Il giorno e la notte, la recensione: Vite sospese

La recensione de Il giorno e la notte, il primo film realizzato su un set virtuale durante il primo lockdown tra marzo e maggio 2020: una storia corale dove ogni attore si è messo in gioco trasformando la propria casa in un set.

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Il giorno e la notte: Francesca Acquaroli e Barbara Esposito in un'immagine

Il tempo sospeso, cristallizzato, insieme alla bolla di sentimenti congelati negli spazi spesso claustrofobici delle mura domestiche. Il primo film realizzato interamente durante il primo lockdown tra Marzo e Maggio del 2020 arriva da Daniele Vicari: un set virtuale, quattro settimane di riprese e un gruppo di attori che hanno trasformato le loro abitazioni nello spazio della finzione guidati a distanza dal regista e da un'equipe di tecnici. Così, come leggerete nella recensione de Il giorno e la notte, su Raiplay dal 17 giugno, il cinema prova a ridare senso a quei giorni svuotati dalla paura e dall'isolamento. Il regista di Diaz si mette ancora una volta al servizio del racconto cinematografico come indagine della realtà e ricerca della verità, qui rappresentata non da un fatto di cronaca ma dalla coltre densa delle emozioni. Un esperimento che è allo stesso tempo omaggio al cinema in un momento in cui i set erano bloccati dalla situazione pandemica e il mondo intero si ritrovava a condividere l'esperienza della chiusura. Un film non perfetto, a tratti disomogeneo, ma dall'indubbio valore artistico e etico.

Una storia corale

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Il giorno e la notte: un'immagine del film

Fare cinema nonostante tutto. È questa l'istanza da cui parte Il giorno e la notte, un film corale che prova a raccontare l'esperienza pandemica trasfigurandola in una narrazione capace di garantire la giusta distanza dai fatti, quella necessaria a estraniarsene abbastanza da poterne sorridere e mettere in campo se stessi e la propria creatività. Così invece che un virus, nella storia concepita da Daniele Vicari insieme a Andrea Cedrola, a costringere in casa i cittadini è un attentato terroristico: l'azione restringe il proprio campo alla città di Roma, dove gli abitanti finiranno da un minuto all'altro a essere prigionieri delle proprie case. Nessuno potrà uscire, tutti dovranno restare nei luoghi chiusi in cui si trovano, negozi sbarrati, strade deserte, serrande abbassate mentre la minaccia è in corso di verifica da parte delle autorità.

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Il giorno e la notte: una scena del film

L'ordine di restare nelle proprie abitazioni sorprenderà nove personaggi, ognuno colto in un momento diverso della vita, ciascuno alle prese con la propria crisi personale o di coppia. Quando scatta l'allarme Anna (Elena Gigliotti) sta parlando al telefono con il produttore di un suo spettacolo teatrale, fa l'attrice e vive con il suo fidanzato, Manfredi (Dario Aita), che fa il suo stesso mestiere; Marco (Vinicio Marchioni) sta lavorando nel suo laboratorio di falegnameria, e non sa ancora che dovrà trascorrerà quelle 24 ora di convivenza forzata con la donna di cui è segretamente innamorato, Marcella (Milena Mancini), che si precipiterà da lui dopo aver lasciato Sergio, suo marito, nonché migliore amico di Marco; mentre Andrea (Francesco Acquaroli) e Beatrice (Barbara Esposito) fanno i conti con la perdita di un figlio, un lutto mai elaborato e che li ha allontanati; Ida (Isabella Ragonese) invece trascina stanca la valigia preparata con tanto entusiasmo poche ore prima, quando pensava di trascorrere un weekend da favola con Luca (Matteo Martari), un ricercatore universitario che si trova in un agriturismo del Veneto, con cui forse è appena iniziata una storia e con il quale trascorrerà un giorno e una notte a scambiarsi video e messaggi al telefono.

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Il cinema come spazio del reale

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Il giorno e la notte: un'immagine del film

Che fine hanno fatto i sentimenti mentre eravamo chiusi nelle nostre case? L'amore, l'amicizia, il piacere di innamorarsi? Con Il giorno e la notte Daniele Vicari cerca di rispondere a questi interrogativi e se da un lato ne fa un racconto esistenziale irrompendo negli spazi domestici degli attori che hanno accettato la sfida, dall'altra omaggia il cinema come arte della condivisione, luogo dei sogni e del possibile, che con questa esperienza si riappropria dello spazio dell'immaginazione e del potere salvifico di ogni forma d'arte. Gli attori sono stati il vero fulcro del film: guidati a distanza da una troupe collegata in remoto hanno fatto le prove, preparato le scenografie, provato le illuminazioni, messo a punto il trucco e creato i costumi, ognuno a proprio modo autore e creatore di mondi. Da regista Vicari dà senso a queste esperienze connettendole le une alle altre in un film, che pur cedendo a qualche lentezza di troppo, dimostra ancora una volta l'instancabile vocazione del regista al cinema come territorio del reale e ricerca della verità.

Conclusioni

Non possiamo non ribadire, al termine della recensione de Il giorno e la notte, il valore umano e artistico dell’esperimento in cui Daniele Vicari e tutto il gruppo di attori e tecnici si sono avventurati nel nome di un imperativo: fare cinema nonostante tutto, malgrado i set fossero chiusi, le strade deserte, le vite sospese, le città svuotate. L’arte è resistenza e questo film lo dimostra pienamente, diventando simbolo di un tempo e rilanciando l’esperienza cinematografica come condivisione e connessione con il reale.

Movieplayer.it
2.5/5
Voto medio
2.5/5

Perché ci piace

  • Un film interamente realizzato in lockdown, con un set virtuale e gli attori diretti da remoto, che restituisce al cinema il potere di dare senso al vuoto e alla sospensione dei mesi vissuti in isolamento.
  • Daniele Vicari conferma la sua vocazione al racconto cinematografico come ricerca della verità e indagine del reale.
  • I personaggi si muovono nello spazio claustrofobico delle loro abitazioni o in quello virtuale delle videochiamate.

Cosa non va

  • Il racconto paga il prezzo di qualche lentezza di troppo.