Inhumans: uno strambo teletrasporto nel cuore eroico degli anni Novanta

Nata dalla collaborazione tra ABC e Marvel Television, la nuova serie ispirata ai personaggi ideati da Stan Lee e Jack Kirby arriverà nei cinema IMAX il 14 settembre e su Fox a partire dall'11 ottobre. Dopo aver visto in anteprima i primi due episodi dello show, ecco le nostre impressioni su un prodotto dallo strano gusto retrò.

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L'inizio e la fine di ogni era vengono definiti dalle convenzioni. Così, per convenzione, spesso facciamo risalire al 2000 l'avvento dell'inarrestabile era moderna dei cinecomic. All'inizio ci furono gli X-Men di Bryan Singer, apripista di un incondizionato amore nei confronti dei supereroi, personaggi capaci di valicare il grande schermo e di insinuarsi anche nel piccolo rettangolo televisivo. All'inizio, dunque, abbiamo conosciuto individui che non erano diventati super per scelta o per sbaglio, ma persone nate con un corredo genetico anormale, assieme a tutto il dolore che ne consegue. L'inno alla diversità e le difficoltà di integrazione dei mutanti Marvel hanno segnato molti dei diciassette anni a seguire tra salti nel passato, nel futuro e nelle vite di eroi nelle cui vene scorre adamantio. Tutti temi che, in qualche modo, sembrano tornare nella serie tv Inhumans, prima e ambiziosa collaborazione tra Abc, Marvel Television e IMAX, show che tenta di conciliare grande e piccolo schermo arrivando prima nei cinema che in televisione. Infatti, proprio come successo negli Stati Uniti, anche in Italia i primi due episodi della prima stagione arriveranno nelle sale IMAX a partire dal 14 settembre (per una sola settimana) prima dell'approdo su Fox, a partire dall'11 di ottobre. Nati dalla penna di Stan Lee e dalla matita di Jack Kirby, gli Inumani non offrono solo un vasto panorama di nuovi personaggi, pieno di abilità inedite e stuzzicanti da mettere in scena, ma affrontano il tema del superpotere in maniera interessante.

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Infatti, nel regno di Attilan, città inumana situata sulla Luna e ben nascosta agli occhi dei terrestri, ogni individuo si sottopone ad un rito di passaggio: la Terrigenesi. Quasi come una scommessa alla cieca nei confronti del proprio corredo genetico, il rituale espone il soggetto ai vapori dei Cristalli Terrigeni, in grado di risvegliare (o non attivare) il mutagene inumano e il conseguente potere personale di ognuno. Quando affronti la Terrigenesi, potresti sviluppare enormi poteri fisici, grandi capacità mentali, trasformarti in un mostro, oppure rimanere tale e quale a prima. Nonostante questo presupposto narrativo affascinante, però, Inhumans mantiene la sua popolazione sullo sfondo per dedicarsi agli intrighi di corte della Famiglia Reale Inumana, una cerchia ristretta dove covano divergenze di vedute, antichi malesseri e colpi di stato pronti a pugnalare alle spalle re e regine.

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Fratelli serpenti

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Ci sono eroi radicati nel loro tessuto sociale, figli dei loro quartieri malfamati, e altri che vivono dentro un esilio dorato. Dimenticate gli eroi Marvel di casa Netflix, così ben inseriti nei contesti urbani che li ospitano, perché Inhumans parla soprattutto dell'incapacità di trovare un posto nel mondo, dell'impossibilità di una comunione di intenti anche in quel microcosmo sicuro che dovrebbe essere la famiglia. Senza inutili preamboli e lungaggini, la serie scritta da Scott Buck (Six Feet Under, Dexter) e inserita nel Marvel Cinematic Universe proprio come Agents of S.H.I.E.L.D., ci porta nei piani alti di Attilan, nel cuore della famiglia reale capitanata da re Freccia Nera e sua maestà Medusa, amanti fedeli e perduti l'uno nell'altro. Il primo, muto per forza di cose, è in grado di sviluppare un'incontrollabile onda d'urto distruttiva ogni volta che apre bocca; la sua consorte, invece, riesce a manipolare psico-cineticamente la sua lunga chioma purpurea, trasformando i suoi capelli in agili tentacoli. Al loro fianco si ergono il possente Gorgon, combattivo cugino del re e capo dell'esercito di Attilan dalle zampe equine, Karnak, altro cugino di Freccia Nera dalle grandi capacità strategiche e Crystal, sorella minore di Medusa, in grado di controllare i quattro elementi. La corte reale vive nella convinzione che nascondersi dal mondo umano sia la scelta migliore per la prosperità e la sicurezza della loro specie, ma c'è qualcuno che non è affatto d'accordo.

