Il trono di spade: stagione 3, episodio 6: The Climb

Episodio interlocutorio rispetto ai due precedenti, The Climb, scritto dal duo Benioff/ Weiss e diretto da Alik Sakharov, è comunque ben costruito e regala un sorprendente crescendo finale.

Dare seguito a un episodio come Kissed by Fire, denso di avvenimenti e di emozioni, gestito in maniera sublime, non deve essere stato facile per il team di autori de Il trono di spade: in The Climb, sceneggiato dagli showrunner David Benioff e D.B. Weiss, che fanno un ottimo lavoro nel coordinare le numerose storyline prendendosi anche qualche macroscopica licenza dal canone martiniano, e diretto da Alik Sakharov, già esperto direttore della fotografia che ha messo il suo senso dell'immagine al servizio di alcuni momenti particolarmente spettacolari dell'episodio, siamo alle prese con le conseguenze degli eventi che ci siamo appena lasciati alle spalle, per un episodio che inizia con ritmo blando e atmosfere pacate per poi stupirci con un esaltante crescendo finale.
Un crescendo che lo stesso titolo suggerisce: The Climb, l'arrampicata, che nell'ottimo teleplay di Weiss e Benioff è sia metaforica che reale. Ma andiamo con ordine... finché ci è concesso.

Nonostante la regia insinui la minaccia che, nella notte delle terre del selvaggio Nord, incombe sull'industriosa neomamma Gilly, sul suo piccolo, e su un Sam Tarly che, in compagnia della ragazza, sembra aver ritrovato il buonumore nonostante le due carneficine a cui è appena sfuggito, la scena che li vede scaldarsi intorno al fuoco e fare musica è molto dolce e "domestica": Sam, da sempre incompatibile con i voti della Guardia della notte, è in procinto di dimostrare di essere capace non solo di cantare le lodi dei Sette, ma anche di scoprirsi valoroso per proteggere l'amata, magari con l'aiuto del misterioso pugnale di ossidana trovato sul Pugno dei Primi Uomini.

A sud della Barriera, prosegue il viaggio di Bran e Rickon Stark in compagnia di Osha, Hodor e dei due giovani Reed. Il rapporto tra la Bruta e Lady Meera non è iniziato nel migliore dei modi, e le due fanciulle sono decisamente sul piede di guerra quando anche Bran decide di darci una "anticipazione" sul suo sentiero nella vita e nelle Cronache del ghiaccio e del fuoco: il piccolo Stark che sognava di diventare un guerriero e un cavaliere al fianco del futuro signore di Grande Inverno, suo fratello Robb, divenuto storpio grazie ai Lannister, è destinato a qualcosa di più, e inizia a mostrarlo con la saggezza e il polso con cui affronta la piccola faida tra le sue battagliere protettrici.
E nel frattempo, quello che sembra un insignificante dettaglio inserito per legare due storyline, la visione di Jojen Reed che dichiara di aver visto Jon Snow, rischia di diventare, alla lunga distanza, un elemento fondamentale dell'affresco martiniano.
Per il momento, però, non seguiamo Jon ma torniamo dalla sua affezionata sorella Arya, protagonista in The Climb di un interludio completamente inesistente nelle Cronache letterarie. Avevamo visto, qualche episodio fa, la misteriosa Melisandre di Asshai lasciare il suo re senza regno Stannis Baratheon in cerca di sangue reale per i suoi riti propiziatori. Ora, sappiamo che ad Approdo del Re non c'è più traccia di sangue Baratheon nonostante il nome che portano Re Joffrey e il suo fratellino Tommen; nello show HBO non c'è spazio per introdurre gli altri bastardi di Robert presenti nei libri, Edric Storm e Mya Stone. Resta Gendry, e infatti è su di lui che Mel ha messo telepaticamente gli occhi ed è lui la ragione per cui la vediamo raggiungere l'accampamento segreto (?) della Compagnia senza Vessilli. L'incontro e il confronto tra i due sacerdoti di R'hllor arriva quasi annunciato dall'episodio precedente, nel cui commento avevamo notato l'abisso che divide i due adepti dello stesso culto: ma se la Donna Rossa è solenne, elegante, preveggente e immune ai veleni, lo sbronzo e maleodorante Thoros di Myr ha un potere che lascia anche lei di stucco, e la scena in cui i due ne parlano in presenza del (sei volte) risorto Beric Dondarrion è davvero intrigante. Altrettanto intrigante è il piccolo ma significativo scambio tra la sacerdotessa e Arya, con quest'ultima furiosa per la "vendita" del suo amico fabbro alla strega scarlatta; e se avete fatto caso al posizionamento delle frecce scoccate nel nome di "Joffrey, Cercei, Ilyn Payne" durante la lezione di tiro con l'arco dell'ardente lupacchiotta, potete aggiungere anche questo elemento alla colonna del foreshadowing, particolarmente affollata questa settimana.

Non lontano da qui, nella sede ancestrale dei Tully, il Re del Nord Robb Stark è impegnato in una difficile iniziativa diplomatica che rappresenta l'unica speranza per una guerra che sta perdendo pur avendo vinto tutte le battaglie: conquistare il supporto dei Frey delle Torri gemelle. Lord Walder, in cambio della sua alleanza e del perdono dello sgarro del Giovane Lupo, che era promesso in matrimonio a una delle sue figlie e invece ha impalmanto la sua Talisa, pretende da Robb il dominio di Harrenhal, e la mano di suo zio Lord Edmure Tully per la diciannovenne Roslin. Edmure, che sarebbe il signore di Delta delle Acque anche se nessuno lo tratta come tale, ambasciatori dei Frey inclusi, è ovviamente riluttante a farsi mettere nel sacco dal prolifico vegliardo, ma alla fine cede onorevolmente in nome della nobile impresa del nipote.

