Recensione La verità nascosta (2011)

Sulla falsa riga del ghost-thriller coniugale di Zemeckis con Michelle Pfeiffer e Harrison Ford, suo quasi omonimo, La verità nascosta gioca con lo spettatore e lo mette in condizione di credere che si tratti effettivamente di una storia analoga a quella cui ammicca furbescamente il titolo.

Il lato oscuro dell'amore

Una cosa è certa, e la sottoscritta può affermarlo con certezza: una donna non andrebbe mai via da casa senza la sua crema idratante. Questo è un dato di fatto incontrovertibile, che non approfondiamo per evitare inutili spoiler, che avrebbe dovuto suggerire in pochi istanti la soluzione della misteriosa sparizione al centro di questa storia.
Sulla falsa riga del ghost-thriller coniugale diretto da Robert Zemeckis con Michelle Pfeiffer e Harrison Ford, suo quasi omonimo, La verità nascosta gioca con lo spettatore e lo mette in condizione di credere che si tratti effettivamente di una storia analoga a quella ammiccata furbescamente nel titolo. E di fatto fino ad un certo punto è così, quindi alla luce dei fatti ci sentiamo non solo di assolvere ma anche di appoggiare in pieno la scelta di 'traduzione' della Moviemax che porta sul grande schermo del nostro paese il primo film frutto della co-produzione tra Spagna e Colombia con lo zampino di Fox International. Ad un certo punto però il film prende la piega che non ti aspetti e (per fortuna) tutto cambia improvvisamente, soprattutto la prospettiva da cui si osservano gli accadimenti.


Adriàn è il giovane direttore della Filarmonica di Bogotà. Per approfittare della splendida occasione di lavoro offertagli in terra colombiana l'uomo si trasferisce nella capitale sudamericana accompagnato dalla sua fidanzata Belén, che sceglie di seguirlo lasciando il suo lavoro di stilista e artigiana di calzature. I due si trasferiscono nella bellissima villa in campagna nei dintorni della capitale e tutto sembra andare per il meglio. Il suo compagno è affascinante, bravissimo nel suo lavoro di direttore d'orchestra, ammirato da tutti, soprattutto dalle tante donne che gli gravitano intorno: stretta nella morsa della gelosia e insospettita da comportamenti non proprio cristallini del compagno, Belén inizia a sospettare della fedeltà del suo uomo e decide di mettere alla prova il suo amore verso di lei scomparendo nel nulla senza lasciare traccia. Devastato dalla scomparsa della donna e poi sovrastato dalla rabbia, Adriàn cerca conforto nelle braccia della bella cameriera Fabiana, con la quale inizia subito una relazione. Sarà proprio lei, Fabiana, a scoprire la verità sulla sparizione di Belén, una verità che se rivelata potrebbe mettere fine alla sua storia con Adriàn. Riuscirà la giovane donna a sopportare il peso della verità nascosta pur di non perdere il suo amato?

I depistaggi di Baiz ci regalano nella prima parte un film a tratti stucchevole dai ritmi blandi, forse volutamente pieno di cliché e incentrato sulle scarne nudità della giovane protagonista, ma ad un certo punto in poi, verso metà proiezione, La verità nascosta riparte da zero annullando gli effetti soporiferi dell'inizio per trasformarsi in un interessante thriller psicologico velato di ironia grottesca e propulsore di notevoli spunti di riflessione. Cosa siamo disposti a fare per amore? Fin dove può arrivare il cinismo di una donna nei confronti della sua rivale in amore? Quanto può essere difficile guardarsi allo specchio e fare i conti con la propria coscienza? Un'interessante riflessione sul mal d'amore, sulla gelosia, sull'istinto di possesso sulla persona amata, sull'insicurezza. Ovviamente il genere thriller è un genere complesso, e seppur diversi sono i punti di forza della sceneggiatura ne La verità nascosta non mancano i difetti. Su tutti la superficialità di buona parte dei dialoghi, per l'intera prima parte totalmente insulsi, ed un uso confusionario e poco efficace del flashback (interminabile nella seconda parte del film) che dilata fino all'inverosimile i tempi del racconto ed appiattisce la fluidità di una storia dal grande potenziale. Nonostante tutto il secondo lungometraggio di Andrés Baiz dopo l'esordio alla regia con Satanàs, candidato all'Oscar come Miglior Film Straniero nel 2008, si lascia guardare senza particolare difficoltà e seppur non rappresenti alcunché di memorabile riesce a tenere viva la tensione (e l'attenzione) dall'inizio alla fine.

Movieplayer.it

3.0/5