Recensione La spina del diavolo (2001)

Il connubio tra cinema politico e fantastico è potenzialmente intrigante sulla carta quanto sfilacciato nei risultati. Ne esce fuori un film in fin dei conti piuttosto banale e indeciso tra due strade

Il diavolo tra i Repubblicani

Ne capitano un po' di tutti i colori quando arriva l'estate. Capita soprattutto che le distribuzioni, intente a giocarsi alcuni titoli minori - non per forza i meno interessanti, non per forza gli horror - si mettano a ripescare un film che ha qualche annetto alle spalle. È il caso della MovieMax che, non nuova a tale strategia, punta stavolta sul Guillermo del Toro pre-Hollywood con un film datato 2001 e curiosamente analogo al suo ultimo El laberinto del fauno in concorso all'ultimo festival di Cannes.

Se però non è raro che i registi approdati a Hollywood perdano inventiva e libertà di azione, non è sempre detto che quando abbiano il pieno controllo sfornino chissà quale capolavori. La spina del diavolo ce ne fornisce un'evidente dimostrazione. Film dall'estetica anche personale (nessuno lo nega) ma soprattutto racconto tragicamente inconcludente, sconclusionato e anche piuttosto tedioso, nonostante alcune interessati trovate visive rendano meno scalpitante la visione. Ad ogni modo se La spina del diavolo non è il miglior film di del Toro prima maniera (a cui è preferibile almeno Mimic) è sicuramente l'opera che meglio sintetizza le sue ossessioni "horror-politiche", nonché una certe predilezione per il fiabesco. Elementi che comunque non fanno e non hanno mai fatto del regista messicano un nome di rilievo.

Il film è ambientato nella Spagna del 1939, in piena guerra civile; al centro delle vicende Carlos, un giovane ragazzo, figlio di un eroe Repubblicano morto in guerra, dato in affidamento a un orfanotrofio dissidente al franchismo. Il contesto politico è però solo la cornice di un'opera incentrata sulle malefatte impunite di un ragazzo cresciuto tra quelle mura. Molti anni prima infatti si è consumato un tragico delitto: l'elemento scatenante l'aspetto soprannaturale delle vicende.

Il connubio tra cinema politico e fantastico è potenzialmente intrigante sulla carta quanto sfilacciato nei risultati. Ne esce fuori un film in fin dei conti piuttosto banale, indeciso se prendere la strada certa ma troppo battuta del genere, o quella dell'esperimento vagamente autoriale e ostentatamente irrisolto. Trascurabile.