Recensione E ora dove andiamo? (2011)

Il nuovo lavoro della regista di Caramel tratta un tema assai serio ma lo fa con un'ironia pungente ed una sfrontatezza ammirevoli. Il risultato è un'opera estremamente godibile che fa anche riflettere sull'assurdità di un conflitto pronto ad esplodere in qualsiasi momento, per qualsiasi sciocchezza.

Il nemico della porta accanto

A causa di un ponte semidistrutto e mai riparato, un piccolo villaggio libanese vive da tempo in isolamento, con soltanto due valorosi ragazzi ed una vecchia motoretta che viaggiano ogni giorno verso la città più vicina a recuperare tutto il necessario per il sostentamento. Essere isolati vuol dire essere lontani non solo dal lusso e dagli agi ma anche dalle notizie provenienti dal mondo, ed è solo per questo motivo che nel villaggio riescono finalmente a convivere pacificamente cristiani ed islamici. Si tratta però di un equilibrio molto sottile e può bastare pochissimo, anche l'arrivo di un semplice televisore a rompere la pace e cambiare per sempre la vita dell'intero villaggio.


E ora dove andiamo? (Et maintenant, on va où?), nuovo lavoro della regista di Caramel, Nadine Labaki, tratta un tema assai serio ma lo fa con un'ironia pungente ed una sfrontatezza davvero ammirevole, confezionando così un'opera estrememante godibile nei suo momenti musicali o in alcune trovate particolarmente geniali (che preferiamo non svelare) ma che fa anche riflettere sull'assurdità di un conflitto pronto ad esplodere in qualsiasi momento, per qualsiasi sciocchezza.

E se le motivazioni per cui combattere sono ridicole, perché non possono essere altrettanto anche i rimedi? Questo sembra chiedersi la bella e talentuosa regista (anche interprete) ed è così che lascia le armi e la violenza agli uomini, e fa lavorare d'ingegno le sole donne che le provano proprio tutte (dall'inventarsi di sana pianta un miracolo, all'assoldare un manipolo di spogliarelliste ucraine) pur di distogliere gli uomini dai loro intenti bellicosi. Non sono certo idee brillanti, anche se spassosissime, ma ciò che importa è che le donne sembrano essere tutte concordi (al di là anche delle diverse fedi religiose) nell'interrompere la follia di un conflitto fraticida che ha già fatto troppi morti, mentre gli uomini non sembrano saper guardare oltre i propri pugni, o peggio ancora fucili, ma si ammansiscono soltanto davanti all'alcool, al cibo e alle belle donne.

Un atto di denuncia che, nonostante il tono lieve, si eleva deciso e che riecheggia con forza nel divertente ma amarissimo finale; un finale che, in contrapposizione a quello che di norma richiederrebbe una commedia o un musical, non può essere né lieto né risolutivo, perché in certe situazioni e in certi paesi è davvero difficile mettere la parola fine, semmai si è sempre destinati a ricominciare.

Movieplayer.it

4.0/5