworld: La ribellione dei Lycans. Il regista australiano, che fisicamente ricorda una versione un po' più matura di Nicolas Winding Refn, ci ha raccontato della sua esperienza alle prese con un film ad alto budget e le sue emozioni nel tornare a Venezia dopo i cinque mesi di lavorazione del Casanova di Lasse Hallström.

Signor Rendall, com'è stato tornare a Venezia dopo un po' di tempo e presentare un suo film alla Mostra?
Sono stato per cinque mesi in Italia e in particolare a Venezia quando mi sono occupato della regia della seconda unità di Casanova, il film con Heath Ledger diretto da Lasse Hallström. In quell'occasione ricordo di aver imparato poche parole utili di italiano ma nonostante mi sia stata regalata la bandiera veneziana come cittadino onorario non riesco ancora bene a capire la lingua. Sono rimasto molto sorpreso quando ho ricevuto l'invito da parte del direttore della Mostra, non riuscivo a capire come il mio film si potesse inserire in un contesto di questo tipo.

E' abbastanza insolito vedere un film come Shark 3D ad un festival internazionale come la Mostra di Venezia, quali sono secondo lei gli ingredienti per coinvolgere un pubblico come quello presente qui al Lido?
Mi sento un po' come un gatto fra i piccioni, o se volete, come uno squalo tra i cigni (ride). Quando ho ricevuto l'e-mail da parte del festival sono rimasto basito ma il direttore mi ha spiegato che i film in questo festival sono tutti molto diversi, e che Shark 3D con una proiezione in tarda serata avrebbe potuto allietare e far divertire il pubblico. Sono stato entusiasta nel sapere che Terrence Malick è qui in concorso con il suo film, mi piacerebbe sapere cosa ne pensa lui del mio film, ho lavorato con lui in passato e mi farebbe molto piacere rivederlo.

Il 3D funziona benissimo nel suo film ma rimane qualche perplessità sulla plausibilità degli accadimenti che si succedono...
Quando ci si trova di fronte a film come questo bisogna essere in grado di sospendere il proprio giudizio critico e cercare di contestualizzarlo. E' sempre una sfida far sì che il pubblico segua un film con questa capacità di analisi, il concetto che mi interessava era quello degli squali nel supermarket, una metafora che mi interessava rappresentare. Ovviamente parliamo di un intrattenimento rivolto ai teenagers e agli adulti che vogliono divertirsi al cinema mangiano vagonate di pop corn in sala senza pensare troppo.

Come ha lavorato per ricostruire i reparti del supermercato sott'acqua?
Abbiamo costruito il set in due differenti situazioni, lo abbiamo dapprima usato da asciutto, fatto tutte le riprese e poi lo abbiamo trasportato all'interno di una piscina enorme, stessa cosa con i parcheggi sotterranei. Abbiamo impiegato nove mesi per le riprese ma nonostante tutti mi sconsigliassero di buttarmi in questo progetto alla fine sono riuscito a portarlo a casa.

E' stata una mossa coraggiosa da parte sua quella di buttarsi in un film tenendo presente un modello ingombrante come Lo squalo di Spielberg. Pur essendo due film completamente diversi, con che spirito si è confrontato con questo capolavoro?
Lui è il maestro e per me è stato un po' come tornare alle scuole elementari, quando si è agli inizi si imparano le prime cose ed è impossibile competere con gli insegnanti. Lo squalo è un film che amo molto, e la cosa bizzarra è che quando è uscito nessuno pensava che avrebbe avuto tutto questo successo al botteghino. Ho lavorato molto nel cinema e ho amato questi film e quando mi sono messo a pensare al mio nuovo progetto da regista ho capito che volevo buttarmi proprio in un genere come questo. E poi noi in Australia ne abbiamo molti ed era ora che facessimo anche noi la nostra versione (ride).

Ha sentito il peso della responsabilità di realizzare il primo film australiano d'azione in 3D oppure ha cercato di non pensarci?
Questa è stata la mia prima esperienza a contatto con il 3D, mi consigliavano tutti di non farlo, ma io ho voluto accettare di realizzare un action horror di squali con un piccolo budget in nove settimane. L'ho girato come se avessi solo due giorni a disposizione, l'attrezzatura per il 3D diventa sempre più sofisticata a livello di software e maneggevole da usare, e la cosa più bella è che una volta girata una scena la si può vedere da diverse angolazioni e gustarla in tutti i suoi particolari. Se utilizzato bene diviene uno strumento importante per coinvolgere il pubblico in maniera sempre più completa, quando ho pensato al film all'inizio l'ho concepito direttamente in 3D perché ho capito immediatamente che poteva aiutarmi ad essere più efficace nei momenti giusti. Lo farei di nuovo, è stata una bella esperienza, vorrei che da questo lavoro ne uscisse un minilaboratorio 3D per il cinema australiano.

Ci spiega la scelta di ambientare la storia in due non luoghi come un supermercato e un parcheggio?
Sono due luoghi con cui non ho un buon rapporto, sono posti che mi fanno paura ed in cui non mi sento mai a mio agio. E poi avevamo bisogno di un posto delimitato, di un luogo che circoscrivesse il tutto e che aiutasse ad accentuare la narrazione e le atmosfere claustrofobiche.

Nel cinema si dice sempre che è molto difficile lavorare con l'acqua, con i bambini e con gli animali, lei cosa ne pensa?
Io aggiungerei che nel cinema è sempre molto difficile lavorare con gli attori (ride). Non nego che il film abbia avuto delle notevoli difficoltà nella sua realizzazione, abbiamo vissuto diversi momenti di crisi ma pian piano li abbiamo superati. E' stata una sfida realizzare un film che fosse una combinazione tra un action ed un film con tanti effetti visivi in CGI, ho cercato di trasferire tutta l'esperienza acquisita a Hollywood nella direzione della seconda unità in questo piccolo film australiano. Vorrei fare in modo che si producessero più film di questo tipo in Australia, mi impegnerò in questo, al momento sto lavorando a qualcosa che coinvolge dei ragni, ma siamo ancora all'inizio.