Il trono di spade e il caso Hodor: ipotesi di un doppiaggio impossibile

Un giorno prima della messa in onda italiana, cerchiamo di affrontare il rompicapo linguistico che tra lacrime, stupore e colpi di genio, chiude la tanto discussa puntata ' The Door' de Il trono di spade.

Quanto erano belle le Nozze Rosse.
Sì, qualcuno avrà osato pensare questo alla fine di The Door, quinta puntata della sesta stagione de Il trono di spade. In quel mattatoio crudele, fatto di pugnalate, lacrime e sangue, si urlava a squarciagola, tra la minaccia disperata di Catelyn Stark, il ghigno spietato di Lord Frey, l'ultimo messaggio di Roose Bolton e l'incredulo "mother" di Robb. Per qualcuno, in quel delirio di ferocia improvvisa, le parole erano violente, ma non tremende come quelle pronunciate da Meera e Hodor qualche giorno fa in The Door.

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Questo qualcuno avrà sudato freddo; questo qualcuno sarà stato forse colto dalle stesse convulsioni del povero Wylis; questo qualcuno è il dialoghista italiano de Il trono di spade. Se state leggendo questo articolo, sapete di cosa stiamo parlando, consapevoli della gelida goccia di sudore che ha attraversato la schiena dei traduttori e degli adattatori che lavorano alla serie. A loro sono stati rivolti i nostri pensieri, i nostri abbracci virtuali e i nostri minuti di silenzio simbolici, consapevoli dell'impresa impossibile che li attendeva. Perché in quella sequenza, già entrata nella storia della televisione, c'è un po' di tutto: sgomento, sorpresa, e poi un impensabile cerchio che si chiude con straziante genialità.

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Lo chiamavano Hold the Door

Attenzione: seguono spoiler per chi non ha visto l'episodio 6x05 de Il trono di spade

Il trono di spade: Ellie Kendrick in un'immagine di The Door
Il trono di spade: Ellie Kendrick in un'immagine di The Door

Gli ultimi minuti della puntata non solo dicono addio ad uno dei personaggi più amati della serie (ovvero tra le poche anime pure ed ingenue di tutta Westeros), ma ci hanno resi tutti consapevoli di un trauma doloroso, un marchio inedelebile impresso a fuoco sulla lingua del povero Hodor, condannato a pronunciare per sempre un nome che non è il suo, un nome che non è un nome ma la crasi disperata di una frase disperata: "Hold the door". Il sacrificio di Hodor si compie davanti ai nostri occhi, ma soprattutto nelle nostre orecchie, con quel tenero bambinone che per tutta la vita ripete a se stesso il suono del suo sacrificio. Ed è un sacrificio quello a cui si appresta il doppiaggio nostrano, costretto a maneggiare un caso di rara difficoltà, e soprattutto (come capita sempre, ma mai con questa gravità) a rinunciare ad un gioco di parole fondamentale per il valore drammatico della scena e per l'identità di un personaggio così popolare.

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Per quanto il doppiaggio sia e rimanga per sua natura un compromesso (necessario, accettato o detestato a seconda dei casi), questa volta il dilemma è quasi inestricabile. Che fare? Cimentarsi in un ardito e forzato tentativo di "imitazione" o andare sul sicuro, spoetizzando l'effetto finale? Noi abbiamo sondato un web molto sensibile al problema, le bacheche tempestate di proposte, ironia e affetto per i malcapitati. Ci abbiamo riflettuto e, ancora con il cuore in gola, siamo qui a proporvi cosa si potrebbe fare e cosa sarebbe meglio evitare.
E per una volta "drammatica" e "grammatica" sono due parole che si somigliano davvero.

N.B. - In coda all'articolo trovate l'aggiornamento con l'adattamento scelto.