Torniamo da qualche parte a Nord, nel misterioso castello dove Theon Greyjoy sta subendo indicibili supplizi. Naturalmente i lettori dei libri di Martin conoscono tutte le risposte degli indovinelli posti alla sua vittima dal sadico e inquietante torturatore ancora anonimo, e non riusciamo a immaginare come, alla fine, la rivelazione dell'identità del personaggio interpretato dal talentuoso e disturbante Iwan Rheon possa essere di grande effetto per martiniani e non. Probilmente gli autori si stanno solo divertendo con noi, per fortuna non allo stesso modo in cui l'aguzzino senza nome si sta divertendo con il povero Theon.

Rispetto a ciò che sta capitando al rampollo delle Isole di Ferro, il trattamento purificatore inflitto a Jaime Lannister dagli uomini dei Bolton sembra quasi poca cosa a questo punto; il grande protagonista dell'episodio precedente, infatti, ci pare di nuovo scoppiare di salute, ed è anche abbastanza vivace da tornare a millantare con il suo carceriere Lord Roose la ricchezza e l'onnipotenza di suo padre Tywin. Il signore di Forte Terrore, da parte sua, è fin troppo zelante nel liberare Jaime chiedendogli di fare notare al padre che non è colpa sua se il figlio prediletto ha perso la mano di spadaccino, ma è inamovibile sul destino di Brienne, accusata di aver tradito Re Robb e la coalizione del Nord in complicità con Lady Catelyn Stark.

Verso la capitale, dunque, dovrà incamminarsi lo Sterminatore di Re, privato non solo della mano destra ma anche della sua improbabile anima gemella, e verso Approdo del Re voliamo anche noi, per rivivere alcune delle questioni salienti di questo The Climb.
Per chi lamenta l'abbondanza di dialogo rispetto alle scene di azione e battaglia ne Il gioco di troni: guardate alla sequenza che mette di fronte tra Lord Tywin e Lady Olenna e vedrete i leggendari Diana Rigg e Charles Dance ingaggiare un duello verbale tra guardinghi alleati che riesce ad essere ad un tempo tagliente, avvincente e divertente. Mentre i due personaggi più navigati e intelligenti della saga mettono il sigillo sul loro futuro, Cersei e Tyrion vivono uno dei loro rari momenti di tregua fraterna nella disgrazia che li accomuna, i matrimoni imposti da Tywin; lui, il cuore gentile in un corpo deforme di casa Lannister, teme il momento in cui dovrà dire a Sansa Stark che sarà lui a portarla all'altare e non il bel Loras Tyrell; e lei, la perfida reggente, ci appare quasi da compatire quanto Sansa. In fondo il suo destino non è tanto migliore, in balia com'è di un padre tiranno e di un figlio coronato e psicopatico, e sul punto di essere letteralmente ceduta ai Tyrell.

Forse meno emotivamente risonante, ma ugualmente pregno di significato, è il dialogo che suggella questo episodio, che si svolge tra i due cospiratori di professione Lord Varys e Lord Baelish. In partenza pacato e allusivo come sono normalmente i confronti trai due astuti membri del Concilio Ristretto, questo è diverso: perché Ditocorto non si limita a vantarsi dell'ultimo trionfo col collega, la sovversione dei suoi piani per il matrimonio tra Sansa e Loras, ma gli annuncia anche la tragica fine della sua spia. Colpevole di rappresentare un "cattivo investimento", Ros è stata consegnata, per un gioco mortale, a Re Joffrey, solo apparentemente curato della sue mostruose proclività dalla fidanzata Margaery Tyrell. Di Ros, The Climb ci risparmia, fortunatamente, l'agonia, ma ci mostra il corpo crivellato da tre frecce, anche per suggerire un inquietante parallelo - "Joffrey, Cersei, Ilyn Payne" - tra il sadico sovrano e la sua nemica giurata, Arya Stark.

Domina la pura azione cinematica, invece, nella storyline che fa da contrappunto al monologo di Ditocorto nel finale. Se la scalata metaforica è quella della volontà di Petyr Baelish, il dominatore del caos, di controllare, possedere, schiacciare, in ultima analisi prevalere su chiunque altro, quella letterale è la spaventosa ed esaltante scalata verso una speranza: la speranza di sfuggire all'inverno che sta arrivando nelle terre verdi a sud della Barriera, e la speranza di un futuro per lo strano amore tra una guerriera Bruta e il figlio bastardo di Ned Stark. Jon Snow e la sua Ygritte sopravvivono alle insidie della Barriera e alla malevolenza di Orell, scalano la montagna di ghiaccio, e ci regalano il momento più romantico dell'intero show fino ad oggi. Peccato che le promesse di lealtà e i sogni d'amore, nel mondo di George R.R. Martin e de Il trono di spade, abbiano vita breve; ma per quanto fuggevole, un momento d'amore è un piccolo, straordinario trionfo di fronte all'orlo del precipizio, allo scendere della notte, alle soglie del caos.