Recensione Broken Flowers (2005)

Broken Flowers non è il miglior film di Jarmush, ma è un'opera imperfetta ma emozionante, in grado di regalare momenti altissimi di cinema.

I fiori del deserto di Don

Don Johnston è un uomo di mezza età, dongiovanni impenitente, ricco grazie ad una non meglio precisata attività legata ai computer. Lo incontriamo nel momento in cui la sua fidanzata lo lascia, stanca dei suoi tradimenti e della sua apatia. E come se questa mazzata non bastasse, Don riceve subito dopo una lettera non firmata da una delle sue tante ex, che gli rivela che ha un figlio ora 19enne che non ha mai conosciuto. Spinto dal suo migliore amico - suo opposto da tanti punti di vista - Don parte per un viaggio che lo porterà a fare visita alle quattro donne che potrebbero essere la madre del ragazzo, cercando di scoprire la verità sulla faccenda.

In Broken Flowers, Jim Jarmush media la sua estetica e la sua poetica cinematografica con quelle provenienti da molto nuovo cinema americano: il riferimento più immediato - sia per i temi che per il ruolo del protagonista ed il suo interprete, uno splendido Bill Murray - è quello a Lost in Translation - L'amore tradotto, sebbene i due film siano molto differenti tra di loro. Se il Murray del film di Sofia Coppola è un uomo alle prese con una "normale" crisi di mezza età e con la solitudine, che trova il modo per aprire un varco di comunicazione che lo porterà a ritrovarsi, in Broken Flowers il suo personaggio è quello di un uomo che improvvisamente si trova di fronte al passato che ha lasciato orfano, all'incompiutezza della sua vita, alle distrazioni che gli hanno fatto dimenticare affetti e certezze. Il viaggio di Don è evidentemente un viaggio esistenziale, non mirato al recupero del rapporto con le donne che incontra - che siano sole o meno, appagate o meno - ma alla ricerca della verità su quel figlio misterioso, quell'unico elemento che potrebbe incarnare la prova di una vita costruttiva, creatrice, tesa al futuro. E Don è l'emblema di tutta una generazione che si è resa conto improvvisamente che la costruzione del benessere economico e il godimento dell' here and now non bastano per compensare un mondo di cose e persone trascurate, dimenticate, lasciate orfane.

Film obliquo e delicato, Broken Flowers parte in maniera incerta per poi crescere fino ad un climax straordinario. Ma quelle che potrebbero sembrare incertezze cinematografiche e registiche forse altro non sono che le incertezze e le instabilità del suo protagonista, un protagonista che più prosegue nel suo viaggio più realizza la struggente, impellente necessità d'identificare, di trovare suo figlio, un figlio, un simbolo che dia senso alla sua vita. Una ricerca che si conclude in un finale vorticoso e struggente, sospeso e lontanissimo da ogni forma di consolazione, dove la ricerca di Don, seppur formalmente sempre fredda e contenuta, si fa emotivamente disperata.

Broken Flowers non è il miglior film di Jarmush - noi gli continuiamo a preferire le atmosfere surreali di Dead Man o la lucida anarchia dei suoi primi film - ma è un'opera imperfetta ma emozionante, in grado di regalare momenti altissimi di cinema, come nel già citato finale. Che poi il film abbia ottenuto il Gran Premio della Giuria a Cannes è ulteriore conferma di come troppo spesso a grandi registi vengano riconosciuti i giusti meriti solo tardivamente, e per opere che non sempre rappresentano le vette del loro lavoro.