Il gioco dei troni, il giogo del leggio

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Piccola, doverosa premessa. Per qualcuno sarà una precisazione scontata, ma parlare di "poveri doppiatori" è sbagliato. In questo caso, come anticipato nella nostra introduzione, bisogna scomodare gli adattatori e dialoghisti, figure professionali spesso date per scontate (talvolta sconosciute) che "apparecchiano" i copioni sui quali i doppiatori lavorano solo in seguito al loro intervento. La particolarità del doppiaggio sta nella necessità di una traduzione con degli spazi e dei tempi ben precisi, ovvero quelli che coincidono con il sync labiale del personaggio a cui prestare la voce. Per questo una traduzione letterale non basta e non serve, perché bisogna appunto "adattare" ogni frase ad un preciso movimento delle labbra, ma soprattutto contestualizzarla, rispettando il registro espressivo di un personaggio. Questo però non toglie che al doppiatore del piccolo Wylis toccherà uno sforzo interpretativo non da poco. Un lavoro che sarà più o meno ingrato a seconda del boccone che gli adattatori avranno in serbo lui. Vediamo cosa offre il menù.

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1. Tieni duro, dialoghista

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Il primo indizio, al quale ci siamo appellati quasi tutti, non serve a molto ma è a suo modo emblematico. Subito dopo lo shock emotivo, in piena fase di elaborazione del lutto, ci siamo chiesti some abbiano sottotitolato la scena. Su Sky Atlantic i sottotitoli ufficiali, come è giusto che sia, hanno rispettato una traduzione canonica, scrivendo "tieni la porta" sia mentre Meera urla "hold the door" (più e più volte), sia quando Wyllis ripete la frase, ma per due volte e due soltanto. Non una di più. La scena è talmente delicata, che persino i sottotitoli sono stati discreti, infatti durante le forti convulsioni del giovane Hodor, nonostante "hold the door" sia ripetuta di continuo, non appare alcuna scritta. Una scelta mantenuta sino alla fine dell'episodio.

Però, proprio da altre sottotitolazioni apparse on line, arriva una proposta interessante, sia dal punto di vista linguistico che di contenuto. Qualora Meera invitasse Hodor a resistere con un "tieni duro", il nostro amabile gigante ripeterebbe a se stesso una frase che potrebbe funzionare come drammatico imperativo ripetututo a se stesso da anni e anni. Per cui sia "tieni duro" che un più utile "tengo duro" (la "o" finale del verbo giustificherebbe in qualche modo l'iniziale del nome, "teng - ho - dur -o) hanno l'assonanza e le lettere necessarie per trasformarsi, non senza un'inevitabile forzatura di fondo, nel fatidico "Hodor".

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2. Fuggire dall'orda

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Una seconda ipotesi, invece, ha il merito di mantenere intatto un fondamentale sotto-testo della frase di Meera. "Hold the door" infatti, presuppone che Hodor si immoli per il bene di Bran, che ancora una volta si accolli il peso della sua vita attraverso un necessario sacrificio. Meera in questo è a suo modo spietata. Per questo una incitazione alla resistenza come "tieni" duro", tradirebbe questa fondamentale intenzione della ragazza. Invece una frase come "ferma l'orda" sarebbe molto più coerente. Certo, la parola "orda" non è molto comune, ma nel mondo fantasy "medievaleggiante" descritto da Martin potrebbe esserlo. Quella folla inferocita e confusa di Estranei si rispecchia nel termine senza alcun problema, e ancora una volta, meglio con la solita variante in prima persona ("fermo l'orda"), avremmo delle lettere fondamentali (o, r, d) per comporre l'identità del grande eroe.

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3. Non scomodiamo gli dei

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Un'altra idea serpeggiata on line propone un'esclamazione di Meera. La ragazza, colta da improvviso sgomento, potrebbe rispolverare un grande classico con un "oh, mio Dio, no!". Ora, al di là di una certa assonanza ritmica con "hold the door", questa soluzione ha diversi problemi: prima di tutto è molto banale e soprattutto non avrebbe senso ripetere più e più volte una frase del genere. Senza dimenticare che sia dalle parti di Westeros ed Essos la maggior parte della gente crede in antichi e nuovi dei, e difficilmente parlerebbe di un singolo Dio. Melisandre e il Signore della Luca non la pensano così, naturalmente.

