Ken Loach: un regista appassionato

A Roma, per presentare il suo nuovo film: Un bacio appassionato, il maestro inglese Ken Loach.

Uscirà il 7 gennaio il nuovo film di un regista che non tradisce mai per rigore e contenuti. Stiamo parlando di Ken Loach che ha presentato alla stampa italiana la sua ultima appassionata opera. Un film meno poltico (ad un primo livello di lettura) rispetto ai suoi standard, ma in realtà in totale aderenza con la filmografia del regista inglese.

La prima curiosità rispetto al suo film, è se gli amori travagliati e multiculturali come quello dei protagonisti del film sono un caso sporadico nel Regno Unito o storia comune Ken Loach: Si tratta in realtà di una situazione abbastanza comune che deriva dal fatto che questi ragazzi appartengono alla seconda generazione degli emigranti giunti negli anni '60. Gran parte di loro ha il piede in due culture e vive una vita carica di contraddizioni tra dentro e fuori la famiglia. E' il caso del protagonista del film, incapace di rompere i vincoli con la sua cultura tradizionale pakistana, ma allo stesso tempo molto integrato nella società contemporanea fuori dalla sua famiglia, dove svolge l'emblematico ruolo del DJ. In questo caso è l'amore per una bianca a generare la scintilla e i conflitti tra queste due culture; conflitti che di solito si gestiscono con dei compromessi, ma esistono anche casi estremi in cui si può arrivare alla rottura totale. Comunque è mia opinione, che per quanto proceda a sbalzi, nel complesso l'integrazione sta riuscendo.

E' la religione il motivo di maggior contrasto in queste situazioni?

No, in realtà la religione non c'entra, o meglio sta lì solamente a nascondere la realtà e le distinzioni politiche ed economiche. Quando arrivarono gli immigrati in massa più di quaranta anni fa, lavorarono duramente, furono sfruttati e fecero di tutto per integrarsi. E' quindi inevitabile che si cerchi di mantenere almeno nei simboli la propria identità e il senso di sé. La Moschea rappresenta proprio questo; lungi dall'essere un simbolo di fanatismo, è l'ultima forte rappresentazione di un'identità che va perdendosi e che anzi dal punto di vista strettamente materiale si è già persa. Ciò che rimane in senso stretto è la percezione della propria identità. Il padre di Casim, nel film si sente del tutto pakistano, ma in realtà è al 60% scozzese.

Pensa che il pubblico pakistano possa sentirsi offeso per essere stato rappresentato come una comunità chiusa, o si identificherà con quanto descritto nel film?

Abbiamo fatto numerose proiezioni del film dove erano presenti pakistani e specie i giovani lo hanno gradito molto, consigliando ai loro parenti di vederlo. Soltanto alcune persone anziane si sono sentite infastidite, ma più che dalla rappresentazione della loro comunità, sono state turbate dalle scene più intime tra i protagonisti. Per quanto mi riguarda invece, un rammarico ce l'ho e per quanto lo ripeto sempre, credo sia triste il fatto che un film del genere venga visto doppiato perché si perde molto della forza e del realismo delle scene. Nel film si parla un miscuglio indoppiabile di danjabi, scozzese ed inglese e dietro questo c'è una precisa scelta: lasciare ai protagonisti la possibilità di scegliere il linguaggio da usare rispetto al contesto, in modo da fornire uno specchio dei rapporti e delle gerarchie sociali.

C'è una scena del film in cui un parroco cattolico deve autorizzare con una firma il suo consenso in merito alla scelta della protagonista come insegnante nella scuola pubblica del quartiere. Ha volutamente tratteggiato con rabbia questa figura?

Il prete cattolico è il prodotto anche lui della medesima immigrazione e ne ha subito le stesse dure conseguenze; viene dalla classe operaia e in altri periodi ha avuto probabilmente un ruolo molto importante e ora sente il peso della sua figura e non vuole rinunciarci. Questo volevo mostrare, anche con ironia. Il problema è nella complessità con cui dobbiamo comprendere chi sono i veri emigranti e come li trattiamo. Umanamente, il prete è una faccia del cattolicesimo, contrapposta a quella del preside, anch'esso cattolico ma più liberale. Questo perché non volevo generare stereotipi. Il vero problema è la reale esistenza di quel documento. E' profondamente sbagliato che un parrocco abbia diritto a scegliere gli insegnanti di una scuola pubblica perché la religione è una scelta individuale e la scuola deve essere laica. Dal suo punto di vista però, la scuola deve offrire la fede della sua parrocchia e lui odia svuotare il suo ruolo di significato mantenendone solo il valore giuridico. Firmare senza verificare la moralità della persona è per lui cosa superficiale; per questo la sua rabbia è comprensibile come quella della ragazza che viene aggredita per il fatto che convive con un ragazzo musulmano.

Cosa ne pensa dei documentari di Michael Moore? Lei ne girerebbe mai uno?

Non so cosa ne pensiate voi, ma io ho trovato Fahrenheit 9/11 un film importante ed interessante. Ovviamente è un film americano, di un regista americano sulla società americana, ma indubbiamente ha avuto un forte impatto, più di quanto il risultato elettorale non dica. Trovo lodevole il ritorno al documentario e all'espressione diretta delle idee. Sarebbe importante un giorno girarne uno sull'Europa per il pubblico europeo ed in qualche modo è un progetto che ho in cantiere.