Il grande salto, la recensione: Giorgio Tirabassi, i suoi criminali e la Legge di Murphy

La recensione de Il Grande Salto: Giorgio Tirabassi, dirige un film che non ti aspetti: un heist movie ma con dentro tanta malinconia e tanta pietas verso gli ultimi.

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Il grande salto: Giorgio Tirabassi e Ricky Memphis in una scena del film

Uno dei registi e sceneggiatori più brillanti di casa nostra, Francesco Bruni, ha scritto a proposito de Il grande salto, l'opera prima da regista di Giorgio Tirabassi: "Demolisce (finalmente!) con rara ironia malinconica il mito della criminalità romana". Se citiamo questo post è perché in poche parole è riuscito a sintetizzare bene il mood di quello che è un film che non ti aspetti. Nella recensione de Il grande salto vi raccontiamo un film che è sì, un crime, ma malinconico e toccante. La storia di Rufetto e Nello, criminali sfortunati e segnati dalla vita, è qualcosa che, sul grande schermo, non avete ancora visto. E Il grande salto è una piccola, dolce sorpresa di fine stagione cinematografica. Da non perdere.

La trama: Giorgio Tirabassi e Ricky Memphis, ladri maldestri

La trama de Il grande salto si apre in una qualsiasi periferia romana. Qui, tra una puntata in galera e l'altra, vivono Rufetto e Nello, interpretati da Giorgio Tirabassi e Ricky Memphis. Maldestri, sconclusionati, ma anche molto sfortunati, i due sono appena usciti di prigione, dove hanno scontato quattro anni per un colpo che è andato male. Rufetto torna dalla famiglia, ha una moglie e un figlio, Nello prova a trovare una ragazza che gli voglia bene. Ma nella loro testa rimane un'unica idea: quella di un colpo che faccia fare loro il "grande salto", che risolva i loro problemi.

Un cinema che non si fa più

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Il grande salto: Roberta Mattei, Giorgio Tirabassi e Ricky Memphis in una scena del film

Il grande salto, primo film da regista di un attore molto amato, Giorgio Tirabassi, è un film che non ti aspetti. L'involucro, la confezione esterna, è quella del crime. Perché si parla di rapine, di colpi che sistemano la vita, di piani orchestrati per rubare. Ma dentro, un po' come in quei cioccolatini con all'interno il liquore, è amarognolo. Si potrebbe definire un film tragicomico, o malincomico. Ci ricorda, in parte, quella comicità sospesa, rarefatta, alla Kaurismaki. Di sicuro è qualcosa che, in questi anni, abbiamo visto poco: non siamo dalle parti dei grandi romanzi criminali, come Suburra, Gomorra - La Serie e, appunto, Romanzo criminale, figli un po' dei poliziotteschi anni Settanta, né dalle parti dei crime ironici, che, sulla scia del cinema di Tarantino, sono sbocciati anche in Italia, da Smetto quando voglio a Non ci resta che il crimine. Tirabassi guarda più indietro, ai grandi del nostro cinema passato, come Citti, o come Monicelli. Tirabassi, che nella sua formazione deve molto anche ad Ettore Scola, ci riporta a un cinema che non si fa più. E di cui abbiamo ancora bisogno.

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Quello sguardo empatico

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Il grande salto: un primo piano di Giorgio Tirabassi

Quello che ci piace de Il grande salto non è solo la smitizzazione della criminalità, ma quello sguardo, empatico, quasi affettuoso, verso dei personaggi che, in fondo, sono degli ultimi. E che in fondo sono dei poveri diavoli, sono dei buoni. Certo, vivono di furti. Ma non fanno male a nessuno, o almeno ci provano. E, in fondo, hanno i problemi di tutti: i rapporti con i figli, gli affetti, i soldi. La storia di Rufetto e Nello nasce da una serie di racconti fatti a teatro, e poi diventati una sceneggiatura una decina di anni fa. Ripresa in mano di recente, è diventata una storia meno surreale, più concreta. Nello e Rufetto sono qui, tra di noi. E non possiamo che voler bene a questi personaggi, un po' come vogliamo bene a Willy il Coyote, uno a cui tutto va sempre storto, ma che continua a provarci sempre. Nello e Rufetto sono la prova esistente della Legge di Murphy per cui, se una cosa può andare male, lo farà.

Un grande Ricky Memphis, ma ci sono anche Valerio Mastandrea e Marco Giallini

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Il grande salto: Valerio Mastandrea in una scena del film

Il grande salto è un film di scrittura, ma anche un film di attori. Se Giorgio Tirabassi sceglie per sé il ruolo di uno dei protagonisti, Rufetto, e ci entra dentro con quel suo volto particolarissimo e con tutta la passione possibile, affida il ruolo del coprotagonista, Nello, a Ricky Memphis, portandolo a toccare delle corde in cui può dare il meglio, lavorando di sottrazione, lontano dai ruoli più comici che tocca di recente.

Accanto a loro, Tirabassi ha scelto di portare con sé alcuni amici fidati, come Marco Giallini, che fa un capo rom, Lillo, nel ruolo di un venditore di armi, e Valerio Mastandrea, un impiegato delle poste, un ruolo piccolo piccolo su cui, anche grazie all'improvvisazione, riesce a costruire una delle scene più divertenti del film. A orchestrare tutto c'è un direttore come Giorgio Tirabassi, un attore esperto che, come tale, conosce gli attori e sa cosa possono dare. Speriamo che non ci faccia attendere troppo la sua prossima regia.

Conclusioni

Dalla recensione de il grande salto avrete capito che questa storia di criminali sfortunati e segnati dalla vita, è qualcosa che, sul grande schermo, non avete ancora visto. Un crime, ma “malincomico” e carico di pietas, Il grande salto è una piccola, dolce sorpresa di fine stagione cinematografica. Da non perdere.

Movieplayer.it
3.5/5
Voto medio
2.9/5

Perché ci piace

  • Non siamo dalle parti di Suburra e Gomorra né da quelle dei crime ironici, alla Tarantino, ma in un film molto originale.
  • Il tono malinconico e carico di pietas è qualcosa che funziona: ci fa voler bene ai personaggi.
  • È un film di grandi attori: Giorgio Tirabassi e Ricky Memphis sono i protagonisti, ma brillano i camei di Valerio Mastandrea, Marco Giallini e Lillo.

Cosa non va

  • Per chi è abituato alle commedie nostrane più facili, il ritmo assorto potrebbe, all’inizio, lasciare un po’ spiazzati. Ma è essenziale per il tono del film.