Recensione Le cronache di Narnia: il Leone, la Strega e l'Armadio (2005)

In un periodo florido per il fantasy cinematografico, il regista di Shrek porta sullo schermo il primo libro del ciclo di C.S. Lewis: risultato positivo per un film solido e godibile nonostante le due ore e venti di durata.

Il mondo in un armadio

Sembra un periodo decisamente positivo per il fantasy cinematografico, almeno in termini puramente quantitativi e commerciali: dopo che la trilogia dell'Anello portata sullo schermo da Peter Jackson ha furoreggiato nei botteghini di tutto il mondo, dopo che la saga di Harry Potter, pur nei suoi discutibili risultati artistici, ha portato nuove schiere di fans ai libri di J.K. Rowling, e in attesa che venga tratta una nuova saga cinematografica dal quartetto di Abarat di Clive Barker, ora è il turno del primo libro del ciclo di C.S. Lewis di essere fatto oggetto di riduzione cinematografica, ad opera della Disney e del regista Andrew Adamson, qui al suo esordio nel cinema live action dopo il successo dei due Shrek.

Sicuramente non era un'operazione semplice dare vita cinematografica a questo Le cronache di Narnia: il leone, la strega e l'armadio, se non altro per il successo editoriale del prototipo letterario e per l'aspettativa che, come già è stato per Jackson e per i vari registi che si sono succeduti nella saga di Harry Potter, si è venuta inevitabilmente a generare nei suoi tanti lettori. E' ozioso, diciamolo subito, e anche poco interessante, cercare un confronto tra questo film e quelli delle due saghe sopra citate: troppo distanti i modelli originali, a livello di intenti e target da una parte (Tolkien) e di periodo storico dall'altra (la Rowling). Sgombrando quindi il campo da paragoni apparentemente scontati quanto in realtà fuori luogo, bisogna dire che l'operazione compiuta da Adamson e dalla Disney è complessivamente riuscita: il film, nelle sue due ore e venti di durata, è estremamente efficace nel descrivere per immagini lo sconfinato mondo creato da Lewis, riuscendo nel contempo ad avvincere con una narrazione classica, robusta, senza sbavature di sorta. La sceneggiatura è attenta nella descrizione dei caratteri dei quattro protagonisti, così come convincente e credibile è la resa del contesto storico da cui la narrazione prende le mosse (la Londra sotto il tiro dell'aviazione tedesca nel secondo conflitto mondiale).

Adamson e gli sceneggiatori hanno ricostruito in modo corretto e vigoroso quella che è a tutti gli effetti una fiaba, con la lotta tra il bene e il male e la formazione dei quattro giovani protagonisti al centro della storia: il regista sceglie giustamente di "farsi da parte", mettendo semplicemente tutta la sua (non indifferente) tecnica cinematografica al servizio di una narrazione con regole ben codificate, tutte rigorosamente rispettate dallo script. Il resto del compito è portato a termine dalle imponenti scenografie, dall'ottima colonna sonora e da effetti visivi credibili e funzionali, tutti indici di un grande sforzo produttivo in questo caso messo al servizio di un prodotto riuscito e con un'anima. Sono da segnalare in particolare le difficili animazioni del fauno Tumnus (creatura realizzata al computer dalla vita in giù, a cui dà il volto l'attore James McAvoy), e del leone Aslan (che nella traccia originale ha la voce di Liam Neeson), con la CG usata al meglio per un effetto, specie in quest'ultimo caso, riuscito e credibile. Tra gli attori, oltre ai quattro giovani protagonisti (tutti funzionali ai rispettivi ruoli, e soprattutto ben diretti), va segnalata un'ottima Tilda Swinton nel ruolo della crudele strega Jadis, che incarna un "male" personificato tanto assoluto quanto umano. E quando l'armadio delle meraviglie infine si chiude, per noi come per i protagonisti, dopo due ore e venti assolutamente inavvertibili (e, per scontato che possa sembrare, non è un pregio da poco), è un po' anche nostra la voglia di sgattaiolare nottetempo per tornare lì dentro: in fondo, è esattamente questo ciò che il film si proponeva.

Movieplayer.it

3.0/5