Recensione Jeepers Creepers 2 (2003)

Cavalcando la moda del sempreverde genere horror, questo secondo episodio qualitativamente si attesta sul livello del precedente. Siamo in altre parole di fronte ad un medio, onesto film horror senza pretese, ma nel complesso godibile.

Il ritorno del mostro affamato

Ritorna sul grande schermo l'orrorifico mostro volante che a sorpresa sbancò i botteghini americani più di due anni fa. Arrivato in Italia con molti mesi di ritardo, questo Jeepers Creepers 2 si affida allo stesso cast tecnico del primo episodio e ancora una volta alla produzione (in questo caso più facoltosa) dell'America Zoetrope di Francis Ford Coppola. Se, difatti, nel primo film Victor Salva si confrontava con un low-budget che in un certo modo aiutò il film ad affidarsi a soluzioni interessanti - come un'immaginario visivo molto anni '80 (non a caso il film iniziava con una citazione dal pionieristico, in tale contesto, Duel di Steven Spielberg) - questo nuovo progetto può contare su una maggiore disponibilità economica e incentrarsi più sull'azione e gli effetti speciali. Questo probabilmente va a discapito dell'intensità horror più pura, quella che un tempo era tutto e che, insieme all'arte dell'arrangiarsi, rendeva mitici film al limite della fruibilità; intensità che, seppure in dosi minime, si respirava nel primo film, nonostante le sue debolezze.

Cavalcando la moda del sempreverde genere horror, questo secondo episodio qualitativamente si attesta sul livello del precedente. Siamo in altre parole di fronte ad un medio, onesto film horror senza pretese, ma nel complesso godibile. Salva mostra di saper padroneggiare e amare il genere, evitando così di configurarsi come il tipico moderno regista shooters, secondo un'acuta definizione di John Carpenter. Detto questo, è innegabile che egli non dedichi alcuna energia alla possibilità di rinnovamento stilistico e tematico, preferendo lavorare sui più abusati cliché del genere. A far fronte ad una certa piattezza contenutistica e alla convenzionalità più assoluta, c'è comunque una rinnovata centralità della figura del mostro, che con le sue cruente scorribande (d'altronde il poverino non mangia da 23 anni) permette alla pellicola di guadagnare punti in termini di suspance ed intensità visiva. A questo proposito Salva sembra un po' indeciso sulla strada da prendere: da una parte pare non volersi accodare alla moderna deriva psicologistica post-Sesto Senso, dall'altra preferisce non calcare la mano sugli effetti più generosamente granguinoleschi.

Un'altra differenza, francamente di scarso rilevo, va ricercata nella natura più corale del plot. Dove infatti il primo Jeepers Crepers - il canto del diavolo era incentrato esclusivamente sui due fratelli e sorella perseguitati, qui abbiamo il mostro intento a sfamarsi con un'intera squadra di basket collegiale con ragazze pon pon annesse. Inoltre fa questa volta capolinea la figura di un vero antagonista a tutto tondo (impersonificata dal padre di una vittima), assenza che nel primo film forniva tutto sommato un elemento di minima originalità. Per il resto, l'impianto complessivo è sostanzialmente più solido, e anche se non sono assenti momenti al limite del farsesco, il film si è scrollato di dosso quella sensazione di fretta che caratterizzava soprattutto la seconda parte del primo film.

In definitiva un prodotto d'intrattenimento senza infamia e senza lode che una volta si sarebbe detto per appassionati del genere, e che invece ora si fregia di una fruizione trasversale (si veda il successo riscosso dal remake di Non aprite quella porta). Se il sospetto che vedremo un terzo film sulle gesta di questa sorta di Freddy Krueger del nuovo millennio si fa molto fondato durante la visione, la speranza è che si termini lì e che il mostro si congedi da noi prima di diventare un pedante, insopportabile disturbatore delle nostre prossime stagioni cinematografiche. Se la nostra speranza non sarà accolta, e tra qualche anno lo vedremo gareggiare con Freddy, Jason, Michael Myers o qualche zombie, se preferite, allora sì che avremmo un prodotto di nicchia da veri fanatici autoindulgenti e masochisti del genere.