Il bandito Russell Crowe su Quel treno per Yuma

Il ruvido e affascinante attore australiano è atterrato a Roma per promuovere il film, già accolto calorosamente dalla critica in USA.

Il western è rinato ed è un successo che ha unito per una volta critica e pubblico. Grazie a Quel treno per Yuma, remake dell'omonimo film del 1957 diretto da Delmer Daves, il western è quindi tornato ai vertici dei botteghini americani, rinnovando l'amore per un genere per tanti anni messo da parte dall'industria hollywoodiana. Nella nuova versione del film, ispirato ad una storia di Elmore Leonard, si fronteggiano il cattivissimo Ben Wade (Russell Crowe) ed il fattore squattrinato Dan Evans (Christian Bale), rispettivamente un temibile bandito sanguinario da mandare alla forca e colui che lo condurrà sul treno per Yuma che porterà Ben nelle braccia della morte. Diretto da James Mangold, Quel treno per Yuma uscirà venerdì 19 nelle nostre sale, forte del grande successo che ha ottenuto negli Stati Uniti dove ha incassato oltre 50 milioni di dollari. A Roma per presentare il film c'è Russell Crowe.

Signor Crowe, quali sono i film western ai quali si è ispirato nella lavorazione di Quel treno per Yuma?

Russell Crowe: Il western, soprattutto quello americano, di solito ha un'etica molto semplicistica: i buoni col cappello bianco, i cattivi col cappello nero e simili. Nella preparazione del mio personaggio non ho tratto quindi alcuna ispirazione dal western americano, ma semmai da quelli di Sergio Leone o da quelli australiani. Poi ci sono icone come John Wayne del quale amo in particolar modo quei film con una vena d'umorismo. Alla fine però ho cercato di crearmi da solo il personaggio, partendo dal fatto che fondamentalmente noi non capiamo mai quanto sia realmente cattivo se non negli ultimi due minuti. Tutti hanno paura di lui, ma ci rendiamo conto di quanto sia crudele solo alla fine.

Quel treno per Yuma è il remake di un film del 1957. Quali crede siano gli elementi che differenziano il suo film da quello originale?

Il film originale aveva un budget basso ed era ambientato in un'unica stanza, mentre noi abbiamo ampliato il mondo, cercando di far vedere pezzi di questo viaggio che i due protagonisti intraprendono, non limitandoci quindi soltanto al suo racconto orale. Quando si fa il remake di un film bisogna sempre riflettere su quale sia il materiale di partenza. Non penso che l'originale sia considerabile un classico, ma sicuramente aveva degli ottimi dialoghi che abbiamo cercato di mantenere per quanto possibile. Nel nostro film il rapporto tra i due personaggi è sviluppato molto meglio, non c'è soltanto la leggenda dell'assassino, ma viene mostrato tutto di quello che viene raccontato. Per fortuna non si è dovuto tener conto di quella sensibilità che negli anni '50 aveva trattenuto un po' il film e quindi abbiamo avuto maggior libertà.

Crede che il suo personaggio soffra un po' della Sindrome di Stoccolma?

C'è l'opposto di questa sindrome? Cioè quando è il rapitore che si innamora del rapito? Beh, li chiamano cowboy perché amavano le proprie mucche perciò chi lo sa! A parte gli scherzi, la sensazione che ho io è che il mio personaggio non ha mai avuto problemi con Dan Evans in quanto questi non rappresenta per lui una minaccia reale. Il rispetto viene da sé, poco a poco, perché Ben vede in Dan un uomo che è determinato a portare a termine il proprio lavoro e quindi alla fine tutto vorrebbe tranne la sua morte. Anzi, al termine del film è lui che lo aiuta a riconquistare il rispetto della sua famiglia e del figlio. Gli altri personaggi invece, quelli che Ben ammazza durante il viaggio, rappresentano una minaccia e quindi vengono automaticamente eliminati. Comunque sia, quando mi chiedevano della Sindrome di Stoccolma pensavo c'entrasse qualcosa con gli Abba, ma evidentemente sbagliavo!

Lei spesso cura l'abbigliamento dei personaggi che interpreta. E' stato così anche per il cowboy Ben Wade?

Voglio sempre dare il mio contributo circa quello che il mio personaggio deve indossare. La caratterista chiave di Ben Wade è che è molto bravo a fare ciò che fa, cioè il bandito, e perciò non ha bisogno di vestirsi come un povero cowboy. Lui ha una fazenda grandissima dove conduce una bella vita grazie ai quattrini che ha rubato fino a quel momento. Oltretutto è sempre vestito adeguatamente sia quando va in campagna per derubare i treni che quando si reca in città, eppure viaggia sempre leggero, con un solo cambio! Il materiale di cui sono fatti questi vestiti è di ottima qualità. Quello che abbiamo sempre tenuto presente è che lui è un uomo di successo e diversamente da altri banditi dei vecchi western anche l'abbigliamento mostra che ha una certa disponibilità di denaro, tanto è vero che sull'impugnatura della sua pistola ha un crocifisso d'oro. Il fatto che abbia scelto di indossare un cappello diverso dal classico cappello del cowboy ha creato molta costernazione, ma lui indossa abiti rappresentativi di questa dualità: da una parte il bandito, dall'altra l'uomo ricco che si aggira per la città.

Oggi c'è una riscoperta del cinema western, forse anche grazie alla rassegna che l'ultima Mostra del cinema di Venezia ha dedicato al western all'italiana. Cosa pensa della rinascita di questo genere?

I western realizzati recentemente non hanno una storia o una prospettiva originale. La cosa che mi piaceva di questo film è che la storia è completamente diversa rispetto a quello a cui siamo abituati. Il personaggio di Christian Bale si trova nella situazione di poter cambiare il proprio destino e deve combattere per farlo, quindi è un personaggio decisamente intrigante. L'interesse nel realizzare i film western c'è tuttora ma ci dev'essere anche la voglia di realizzare storie originali. Il western ha alcuni elementi comuni, per esempio il fatto che il paese a quei tempi si stava aprendo al progresso, come testimonia l'arrivo della ferrovia che c'è in molti film del genere. Alcuni elementi quindi sono simili di trama in trama ma quello che mi interessa quando vedo un film è ciò che c'è nel cuore delle persone e di conseguenza vorrei trovare quest'aspetto anche nei film western.

A breve sarà sui nostri schermi con un'altra pellicola, American Gangster di Ridley Scott. Le è piaciuto più interpretare il cattivo un po' filosofo di Quel treno per Yuma o il poliziotto buono e alquanto noioso del film di Scott?

Non credo che Richie, il personaggio che interpreto in American Gangster, sia poi tanto buono. Certo, a rubare non ruba, però la patta dei pantaloni non la tiene chiusa e quindi forse così integerrimo non è. E' banale dire quale dei due personaggi mi sia piaciuto di più interpretare, perché quello che mi affascina sono gli esseri umani per quanto contorti, strani, belli, onorevoli possiamo essere mettendo insieme tutte le nostre caratteristiche personali.

Quali sono i suoi prossimi progetti?

Sto girando un altro film per la regia di Ridley Scott e con Leonardo Di Caprio. Si intitola Body of Lies e parla di un giornalista reduce dall'Iraq che viene assoldato dalla CIA.