Marie Heurtin, Jean-Pierre Améris: «Abbiamo dimenticato l'importanza del contatto fisico»

Il regista ha presentato a Roma la sua nuova pellicola ispirata alla vera storia di Marie Heurtin, adolescente nata sorda e cieca nella Francia del XIX, e al suo cammino di apprendimento del linguaggio dei segni. Il film, nelle nostre sale dal prossimo 3 marzo grazie a Mediterranea Productions, sarà proiettato con sottotitoli a schermo e audiodescrizioni per consentire a chiunque di poter godere dell'esperienza cinematografica.

Lo scorso anno The Tribe, il film dell'ucraino Myroslav Slaboshpytskkiy, aveva colpito e, al tempo stesso, commosso il pubblico per la brutalità con la quale veniva raccontata la vita di Sergey all'interno dell'Istituto per ragazzi affetti da sordità nel quale cresceva tra violenze e soprusi, alleviati solo dalla scoperta dell'amore per Anna, compagna di studi costretta a prostituirsi dagli altri giovani ospitati nella struttura. Una storia di mancanze e disinteresse verso questi ragazzi abbandonati a loro stessi, senza figure di riferimento pronte ad accompagnarli in un cammino di inclusione e condivisione. Con Marie Heurtin - Dal buio alla luce, invece, ci troviamo in una dimensione diametralmente opposta.

Mary’s Story: Isabelle Carré in una bella immagine del fil con Ariana Rivoire
Mary’s Story: Isabelle Carré in una bella immagine del fil con Ariana Rivoire

Il film, diretto dal regista francese Jean-Pierre Améris, è ispirato alla vera storia di Marie Heurtin (Ariana Rivoire), adolescente della campagna francese del XIX secolo nata sorda e cieca e totalmente incapace di comunicare con l'esterno. Cresciuta in un contesto umile e privo di mezzi e conoscenze tali da poterla aiutare ad uscire dall'isolamento nel quale la relegava la sua condizione, viene portata dai genitori all'Istituto di Larnay, a Poitiers, per essere seguita dalla religiose solite prendersi cura di ragazze sorde. Proprio l'incontro con suor Margherita (Isabelle Carré), che prende a cuore "quell'anima selvaggia", dopo mesi di continui fallimenti e sforzi vani per aiutarla ad apprendere la lingua dei segni, porterà la giovane ragazza, non solo ad instaurare con la religiosa un rapporto profondo, ma anche ad apprendere una via di comunicazione che le permetterà di esprimersi.

La pellicola, nelle nostre sale dal prossimo 3 marzo grazie a Mediterranea Productions, sarà proiettata con sottotitoli a schermo e audiodescrizioni (grazie anche alle app Movie Reading e Big Bang e a Eyes Made) per consentire a chiunque di poter godere dell'esperienza cinematografica, esattamente come accaduto in Francia all'uscita del film. Un segnale forte che si inserisce in quel percorso da tempo portato avanti dall'Istituto Statale per Sordi di Roma o da Cinedeaf - Festival del Cinema Sordo di Roma.

"Coltello!"

Mary’s Story: Isabelle Carré con Ariana Rivoire in una scena del film
Mary’s Story: Isabelle Carré con Ariana Rivoire in una scena del film

Il film segue il lento quanto incredibile percorso che porta la giovane Marie dall'essere una creatura totalmente isolata ed ingestibile al divenire un'adolescente capace di esprimere le proprie emozioni e pensieri attraverso il linguaggio dei segni, insegnatole da quella suora/mamma che con pazienza, paura e amore, giorno dopo giorno, ha costruito con la ragazza un rapporto di fiducia e affetto tali da abbattere quell'incomunicabilità che la isolava dal mondo. Una storia vera per anni dimenticata e alla quale il regista è arrivato passando attraverso un'altra vicenda, simile ma molto più celebre, della quale Améris era affascinato sin da ragazzo. "Fin da quando ero adolescente avevo una passione per Helen Keller, la scrittrice e attivista divenuta sordo-cieca dall'età di diciannove mesi che ispirò The Miracle Worker dal quale poi è stato tratto il film Anna dei miracoli. Lei è stata salvata dalla governante che le ha insegnato la lingua dei segni con il palmo delle mani e "il segno del coltello" del film è proprio il primo che lei impara" confida il regista che ci racconta anche il percorso che l'ha portato a scoprire la storia della giovane ragazza francese: "Inizialmente pensavo di fare un remake del film di Arthur Penn ma poi ho scoperto che in America ne vengono fatti molti, anche per la tv, perché per loro è una vera eroina nazionale. Così ho iniziato ad informarmi e ho scoperto che, sempre alla fine del XIX secolo, era esistita Marie Heurtin ma che era stata totalmente dimenticata. Mi sono impegnato in due anni di ricerche partendo dal diario di suor Margherita e dai ricordi della stessa Marie che nel corso della sua vita imparò anche il Braille e scrisse la sua storia. Quasi tutto quello che è raccontato nel film è reale e per mesi mi sono recato al centro di Poitiers, non più gestito da religiose ma ancora attivo, per documentarmi il più possibile"

