Il ministro: cose molto cattive, sull'Italia di oggi

Al suo terzo lungometraggio il regista indipendente Giorgio Amato sorprende con una commedia nera non priva di difetti ma nel complesso riuscita e appassionante.

Negli ultimissimi anni sembra proprio che si stia muovendo qualcosa nel cinema italiano di genere, per troppo tempo appiattito su modelli molto simili fra loro e il più delle volte anche poco convincenti.
Se nel 2014 abbiamo assistito a una commedia vivace e dal gran ritmo come Smetto quando voglio e, assai più di recente, a un vero e proprio (ottimo) dramma travestito da commedia come Perfetti sconosciuti, il superhero movie molto sui generis Lo chiamavano Jeeg Robot e il film d'azione intimistico Veloce come il vento stanno ancora adesso dimostrando nelle sale, in modi differenti, come sia possibile guardare a determinati generi cinematografici per rielaborarli in maniera originale e, soprattutto nel caso del film di Gabriele Mainetti, particolarmente inventiva.

Il ministro: Jun Ichikawa, Gianmarco Tognazzi e Fortunato Cerlino in una scena del film
Il ministro: Jun Ichikawa, Gianmarco Tognazzi e Fortunato Cerlino in una scena del film

Una commedia nera che guarda a Risi e Monicelli

Il carattere di originalità de Il ministro non è di certo particolarmente spiccato, essendo il film scritto e diretto da Giorgio Amato molto vicino per temi, atmosfere e approcci alla commedia all'italiana di registi come Dino Risi e Mario Monicelli. Rispetto alle opere citate nel paragrafo precedente, è inoltre interessante notare alcuni punti in comune con Perfetti sconosciuti: come il lavoro di Paolo Genovese, infatti, Il ministro è girato quasi del tutto all'interno di un appartamento e nell'arco di una sola notte, si svolge intorno a una cena ed è una commedia da un retrogusto che definire amaro sarebbe un eufemismo.
Le analogie però finiscono qui, in quanto questo piccolo film indipendente a bassissimo budget è in realtà una commedia nerissima, scorretta e mordace come da tempo non se ne vedevano nel contesto di una produzione italiana che, sul versante del cinema di genere e più esplicitamente d'intrattenimento, negli ultimi decenni è apparsa addomesticata o perlomeno poco incline al rischio.

Homo homini lupus, corruzione e disincanto

Il ministro: Jun Ichikawa e Fortunato Cerlino in una scena del film
Il ministro: Jun Ichikawa e Fortunato Cerlino in una scena del film

Nel raccontare la storia di un imprenditore in crisi che organizza una cena a casa sua per corrompere un ministro offrendogli soldi e una donna disposta ad andare a letto con lui, Giorgio Amato tratteggia un mondo in cui a regnare incontrastati sono cinismo, meschinità e infimità. Ogni personaggio pensa solo a se stesso e non si fa scrupoli a sopraffare l'altro per perseguire il proprio interesse. La logica è quella hobbesiana dell'homo homini lupus e il tutto non può che risolversi in un graduale ma inesorabile gioco al massacro.
Neppure il contesto familiare è estraneo a un tale stato delle cose. Anzi, per rendere l'idea dell'evoluzione dei rapporti tra l'imprenditore, il cognato e la moglie nel corso della narrazione, il titolo del film di Monicelli Parenti serpenti sarebbe alquanto appropriato.
Ne consegue che in un universo così sordido e caustico, ben rappresentato a livello simbolico dalle eloquenti e audaci inquadrature iniziale e finale, non ci possa essere granché spazio per motivi di speranza.

Rischiare andando oltre il politicamente corretto

Il ministro: un primo piano di Gianmarco Tognazzi
Il ministro: un primo piano di Gianmarco Tognazzi

Sebbene abbia degli evidenti limiti sul piano tecnico e visivo (dovuti soprattutto alle notevoli limitazioni di budget) e nella primissima parte si lasci andare a qualche piccola forzatura a livello recitativo e di scrittura, Il ministro è un lavoro sorprendente per lo sguardo disincantato, feroce ma allo stesso tempo fortemente ironico che offre sul nostro paese e sugli italiani.
Girato in sole tre settimane, il terzo film di Amato si avvale nel complesso di un cast ben affiatato (buone le interpretazioni dei cinque protagonisti Gianmarco Tognazzi, Alessia Barela, Fortunato Cerlino, Edoardo Pesce, Jun Ichikawa e Ira Fronten) e di una convincente sceneggiatura in grado di tenere alta la tensione. Inoltre, ha il pregio di ricordarci che per osare un po' di più non è così importante poter contare su grandi risorse economiche, ma piuttosto avere il coraggio di andare oltre il politicamente corretto e gli schemi predominanti.

Movieplayer.it

3.0/5