Katrina e gli USA: l'accusa di Spike Lee

Il regista porta a Venezia un poderoso documentario in cui racconta la tragedia di New Orleans e le colpe dell'amministrazione Bush

Spike Lee torna a Venezia nell'anniversario del passaggio dell'uragano Katrina a New Orleans, patria di una delle più vaste comunità nere degli USA duramente colpita dalla catastrofe naturale e, soprattutto, dal malgoverno dell'amministrazione Bush che poco o niente ha fatto sia per prevenire la distruzione che per portare aiuto ai superstiti di Katrina. Spike Lee presenta a Venezia When the Leeves Broke. A Requiem in Four Acts, un lungo documentario in quattro atti che riassume i punti salienti della tragedia raccogliendo le testimonianze degli abitanti di New Orleans e additando i colpevoli di una tragedia annunciata che poteva essere evitata.

Come è nato il progetto di When the Levees Broke?

Spike Lee: Un anno fa esatto ero qui a Venezia, ma invece di godermi questo bellissimo festival ero chiuso nella mia stanza d'albergo a seguire davanti alla tv ciò che accadeva a New Orleans. Ero scioccato, non riuscivo a crederci. Quando sono tornato negli USA ho deciso di mettermi a lavorare sul progetto per denunciare le colpe della cattiva amministrazione che ha causato la rottura degli argini e l'allagamento di New Orleans con tutto quello che ne è conseguito.

Come il passaggio di Katrina ha cambiato gli USA?

Spike Lee: Non è stata tanto Katrina, quanto il lavoro terribile fatto dal Genio Civile che ha causato la rottura degli argini intorno a New Orleans.

Quale è il potere del cinema? Questo film potrà accelerare l'opera di ricostruzione?

Spike Lee: Il film è stato trasmesso recentemente dalla HBO causando un profondo imbarazzo nell'amministrazione Bush. Poco tempo fa Bush è tornato a New Orleans tenendo conferenze fasulle e dicendo che la ricostruzione della città sta procedendo rapidamente. Non credetegli. Ci vorranno almeno cinquant'anni perché New Orleans torni come prima, vi sono molti punti della città talmente distrutti che sembra che l'uragano sia passata ieri.

Quale sarà il futuro di questo documentario?

Spike Lee: Ancora non lo sappiamo, ma noi siamo speranzosi e volgiamo distribuire il film ovunque sia possibile. Vorremmo produrre una versione DVD da distribuire nelle scuole e nelle università.

Che tipo di ricerca ha fatto per realizzare il film?

Spike Lee: Per fortuna lavoro insieme alla ricercatrice più grande del mondo che si chiama Julie e che mi aiuta moltissimo. Lei è partita per New Orleans due settimane prima di me e ha conosciuto per la strada tutte le persone che avete sentito parlare nel documentario. E' stata lei a proporre le interviste da realizzare e a prendere i contatti con la gente. Ora queste persone sono diventati amici miei, qualcuno è diventato una star, lo riconoscono per la strada e gli chiedono l'autografo.

I media sono stati corretti nel riferire gli eventi di Katrina?

Spike Lee: Vorrei lodare i media per la coro correttezza. Loro per primi si sono sentiti traditi e ingannati da Bush e quando hanno capito la realtà delle cose sono stati molto coraggiosi nei loro reportage spiegando i fatti. Basta guardare l'Olanda, un piccolo paese con pochi milioni di abitanti, questo dispone di una tecnologia ingegneristica all'avanguardia che ha permesso di realizzare delle dighe sicure. Come mai gli Usa che sono il paese più ricco del mondo hanno potuto permettere che si verificasse una simile catastrofe?

In realtà l'immagine che emerge dal documentario è quella di un paese molto povero, con grandi problemi da risolvere. Quale è stata la mobilitazione della nazione dopo Katrina?

Spike Lee: Quando ero qui a Venezia e seguivo la cronaca dei fatti in tv vedevo solo neri colpiti dall'uragano, poi a New Orleans ho scoperto che in realtà anche le zone bianche della città erano state colpite. Sono stati colpiti i poveri, bianchi e neri. Gli USA vivono di grandi contraddizioni, alla grande ricchezza corrispondono sacche di povertà massiccia, ma l'anno scorso i fatti di Katrina, così come il fiasco in Iraq, ci hanno aperto gli occhi mentre in genere il nostro paese è molto bravo a nascondere le cose negative. Ora le cose sono un po' più chiare, l'amministrazione Bush si è scoperta e si è capito che gli interessano solo i cittadini ricchi, bianchi o neri che siano. Anche molti repubblicani hanno preso le distanze, ma Bush cerca di ingannare il paese con le sue bugie, l'ultima riguarda il parallelismo tra i nazisti di Hitler, i comunisti e l'Iraq per giustificare le guerre per i petrolio. Tutte stupidaggini. E non è solo Bush, ma dietro di lui vi sono molti altri personaggi discutibili, Cheney, Rumsfield, Condoleeza Rice... Mi piacerebbe che vedessero il mio film, anzi se potessi li costringerei, ma non credo che ciò accadrà mai.

Ha avuto dei problemi durante la lavorazione del suo documentario? Qualcuno vi ha ostacolato?

Spike Lee: No, nessuno ci ha ostacolato nel fare il film, anzi, ci hanno aiutato anche perché questo lavoro tocca delle corde che stanno a cuore a molte persone.

Il suo documentario e il film di Oliver Stone World Trade Center toccano entrambi corde dolorose della situazione politica attuale, ma l'occhio documentaristico risulta più forte e più critico rispetto a quello fictional.

Spike Lee: Il mio è un documentario e non va paragonato con un film, sono due cose troppo diverse. Mi è stato chiesto se sarei stato in grado di realizzare un film sull'argomento Katrina e la risposta è sì. Lo potrei fare, ma nessun attore di fiction sarebbe stato all'altezza di descrivere ciò che è accaduto come i personaggi del mio film, come l'uomo che ha visto morire la madre senza che nessuno li soccorresse e che ha dovuto abbandonare il cadavere per la strada e lasciare la sua città per cercare un rifugio. Per me sarebbe stato ingiusto realizzare un film diverso da questo, qui sono i miei personaggi a parlare e tutto il resto non conta, voglio che solo loro siano centrali.