Mary’s Story: Brigitte Catillon con Ariana Rivoire in una scena del film
Mary’s Story: Brigitte Catillon con Ariana Rivoire in una scena del film

Un gesto, quello del riprodurre con le dita il movimento della lama di un coltello nell'atto di tagliare, che nel film è il simbolo attorno al quale si muove e snoda l'intera vicenda e rappresentato da un piccolo colttellino svizzero dal quale la ragazza non si separava mai. Parola e gesto che diventano ossessivi per suor Margherita, sfiancata dal continuo impegno e dalla salute cagionevole, aggravata dai continui sforzi per aiutare la ragazza che imparerà, faticosamente, quel primo movimento, rappresentazione del suo nuovo cammino verso l'apprendimento. "Penso che la storia del coltello sia geniale. È quello che oggi viene chiamato oggetto relazionale ma che alla fine del XIX secolo non si conosceva come tale perché non si sapeva come comunicare con persone affette da sordità o cecità. La forza del suo personaggio risiede nella volontà di insegnare a Marie la cosa più bella: l'autonomia"

Un mondo che si tocca

Mary’s Story: Isabelle Carré insieme ad Ariana Rivoire in una scena del film
Mary’s Story: Isabelle Carré insieme ad Ariana Rivoire in una scena del film

Il film - lodevole per l'impegno di portare alla luce una storia così eccezionale, puntando anche i riflettori sulla necessità di far divenire la norma la possibilità di permettere a chiunque di gioire della magia della sala - gode, grazie a Virginie Saint Martin, di una fotografia lucente e vivida, ma dal punto di vista registico sottolinea eccessivamente i passaggi più emotivamente coinvolgenti (specie nell'ultima parte del film). Molto attento ad evidenziare l'importanza del contatto fisico, elemento fondamentale per permettere la relazione umana tra le due donne, Jean-Pierre Améris, racconta una storia difficile, fatta di ostacoli enormi, utilizzando però anche un registro più leggero, rappresentato dal carattere di suor Margherita. "Il primo giorno che sono andato all'Istituto di Larnay avevo molta paura. Ricordo che mi vennero incontro quindici adolescenti che volevano incontrarmi. Mi hanno quasi "respirato", volevano studiarmi facendomi abbassare per toccarmi il volto, erano curiosi. Lì ho capito che avrei dovuto raccontare un'altra storia, più gioiosa perché la vita è così, un'insieme di sentimenti diversi che convivono. Loro hanno bisogno di una vicinanza fisica, un contatto che oggi noi stiamo sempre più tralasciando, assorbiti da una società virtuale"

Mary’s Story: Ariana Rivoire nei panni di Marie Heurtin, una ragazza nata sorda e cieca
Mary’s Story: Ariana Rivoire nei panni di Marie Heurtin, una ragazza nata sorda e cieca

Una pellicola che trova il suo punto di forza nelle interpretazioni delle due protagoniste. Una coppia filmica della quale è percepibile l'alchimia che ha reso la storia raccontata ancora più intensa. "Questo è il terzo film che giro con Isabelle. Ho pensato a lei per il ruolo, sebbene fisicamente molto distante dalla vera suor Margherita, perché avverto la sua forte propensione a capire il disagio altrui. Per sei mesi, prima dell'inizio delle riprese, ha studiato con un traduttore e un insegnante del linguaggio dei segni e per due mesi ha ripetuto ogni giorno, insieme a Ariana, le scene più fisiche e violente, inevitabili quando non c'è comunicazione, perché era necessario che si creasse tra di loro un rapporto molto stretto ma anche materno" racconta il regista che ha faticato non poco per trovare il volto che avrebbe dato vita alla giovane Marie come lui stesso confida: "Ariana è sorda dalla nascita ma non cieca. Non è stato facile trovare un'attrice professionista, così ho pensato che sarebbe stato più semplice scritturare una ragazza sorda che conoscesse la lingua dei segni. Prima di trovare lei ho selezionato oltre duecento ragazze per la parte e oltre ad Ariana ci sono molte altre attrici sorde nel film ma non è stato difficile lavorare con loro. Questo per me simboleggia il messaggio stesso del film: l'handicap non è un ostacolo"