Intruders: i fantasmi sono tra noi

Un thriller soprannaturale prodotto da Glen Morgan segna l'esordio seriale statunitense del John Simm di Life on Mars: Intruders di BBC America.

La nuova serie di BBC America

What goes around comes around (o "chi la fa l'aspetti") è l'ammonimento che viene recitato a più riprese in Intruders, miniserie soprannaturale di BBC America sviluppata dal Glen Morgan di X-Files, il quale ne ha sceneggiato (da solo o a quattro mani con altri autori, tra cui il fratello Darin, responsabile di alcune delle puntate più singolari e memorabili del cult creato da Chris Carter) tutta la prima stagione. John Simm, icona televisiva britannica di Life On Mars, Doctor Who e del recente period naturalista The Village, maschera il suo accento del nord con quello americano e tenta di acquisire visibilità oltreoceano con il patrocinio del distaccamento statunitense di mamma BBC Worldwide.

L'attore si affida a un ruolo ricorrente e ben rodato del suo repertorio, quello del detective: in Intruders è Jack Whelan, scrittore che si è dimesso dal dipartimento di polizia di Los Angeles dopo un scontro a fuoco con tre criminali. Ora vive con la moglie Amy (Mira Sorvino, svampita eroina alleniana di La dea dell'amore) in una villa bella e asettica, condividendo la falsa serenità di una coppia sopravvissuta a traumi e lutti, finché l'ex investigatore non si rende conto che la personalità di sua moglie sta cambiando, soffocata da un'altra più cinica e forte che ha cominciato a prendere il sopravvento dopo l'aborto di un figlio fortemente voluto.

Possessioni

Intruders: John Simm nella serie BBC America
Intruders: John Simm nella serie BBC America

Jack riesuma lo spirito investigativo e ipotizza che la dissociazione della personalità manifestata dalla moglie sia la conseguenza del lutto, finché le rivelazioni dispensate da un vecchio amico, i dettagli sulla strage di un'intera famiglia e gli scontri reiterati con un killer di nerovestito (Richard Sheperd, interpretato dal concittadino di Simm e attore di True Blood James Frain) che si para sul suo cammino a pistole spianate gli suggeriscono verità sconcertanti. Jack collega la moglie a una setta elitaria; simultaneamente la piccola Madison (l'inquietante Millie Bobby Brown, già versione infantile di Alice nello spin-off di C'era una volta) comincia a mostrare i medesimi sintomi dissociativi di Amy, lasciando emergere la personalità, sboccata e aggressiva, dell'anziano Marcus Fox, un altro membro della congrega. Anche la bambina, come la moglie di Jack, è posseduta dallo spirito di un defunto, adepto del culto che custodisce il segreto della reincarnazione, perpetrata sfrattando l'anima degli ospiti originali dai loro corpi. Altri, numerosi, misteri scaturiscono da questa rivelazione che informa lo spettatore molto prima di un riluttante Jack, incapace di riconoscere nelle bizzarrie della moglie - sorpresa a parlare russo, ascoltare musica jazz e fumare - i segni della possessione.

Non c'è storia

Intruders: Millie Bobby Brown in una scena della serie
Intruders: Millie Bobby Brown in una scena della serie

Morgan adatta il romanzo omonimo dello scrittore inglese Michael Marshall Smith, conferendogli atmosfere thriller funeste e apocalittiche, più alla Millennium che alla X-Files (sebbene sempre di invasioni tratti). Colori freddi, toni scuri e una colonna sonora raggelante composta dal Bear McCreary di Battlestar Galactica e The Walking Dead suggeriscono rivelazioni più infauste del previsto: i segni che presagivano un'occupazione silenziosa dei morti nel mondo dei vivi si riduce all'usurpazione di pochi eletti che fondano la propria esistenza sull'occupazione parassitaria dei corpi di pochi malcapitati. Il rituale gelosamente tramandato di svolge in segretezza da secoli finché uno dei guardiani incaricati di proteggere i membri della setta innesca illecitamente il processo di resurrezione di Fox. Jack fatica a mettere insieme i pezzi del puzzle, accecato da uno scetticismo scullyano che lo svia sistematicamente dalla presa di coscienza di una verità soprannaturale. Anche il pubblico arranca, colpa dell'andamento confuso della narrazione, che lo showrunner Morgan, nonostante sia autore di tutti gli episodi della prima stagione, stenta a trasformare in una storia uniforme e coerente. Dettagli importanti si perdono in sceneggiature frammentate e dialoghi sprecati che rendono il processo di rivelazione laborioso e poco fluido, nonostante allo spettatore, molto più informato del protagonista, basti poco per comprendere la natura soprannaturale del mistero e prevedere la rivelazione finale (introdotta come espediente narrativo che agevoli il rinnovo per la seconda annata) somministrata al protagonista.

Se un futuro ci sarà

Intruders: John Simm e Mira Sorvino in una scena della serie
Intruders: John Simm e Mira Sorvino in una scena della serie

L'atmosfera opprimente si sposa con l'assenza di sollievo comico che in Intruders soverchia i personaggi, sopra tutti il protagonista incarnato da Simm, a cui manca una caratterizzazione compiuta. Poco si sa, almeno fino alla fine, delle ragioni che muovono i personaggi, fatta eccezione per Rose. Personalità opache, senza passato e per lo più senza spessore, sono interpretate da attori a cui è stato offerto poco su cui lavorare ma che hanno comunque fornito buone prove: emergono la Brown, attrice giovanissima in grado di intenerire nei panni della vittima Madison e gelare il sangue in quelli del suo aguzzino Fox, e John Simm, il quale ha messo tutto se stesso in questa serie che auspicava gli aprisse le porte della carriera oltreoceano. In Intruders l'attore attinge al suo repertorio migliore, seducendo lo spettatore con gli occhi serpentini talvolta intimidatori - pieni di risentimento e spirito di vendetta -, talvolta lacrimosi - pieni di dolore e autocommiserazione da marito tradito e padre in lutto. Il Simm strappalacrime di Life On Mars, State of Play e Devil's Whore - quello mogio che si rifugia negli angoli con gli occhi umidi e il broncio in grado di sciogliere il gelo artico del cuore del pubblico più cinico - attinge a un talento infallibile dell'attore tramite il quale crea un transfert immediato tra lo spettatore e qualsiasi personaggio incarni. Funziona anche con Jack, il quale diventa l'unico personaggio della serie in grado di scatenare una reazione emotiva o un rigurgito di interesse; l'asettica Rose e l'omertosa Amy interpretate dalla Sorvino, il macchiettistico sicario di Frain, i villain bidimensionali e i comprimari non vi riescono e la colpa è di Morgan, bravo sceneggiatore che diventa mediocre quando unisce l'attività di scrittore a quella di showrunner (vedi Those Who Kill, remake di breve vita del nordic noir danese Den som dræber). Bravi attori, un soggetto invitante e una confezione suggestiva non bastano a risollevare una serie che non va oltre la mediocrità, causa lo sviluppo confuso della storia e la superficialità di personaggi poco approfonditi. Tuttavia le premesse per un recupero, nell'eventuale seconda stagione, ci sono se Morgan riuscirà a sfruttare gli strumenti a disposizione: per salvare la serie e il suo protagonista serve una scrittura di gran lunga migliore.

Movieplayer.it

3.5/5