Recensione La ragazza delle balene (2002)

La ragazza delle balene è diventato un piccolo evento cinematografico, forse perché parla di temi molto sentiti come l'emarginazione, il pregiudizio, il rapporto tra adulti ed adolescenti o forse soltanto perché è un buon film, che combina bene leggenda e mondo reale.

Il destino di Pai

Tra leggenda e realtà Niki Caro ci proietta nel modo dei Maori, i primi colonizzatori della Nuova Zelanda, e del loro capostipite che, come racconta la leggenda, raggiunse le coste dell'isola sul dorso di una balena, dopo che la sua canoa era affondata.

E la tradizione vuole che da allora il capo della tribù sia un uomo, scelto tra i primogeniti delle famiglie del villaggio: al centro di questo bel film, tratto da un libro dello scrittore neozelandese di origine Maori Witi Ihimaera , c'è una ragazzina, Paikea, interpretata da una bravissima Keisha Castle-Hughes.
Gemella di un predestinato, che però muore con la madre durante il parto, Paikea trascorre la sua infanzia a scusarsi di essere sopravvissuta soprattutto con il nonno Koro (Rawiri Paratene), capo tribù frustrato per la mancanza di un nipote maschio e dal fatto che il papà di Paikea, dopo la morte della moglie, per il dolore si sia rifugiato all'estero, dove è diventato uno scultore di successo, sfuggendo al suo destino da predestinato.
Pai, al contrario del padre, resta legata al suo mondo e alle tradizioni Maori , e per questo decide di non seguire il padre il Germania e impara invece ad usare le tecniche di combattimento con la taiaha e i canti Maori; tutto questo di nascosto, perché il tutto va contro le tradizioni custodite gelosamente e testardamente dal nonno, che solo alla fine capirà che anche le tradizioni possono cambiare e che il predestinato può essere una donna che ha dentro di se tutta la fierezza di un popolo.
Saranno le balene ad aiutare Pai a conquistare il rispetto del nonno, così come furono le balene ad aiutare l'antico avo a raggiungere le coste della Nuova Zelanda.

Dopo il bel Once Were Warriors - Una volta erano guerrieri del 1995, a quasi dieci anni di distanza il grande cinema ritorna in Nuova Zelanda e nella terra dei Maori, in particolare nella costa orientale di Whangara. Anche in questo film, come nel film di Lee Tamahori, si percepisce l'isolamento di un popolo che qui però non è sinonimo di degrado, ma di voglia di riscatto mantenendo quelli che sono i valori e le tradizioni millenarie. Siamo quindi lontano dalle atmosfere del film del 1995, qui non c'è violenza e la birra non è sinonimo di alienazione.

La ragazza delle balene è un film delicato che si snoda attraverso il racconto della piccola Pai, che ci conduce per mano in un mondo a noi quasi sconosciuto e ci svela le sue tradizioni. Il film scorre via veloce, accompagnato da una fotografia eccezionale, particolarmente efficace nel momento del ritrovamento delle balene arenate sulla spiaggia ed una colonna sonora scritta da Lisa Gerrard vincitrice di un Golden Globe per la colonna sonora de Il gladiatore.
La ragazza delle balene è diventato un piccolo evento cinematografico. Premiato al Sundance Film Festival, a Toronto e a San Sebastian,, forse perché parla di temi molto sentiti come l'emarginazione, il pregiudizio, il rapporto tra adulti ed adolescenti o forse soltanto perché è un buon film, che combina bene leggenda e mondo reale, o forse perché l'alchimia del cinema fa si che ogni anno delle piccole pellicole senza grossi nomi e grossi budget riescano ad arrivare al cuore dello spettatore e a creare emozioni che restano.