Recensione Le forze del destino (2003)

Vinterberg indossa panni wendersiani nel raccontare l'amore fra due persone, ineluttabile viaggio verso l'epilogo della vita e del pianeta.

Il gelido futuro dell'amore

Fine del mondo e glaciazioni prossime future ricorrono in varie forme nel cinema di questo 2004, anno connotato da preoccupanti crisi economiche e politiche, esorcizzate con approccio catastrofico o intimista, non sempre aperto a un lieto fine. Thomas Vinterberg, regista "dogmatico" in Festen, dichiara apertamente l'abbandono delle regole dettate dal Maestro Lars Von Trier, e indossa panni wendersiani nel raccontare l'amore fra due persone, ineluttabile viaggio verso l'epilogo della vita e del pianeta.

La vicenda si svolge nel 2021. John, giovane docente universitario, giunge a New York per far firmare le carte del divorzio, alla moglie Elena, la più famosa pattinatrice del mondo. Una semplice visita pro forma che avrebbe sancito la separazione fra i due, rivela a John gli strani movimenti di amici e famigliari, alle spalle della consorte al solo scopo di sfruttarne le capacità artistiche. Il sentimento fra i due, destinato a volgere al termine, riaffiora improvvisamente quando John e Elena, scoperto il complotto, intraprendono una fuga segnata dal destino. Un'inesorabile freddo, sta infatti avvolgendo il globo terrestre.

Il taglio autoriale del regista danese, espresso con close-up strettissimi sui personaggi a percepirne le emozioni più tattili, non ha la forza di Festen, sebbene ne mantenga l'estrema freddezza. La gelida atmosfera percepibile nelle relazioni e nei sentimenti, coerente concettualmente a ciò che accade nel macrocosmo planetario in un futuro che Vinterberg si immagina, dovrebbe essere riscaldata dalla forza dell'amore, che al contrario appare sterile e costruito. La pattinatrice che vive e muore sul ghiaccio, la fine delle doppie e triple identità e la presenza di un amico in viaggio su un aereo, al cellulare per l'intera durata del film, mescolano le carte di una fantascienza intellettuale , fino al punto di diventare ridicola nell'immagine degli "Ugandesi sospesi in aria" (un'inquadratura tutta da gustare). Joaquin Phoenix e Claire Danes, di conseguenza, sono congelati nei loro ruoli e invischiati nell'ovvietà della sceneggiatura, in bilico fra thriller e dramma sentimentale.

Le forze del destino (in originale It's All About Love) manifesta velleità di divenire il Fino alla fine del mondo 2.0, ma fallisce il bersaglio a causa di un taglio emozionale accennato e plastificato. La potenza visionaria del film di Wim Wenders, imperfetta ed efficace, qui è assente, e il futuro che non c'è appare tale solo nella voce fuori campo del notiziario che annuncia l'arrivo del grande freddo (ricordate di mettere l'antigelo nel gabinetto - avverte lo speaker) e nel volo a termine del telefonista Sean Penn. Vinterberg ha dichiarato di voler realizzare una fiaba dei tempi a venire. Peccato che la morale sia coperta da una folta coltre di neve.