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Lo scetticismo pieno di un crescente malessere monta nell'animo inquieto di Maximus, fratello del re senza abilità straordinarie, fortemente convinto che attaccare preventivamente gli umani sia l'unico modo per difendersi da loro. Tra Freccia Nera e Maximus non c'è dialogo, e non è certo colpa del mutismo del sovrano. Il più grande merito di questi primi due episodi di Inhumans, gustati in un cinema IMAX, è proprio quello di mettere subito le cose in chiaro, portando avanti la storia con buon ritmo. La caratterizzazione dei personaggi, l'impalcatura sociale di Attilan e le intenzioni dei protagonisti vengono chiarite da una scrittura semplice, facile da seguire, ma avara di approfondimenti psicologici. Tutto sembra basarsi sul classico scontro intestino tra familiari (qualcuno ha detto Thor e Loki?), in un duello tra l'uomo del popolo (Maximus) e il regnante venerato (Freccia Nera), così come sul tragicomico adattamento degli inumani sull'inospitale suolo terrestre. Se i presupposti narrativi promettono una serie godibile, i problemi iniziano con la messa in scena. Problemi che su uno schermo IMAX ci sono sembrati davvero enormi.

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Teletrasporto negli anni Novanta

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Inhumans è una serie che pensa in grande, sia perché racconta di due mondi paralleli, sia perché ospita personaggi dalle abilità in grado di solleticare combattimenti più che spettacolari. Purtroppo questo ambizioso pensiero non si traduce in un risultato all'altezza delle aspettative. Il simbolo involontario dello show diventa così proprio Lockjaw, un enorme bulldog in grado di teletrasportarsi ovunque, destinato a diventare la mascotte dello show per diversi motivi. La sua CGI rozza è talmente retrò da ispirare persino simpatia e tenerezza, mentre il suo potere ci teletrasporta dentro una serie che sembra uscita a metà degli anni Novanta. Il viaggio nel passato è gentilmente offerto da una scenografia decisamente posticcia, spoglia e incapace di invitare lo spettatore in un mondo credibile, senza dimenticare il lavoro pigro svolto con i costumi dei personaggi (a facile portata di cosplayer).

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A questo bisogna aggiungere dialoghi poco ispirati, per niente utili ad un cast balbettante, dove Iwan Rheon perde tutto il carisma accumulato col suo folle bastardo apprezzato ne Il trono di spade e la mimica facciale di Anson Mount dimostra poche frecce nel suo arco di espressioni. Insomma, a fronte di una narrazione elementare, classica, schietta, appassionante per un pubblico alla ricerca di un intrattenimento spensierato, Inhumans fallisce nella pretesa di una messa in scena cinematografica. Per questo è difficile comprendere la scelta dell'uscita in sala di un prodotto che, suo malgrado, recupera l'accezione più limitante dell'aggettivo "televisivo". Tra grande e piccolo schermo, Attilan e il pianeta Terra, ambizioni spettacolari e resa mediocre, Inhumans rimane incastrato in una terra di mezzo dove le grandi aspettative dovrebbe essere bandite. Abbandonate queste, potreste persino divertirvi.

Movieplayer.it

2.0/5