Recensione Alvin Superstar (2007)

Manca la verve e il materiale narrativo sufficiente per un intero film e i continui show dei tre scoiattoli sono davvero duri da digerire anche per lo spettatore più disponibile.

Il pop dei roditori

"Per degli adulti è come essere colpiti alla testa con un martello ogni dieci secondi per novanta minuti. Due giorni dopo ho ancora il mal di testa", ha sentenziato ironicamente Lou Lumenick sulle pagine del New York Post. Se nei minuti iniziali il giudizio può apparire eccessivamente ingeneroso, al termine del film non si possono non sottoscrivere le parole di Lumenick. Ha infatti quasi del sorprendente come lo spettatore (speriamo solo quello adulto) possa passare dal trovare sommamente carini e divertenti gli scoiattoli rocker all'inizio e finire per odiarli con tutto se stesso man mano che il film procede.

Ma si sa, l'animazione è un grande affare e non tutti a Hollywood hanno il desiderio e la pazienza di raccontare una storia che appassioni e interessi oltre il ricatto dell'infanzia. Per l'occasione hanno tirato fuori dal cilindro uno degli show di maggior richiamo della televisione degli '80, gli scoiattoli cantanti Alvin, Simon e Theodore (cartone animato di successo anche dalle nostre parti) creati nel 1958 da Ross Bagdasarian dopo il successo della hit The Chipmunk Song (Christmas Don't Be Late) registrata modificando la velocità del nastro.
Il nuovo adattamento cinematografico della storia di Alvin Superstar racconta proprio di Dave Seville (Jason Lee), compositore pop e tipico nerd buono di cuore, che dopo il rifiuto netto della sua musica da parte del suo avido produttore cade in depressione. Tornato a casa troverà come ospiti a sorpresa tre caotici scoiattoli parlanti con il pallino della musica. Riadattando il suo pezzo di Natale con le cantilenanti voci dell'eccentrico trio composto dal leader Alvin, il riflessivo Simon e l'ingenuo Theodore scalerà tutte le classifiche e proverà anche a fare innamorare di sé la dolce Claire. Ma lo scintillio del rock e la furbizia del suo produttore metteranno a repentaglio il suo rapporto con i tre scoiattoli, almeno fino a quando la nostalgia non diventerà inarrestabile.

La scelta di Jon Vitti (firma storica de I Simpson) come sceneggiatore non aiuta molto il film diretto da Tim Hill che naufraga appena superata la mezz'ora a causa di una piattezza e una prevedibilità marcata. Se i personaggi di contorno non sono neanche minimamente abbozzati, è la morale antimercificazione per cui "anche se sei una rockstar non puoi avere tutto ciò che desideri senza allontanarti da chi ti vuole realmente bene e dai veri valori della vita reale" a essere un pochino stiracchiata perfino per il pubblico dei più giovani, specie se consideriamo cosa dicono molti film di animazione oggi, quelli della Pixar in primis. Manca la verve e il materiale narrativo sufficiente per un intero film e i continui show dei tre scoiattoli sono davvero duri da digerire anche per lo spettatore più disponibile.