Recensione Napoli milionaria! (2011)

Un tuffo nel passato storico, culturale e sociologico del nostro Paese che deve e può fungere da esempio per analizzare in modo profondo la drammatica crisi sociale e morale che stiamo vivendo.

Il ritorno di Eduardo

Chi non ricorda la mitica battuta di Eduardo De Filippo "ha da passà 'a nuttata", ma in pochi forse sanno che quella particolare esclamazione pronunciata dall'indimenticato autore napoletano è la battuta conclusiva della commedia teatrale Napoli Milionaria!, da lui scritta e interpretata nel 1945. Ora a quasi settant'anni di distanza la piece di Eduardo sta per tornare in una nuova veste televisivo-cinematografico-teatrale grazie all'idea di Massimo Ranieri, uno degli interpreti che meglio ha saputo omaggiare la tradizione napoletana, che dopo il successo della Filumena Marturano televisiva interpretata da Mariangela Melato (oltre cinque milioni di telespettatori) ci riprova proponendo in prima serata su Raiuno l'adattamento televisivo-teatrale della commedia in tre atti di Eduardo da lui stesso adattata in lingua italiana insieme a Gualtiero Pierce.
Se la regia teatrale è affidata allo stesso Ranieri, la regia televisiva è affidata ancora una volta a Franza Di Rosa che già con Filumena Marturano aveva dimostrato di saper restituire sul piccolo schermo alla perfezione i desideri, le sfumature e la passionalità di Ranieri nell'interpretare testi impegnativi e pieni di umanità come quelli del grande Eduardo.

Questa versione ibrida di Napoli Milionaria!, realizzata interamente negli studi del Centro di Produzione Rai di Napoli e girata in alta definizione, è carica di teatro e di passionalità ma arriva sul piccolo schermo spogliata della sua più grande peculiarità che è il dialetto napoletano stretto. Seppur ugualmente godibile per il vasto pubblico della TV di Stato, la Napoli Milionaria! di Ranieri manca di incisività nei momenti più drammatici ma si avvale di una caratterizzazione importante dei personaggi di contorno che danno un contributo fondamentale ed irrinunciabile alla riuscita globale di questo esperimento, coraggioso e molto ambizioso.
Massimo Ranieri è straordinariamente convincente nel mettersi addosso tutto il dolore di Gennaro Jovine, un uomo onesto, dolce, comprensivo e modernissimo, un padre di famiglia che torna dopo la fine della guerra e non riconosce più i figli che ha cresciuto e la donna che ha sposato, una Barbara De Rossi senz'altro bravissima ma forse non proprio adatta al ruolo della feroce Amalia per via della sua poca dimestichezza con i personaggi da cattiva e con la cadenza napoletana, la lingua madre in cui fu concepita l'opera.
Non c'è il dialetto napoletano, ma la Napoli milionaria di Eduardo resiste nella sua meravigliosa essenza ed esce comunque fuori nei dialoghi, nelle sfumature, negli sguardi, nelle scenografie cupe, avvicinabili alla tragedia greca, che ricostruiscono magistralmente le vecchie case napoletane e uno splendido scorcio tra i vicoli del centro storico, una grande finzione che diventa realtà, un artificio che si trasforma in verità.
Un incredibile affresco delle macerie fisiche e umane lasciate dalla seconda guerra mondiale, narrato con piglio deciso attraverso le vicende di una famiglia, il cruccio principale di tutta la drammaturgia di Eduardo, e del suo capostipite, un piccolo gigantesco eroe disilluso ma mai arrendevole che sarà l'artefice del riscatto morale e della rinascita. Un tuffo nel passato storico, culturale e sociologico del nostro Paese che deve e può fungere da esempio per analizzare in modo profondo la drammatica crisi sociale e morale che stiamo vivendo. Perchè "la guerra non è ancora finita" e perchè bisogna sempre tener presente che "la guerra si paga con tutto e ovunque", parola di Eduardo.

Movieplayer.it

3.0/5