Recensione Election 2 (2006)

Election 2 si libera di ogni confine narrativo e estetico, travalica i confini del noir per raccontare il presente, fornendo un'istantanea nerissima della Cina moderna, senza però mai cadere nelle reti anguste del cinema politico.

Il nero del terzo millennio

Johnny To non ha proprio intenzione di fermarsi. E il suo cinema continua a essere in continua e costante evoluzione, nonostante alle spalle abbia quasi cinquanta film realizzati. Non è un caso che, dopo un breve periodo di risacca e qualche film sbagliato, il regista hongkonghese abbia girato negli ultimi due anni tre dei suoi migliori film: i due Election e Exiled, il suo film più sfrenatamente melvilliano. Eppure sono ancora in molti a storcere la bocca, forse increduli o non disposti a accettare che il cinema più vivo, robusto e inteso del presente possa venire realizzato quasi in serie, con una prolificità schizofrenica. Alla faccia dell'urgenza artistica e della politica degli autori. Ma la realtà parla chiaro e attualmente To è tra i registi più importanti in circolazione nel panorama mondiale contemporaneo; e non perché ormai ogni suo film passa a Cannes o a Venezia ma perché continua a dimostrarsi regista di una modernità e di lucidità impressionanti.

Election 2 si sofferma ancora - come il primo episodio ma sopravanzandolo per qualità e profondità di vedute - sul mondo delle traidi e sull'elezione del nuovo presidente. E ancora una volta si affranca di ogni manicheismo, retorica o ammiccamento, rappresentando il mondo della mafia come dato e raccontando piuttosto il tentativo di uscirne, sfruttandone il potere delle posizioni acquisite. Senza il romanticismo di altri antieroi di To, nell'ineluttabilità del loro destino, i suoi personaggi trovano ancora la forza per atti morali che inevitabilmente portano a fallimenti (il sicario in disparte che si rifiuta di uccidere e di farsi poi aiutare) e i ritratti umani sono di un lirismo e una potenza da lasciare a bocca aperta, supportati da una messa in scena opprimente, visionaria, talmente densa da mettere i brividi.

Election 2 si libera di ogni confine narrativo e estetico, travalica i confini del noir per raccontare il presente, fornendo un'istantanea nerissima della Cina moderna, della sua economia e delle sue tragiche contraddizioni, senza però mai cadere nelle reti anguste del cinema politico. Ogni gesto, movimento o inquadratura nel cinema di To e in Election 2 in particolare sono di una precisione assoluta, ben distante da ogni tentativo formalista. Election 2 è il cinema del futuro, o meglio il vero nuovo cinema classico del futuro: un cinema che ritrova il contatto con il suo linguaggio, riaffidandogli la pregnanza del suo racconto.