Il compagno americano: parlano regista e attori

Alla conferenza stampa seguita alla presentazione del film, a Roma, la regista Barbara Barni e gli interpreti principali ci raccontano genesi e curiosità su questa interessante pellicola.

"E' stata una mia scelta precisa, quella di dividere il film in due 'tronconi'", dice la regista Barbara Barni alla conferenza stampa seguita alla presentazione del suo film. "All'inizio stavamo raccontando il cinema degli anni '40, le commedie dei 'telefoni bianchi', un cinema di evasione. In questi film c'era un frequente uso della camera fissa, una concezione dell'inquadratura molto classica, ed ho voluto riprodurre questi elementi nella prima parte del mio film. Nella seconda parte, invece, quando Hogan porta il film 'in strada', c'è un uso più 'sporco' della macchina da presa, e un ritmo diverso: con questo stacco ho voluto sottolineare il passaggio da un modo di fare cinema ad un altro." Alla domanda se, alla luce della recente sortita del Presidente del Consiglio sul presunto carattere "morbido" della dittatura fascista, il film possa essere letto in qualche modo come una conferma di queste tesi, la Barni è categorica: "Assolutamente no. Spero sia emerso che il film fa una condanna netta di quel regime, e più in generale punta il dito contro tutti i totalitarismi e gli eccessi delle ideologie. Ho poi voluto mettere in luce, oltre alla mancanza di libertà di quegli anni, anche gli aspetti un po' ridicoli della dittatura: nel film viene evidenziato, ad esempio, come al cinema non si potesse mostrare un italiano suicida perché disonorava l'immagine della nazione; oppure è da ricordare la scena in cui il regista riceve una lettera in cui gli si raccomanda di sottolineare come il Duce fosse l'unico capo di stato capace di andare in motocicletta." Ma nel film non viene evidenziato anche il sostanziale consenso di cui godeva il regime in quegli anni, e come l'antifascismo fosse un fenomeno non marginale, ma di sicuro disorganizzato? "Certo. Tant'è che il nostro Mr. Hogan, giovane rivoluzionario 'sui generis', guardando le folle oceaniche sotto il balcone di Piazza Venezia, o una piccola balilla di nove anni già delatrice per il regime, dovrà ricredersi rispetto alla sua romantica idea di un'Italia che aspetta solo di essere liberata dal sonno in cui l'ha tenuta un crudele dittatore."
Alla domanda su come sia nato l'interesse verso quel particolare periodo, la regista risponde ribadendo lo snodo epocale che vediamo consumarsi nel film: "Mi interessava la riflessione su due concezioni diverse del cinema, sul passaggio da una realtà fittizia, plastificata, 'in bianco e nero', una 'fabbrica di sogni' usata dal regime per addormentare le coscienze, a un cinema che ritraeva la realtà così com'era, senza abbellimenti."
"E' stato divertente interpretare questo personaggio" dice Giulio Base, che nel film interpreta il regista "rivoluzionario" Mainardi. "Si tratta di un regista interpretato da un regista-attore qui solo attore, quindi ho cercato di mettere nel ruolo la mia esperienza in entrambi i campi. Per prepararmi, ho cercato principalmente di leggere, di documentarmi e guardare fotografie di quelli che erano i registi di quegli anni, in primis di personaggi come De Sica, Blasetti e Bragaglia. Il riferimento principale è stato proprio De Sica, in quanto si è trattato di un raro esempio di attore-regista che non era attore del proprio cinema, a differenza della grande maggioranza degli attori-registi italiani: anch'io, come lui, non recito nei film da me diretti, e questo mi fa guardare a lui come punto di riferimento principale."
"Il mio personaggio", dice Nancy Brilli "è convinto di somigliare a Jean Harlow: ha lo stesso gusto nello scegliere i vestiti, la stessa idea di bellezza. I suoi riferimenti possono essere solo estetici, data la sua incapacità di recitare: la sua prima scena ben recitata, infatti, viene fuori involontariamente, in conseguenza di un'arrabbiatura per una tinta di capelli sbagliata. In quel momento, quest'attrice mostra un'anima che lei stessa non sapeva nemmeno di avere."
Anche Tosca D'Aquino è soddisfatta del suo ruolo: "E' un personaggio che è stato molto divertente interpretare, una tipologia di giornalista 'd'assalto' come davvero ce n'erano poche all'epoca. Una donna che si getta nella mischia, che è disposta a tutto pur di scrivere il suo pezzo: un personaggio, se vogliamo, molto 'moderno', attuale."