Recensione Correndo con le forbici in mano (2006)

Si viene catapultati in un universo che definire eccentrico è poco, una sorta di mondo parallelo, pieno di stravaganze e personaggi tra il buffo e il grottesco pieni di psicosi, il tutto sempre accompagnato dalla giusta dose di sarcasmo ed ironia.

Il pazzo mondo di Augusten Burroughs

Se quello che cercate in un film è pace e serenità Correndo con le forbici in mano non è il film giusto per voi. Piuttosto durante la visione non potrete fare a meno di domandarvi: ma che diavolo di film sono andato a vedere? Un senso di straniamento vi accompagnerà per più di qualche minuto ma, non temete, perché alla fine, la storia del giovane Augusten finirà per conquistarvi e il disagio iniziale lascerà il posto alla commozione finale.
Ryan Murphy, geniale ideatore di Nip/Tuck, una delle serie televisive che ha riscosso maggior successo negli ultimi anni tra il pubblico italiano, ha portato sul grande schermo, trasformando in soggetto cinematografico l'autobiografia dell'autore, la storia di Augusten Burroughs.

Tutto ha inizio nel 1971 quando il piccolo Augusten (Joseph Cross), sei anni e l'ossessione per la pulizia, si ritrova intrappolato nel conflittuale rapporto tra i suoi genitori. La madre (Annette Bening) è una poetessa frustrata e mentalmente instabile, mentre il padre (Alec Baldwin) è un professore di matematica alcolizzato che da tempo ha ormai rinunciato a prendersi cura della sua famiglia. Quando il loro matrimonio fallisce, la mamma decide di mettere la sua salute mentale nelle mani di un eccentrico psicoterapeuta, il dottor Finch (Brian Cox), che finirà per prendere madre e figlio sotto la sua "ala protettrice", imbottendo lei di psicofarmaci e offrendosi di ospitare Augusten sotto il suo tetto, dove a tenergli compagnia ci saranno la moglie dello strizzacervelli (Jill Clayburgh) e le due figlie (Gwyneth Paltrow e Evan Rachel Wood). E qui ha inizio il secondo capitolo della storia del nostro giovane protagonista. Spedito a vivere nella traballante casa vittoriana tutta dipinta di rosa dei Finch, Augusten si ritrova in un mondo in cui gli alberi di natale rimangono addobbati per tutto l'anno, i piatti in cucina sono sempre sporchi, il valium diventa la risposta per tutti i problemi, e i ragazzi si ritrovano a giocare con la macchina per l'elettroshock. Si viene catapultati in un universo che definire eccentrico è poco, una sorta di mondo parallelo, pieno di stravaganze e personaggi tra il buffo e il grottesco pieni di psicosi, il tutto sempre accompagnato dalla giusta dose di sarcasmo ed ironia.

Il punto di forza della storia è Augusten ed è su di lui che Ryan Murphy focalizza la sua attenzione. Invece di soccombere davanti alla complicata realtà che gli si paventa davanti, infatti, il nostro giovane protagonista riesce a trovare la forza di andare avanti, non si fa schiacciare dagli eventi e vive la sua vita. Sarà perché fin da piccolo è stato abituato, suo malgrado, a convivere con situazioni estreme, sarà per la sua forza di carattere, fatto sta che Augusten riesce a districarsi nelle difficoltà ed anche a costruire e a coltivare propri rapporti personali, sia d'amore che d'amicizia e d'affetto. Vive la sua vita. "La mia infanzia - ha detto Burroughs - è stata decisamente assurda e terrificante ma anche ricca di emozioni. Dentro di me sapevo che era un'esperienza più unica che rara ed ero attento a tutto. Sapevo che se ne fossi uscito vivo alla fine sarei diventato una persona migliore". Molti al suo posto non ce l'avrebbero fatta a sopportare il peso di così tanti shock emotivi in un periodo delicato come quello dell'adolescenza. Altri avrebbero ceduto di fronte ad un tale caos emotivo e personale, Augusten no.