Recensione Il ritorno di Cagliostro (2003)

Nella Palermo degli anni '50 i fratelli La Marca con l'aiuto di un cardinale cinefilo e di dubbia morale e con i prestiti dello strano direttore di una banca, mettono su una sgangherata casa di produzione cinematografica, la "Trinacria Film"...

Il sogno del cinema nella terra degli insuccessi

Dopo il contestatissimo Totò che visse due volte, gli eccentrici autori Daniele Ciprì e Franco Maresco tornano sul grande schermo con il loro ultimo lavoro, Il ritorno di Cagliostro,p er l'appunto, portato a termine dopo due anni di difficoltà dei registi con la giustizia. Tanto vale dirlo subito: questo film non è un film normale. Atipico, per usare un termine "leggero", comicissimo pur all'interno di una situazione che appare velatamente tragica.
Nella Palermo degli anni '50 i fratelli La Marca con l'aiuto di un cardinale cinefilo e di dubbia morale e con i prestiti dello strano direttore di una banca, mettono su una sgangherata casa di produzione cinematografica, la "Trinacria Film", che sforna insuccessi su insuccessi, producendo film che vanno anche al di là del trash, il non plus ultra del cattivo gusto e dell'imperizia cinematografica. Il film è impostato come una sorta di documentario sulla vita disgraziata della "Trinacria Film", con inserti di film dell'epoca, alternati a interviste con veri critici e storici del cinema, che hanno partecipato con ironia alla realizzazione.
E' molto interessante l'uso misto di bianco e nero in cinemascope e colore all'interno di un quadrato più piccolo al centro dello schermo (nelle "interviste"), per differenziare le due linee temporali, così come i raccordi fra le scene non sono mai scontati, e i dialoghi, intelligenti (in dialetto palermitano quasi per intero) e molto comici. Ne viene fuori infatti una regia che ha grande personalità, che tiene bene il ritmo pur nell'insolito sviluppo del film, che non stanca, e soprattuto non si perde in compiacimenti stilistici. Un'altra novità rispetto al passato è data dal fatto che le parti principali stavolta sono interpretate da attori professionisti, fra i quali il grande Robert Englund (Freddy Krueger di Nightmare - Dal profondo della notte), che con sapiente ironia interpreta molto bene il grande attore spaesato in mezzo a una massa di incompetenti che operano sul set. Tutto il film è pervaso da un'attitudine caricaturale non indifferente che però ci offre dei personaggi mai stereotipati, con alcune trovate veramente geniali (vedere per credere). E' un po' un istinto provocatorio che viene tenuto a freno solo in parte, data la presenza di numerose espressioni tipicamente siciliane e parecchie parolacce sparse qua e là nella sceneggiatura, ma mai volgari e sempre "consone", per così dire, allo spirito del momento scenico.
Ottime interpretazioni, oltre a Englund, Luigi Maria Burruano e Franco Scaldati, che interpretano i fratelli La Marca e tutti i comprimari e dimostrano di sapere il fatto loro nei panni di due personaggi semplici, con un grande sogno, ma che devono scontrarsi con le tante difficoltà di un periodo storico difficile e di una regione che sta sempre un passo indietro rispetto al resto (in tutti i sensi).
Ancora una volta quindi un film ben fatto, certo non scontato, per i due registi palermitani, che confermano il loro grande talento nell'ideare e dirigere un'opera insolita, con il loro stile dissacrante e tragico allo stesso tempo. Consigliato a chi non ha paura di quello che va al di fuori degli schemi, e che fa sorridere semplicemente partendo dal vero e creando quell'atmosfera particolare, che fa ricordare di un film anche molto tempo dopo la visione.