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4. Il sottotitolo si dimentica

Nella disperazione generale, in tanti hanno tagliato corto, proponendo una scorciatoia rapida ma non indolore: non doppiare la scena in questione e sottotitolare il tutto. Questa sarebbe una scelta di grande comodo, ma assai incoerente con la localizzazione italiana della serie. Lo stacco di audio netto solitamente è accettato in situazioni particolari (pensiamo alle canzoni) o, per rimanere nell'ambito de Il trono di spade, quando a Meereen non si parla la lingua comune; parti che spesso vengono comunque doppiate, come dimostrato dai dialoghi di Daenerys e Tyrion. Immaginate quindi quanto sarebbe "sgradevole" un cambio sonoro così improvviso, l'italiano che di colpo diventa inglese: varrebbe come una resa poco professionale.

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5. Andare sul sicuro

Il trono di spade: Kristian Nairn nell'episodio The Children
Il trono di spade: Kristian Nairn nell'episodio The Children

A proposito di espedienti, ce n'è uno che nella sua banalità poco elegante, taglierebbe la testa persino a Ned Stark. E se la risoluta Meera dicesse molto semplicemente "tieni la porta, Hodor"? In questo modo si perderebbe totalmente il senso della scena, ovvero l'origine di Hodor che, così facendo, non sarebbe un insolito neologismo nato da un evento traumatico, ma un nome vero e proprio. L'unico vantaggio di una scelta così povera sarebbe quello di evitare qualsiasi forzatura linguistica.

6. Ironia is coming

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Uno dei migliori modi per beffare il dolore è prenderlo in giro. Ed è per questo che il triste destino del dolce omone non è stato risparmiato dalla solita ondata di ironia prodotta dai social network. Al di là di fermaporta e pulsanti d'ascensore con sopra il volto di Kristian Nairn, non sono mancate soluzioni comiche capaci di annullare completamente la drammaticità della scena. Il tormentone è stato così risolto: il buon Hodor è certamente una buona forchetta, per cui avrebbe meritato sin dalla prima puntata un nome più adatto alle sue passioni culinarie. E allora ecco che il "tieni la porta" si dissolve in un ridicolo "Torta".

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C'è chi ha giocato facile, puntando tutto sulle maleodoranti vesti degli Estranei ("oh che odore!!") e chi, invece, è stato molto più ricercato. In mezzo a tanto freddo, sotto una fitta nevicata, la dolce Meera è davvero stanca del pessimo clima e sogna temperature più miti ed esotiche. Così, saluta il vecchio amico sognando nuove sponde: "Vado a Dorne".

Se la geografia del web non conosce i confini della parodia, vi anticipiamo che il titolo della puntata (The Door) è stato tradotto in Il tempo è giunto. Sembra l'amara presa di coscienza di un problema che va affrontato. Molti, con un po' di curiosità e di sadico voyerismo, saranno lì, pronti vedere e ad ascoltare. Altri eviteranno perché stanno ancora piangendo lacrime gelide; fermi a quella maledetta porta che non si può tradurre, a quel bambino sofferente che non si può dimenticare.

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Come hanno trovato il modo

Aggiorniamo il nostro articolo pieno di ipotesi con la tanto agognata soluzione. Ieri sera la puntata "Il tempo è giunto" è finalmente andata in onda, svelando l'arcano dell'adattamento italiano. La scelta è ricaduta su due frasi distinte, unite dalla stesso imperativo. Meera, infatti, prima dice "blocca la porta" e dopo "fermali, Hodor", entrambe seguite dall'esortazione "trova un modo". Quest'ultima viene poi ripetuta come un ossesso dal piccolo Wyllis sino a contorcersi in Hodor. Una scelta che, ovviamente, ha fatto discutere, sicuramente imprevista (tra le opzioni più quotate questa non era mai apparsa), e che segna un compromesso tra l'originale e un ovvio tradimento del senso originale della scena. Tra l'altro va detto che, al di là dell'adattamento, è stata cambiata l'interpretazione dello stesso Wyllis. Se in originale il ragazzino arriva a pronunciare Hodor quasi tranquillizzandosi dopo le violente convulsioni, in italiano si è scelto di alterare il timbro vocale, rendendolo più roco, e più "da tonto" proprio quando si è arrivati a dire Hodor.

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