Haven: Lo stra-ordinario Lucas

Il pacato Nathan di Haven esibisce le fattezze dell'esuberante Lucas Bryant, che illustra l'evoluzione del suo personaggio nella seconda stagione della serie SyFy.

Su Steel-Syfy la seconda stagione della serie soprannaturale Haven approfondisce le personalità dei suoi protagonisti, senza abbandonare la ricerca della verità circa i sensazionali misteri della cittadina e dei suoi abitanti dai tanti "problemi". Tra le novità, la partecipazione di un irresistibile (per tutti, ma non per l'iperattiva Audrey, almeno all'inizio) Jason Priestley e dell'altrettanto affascinante Vinessa Antoine. Entrambi contribuiscono a tingere di rosa la serie e le vite di un paio di protagonisti. Qualche cambiamento anche per l'agente Wuornos: a spiegarci questa evoluzione è il suo interprete, il bel Lucas Bryant.

In questa stagione si esplora di più la personalità del tuo personaggio e il suo passato.
In Haven nessuno è quello che sembra, sono tutti impostori. Il padre di Nathan non era chi diceva di essere, e quest'anno il mio personaggio prende il suo posto a capo della polizia locale, imparando a fare affidamento su se stesso e soprattutto a fare le cose in modo diverso rispetto al genitore. Si rende conto che le azioni del padre, per quanto prima gli sembrassero assurde, adesso hanno un senso.

Quali sono i cambiamenti più significativi del tuo personaggio nella seconda stagione?
Lui non cambiava, restava sempre lo stesso, giorno dopo giorno. La seconda stagione rappresenta l'emancipazione di Nathan Wournos, sta diventando la persona che è veramente. Prima, suo padre gli stava sempre intorno nascondendogli le cose; adesso che suo padre non c'è più, Nathan deve decidere se restare e cercare di capire cosa accade veramente in città e in questo modo scoprire anche chi è lui veramente, rendersi conto di cosa lo rende un buon capo e un buon amico. Sta acquisendo la sua vera identità.

Tra te e Nathan ci sono punti in comuni?
No, non credo, ma mi piace il mio personaggio perché è diverso da me che sono una persona più energica. Dico sempre che dalla parte di mio padre sono tutti calmi così cerco di attingere a questa qualità per interpretare Nathan. Mi piace interpretare una persona così riservata, specialmente perché di solito mi danno ruoli più strani, folli, per cui essere Nathan mi permette di provare a trattenere la mia energia.

Come procederanno le cose con Audrey?
Spero in meglio. La nostra amicizia procede alla grande, e più ci accadono cose assurde più capiamo che possiamo contare uno sull'altra. Però per il personaggio di Emily sono in arrivo dei pretendenti e questo può allontanarla da Nathan in un modo, per lui inaspettato, che lo costringerebbe ad ammettere cose che non vorrebbe. Passeranno al livello successivo? Chi lo sa.

Perché secondo te il soprannaturale attrae così tanto?
Forse perché la vita non è poi così interessante, o meglio, diciamo che la gente è sempre attratta dallo straordinario. Specialmente quello di una città come Haven, una cittadina perfetta con una bella comunità di cui piacerebbe a tutti far parte.

Tu ci credi?
Un po' sì. Sono convinto che ci sia di più oltre alla vita ordinaria, cose che non riusciamo a capire. Se credi in questo devi accettare che tutto sia possibile. Per cui, sì, ci credo, ma non in qualcosa di soprannaturale in particolare, non ho mai visto fantasmi ma sono aperto alla possibilità.

È vero che ti sei presentato al provino portando barrette di cioccolato?
Vero. Alcuni hanno apprezzato, gli altri non avevano il senso del gusto. Cercavo di corromperli e ha funzionato, ho avuto il lavoro. Qualcuno era molto confuso, non capiva cosa stava succedendo. Il mio agente mi ha chiesto se fosse vero che era arrivato carico di cioccolata e mi ha redarguito intimandomi di non farlo più. Ripensandoci non so neanche io cosa pensassi, ma quelli sono i miei snack preferiti per cui ho pensato che se lì dentro c'erano dei miei simili sicuramente avrebbero apprezzato le barrette e compreso che erano un dono speciale.

Per te che sei canadese, è più facile la carriera in Canada o negli Stati Uniti?
Quando mi sono trasferito negli Stati Uniti ho preso a lavorare molto di più di quando ero in Canada. C'è qualche difficoltà in Canada legata all'industria dello spettacolo, in molto ne hanno fatto esperienza. Quando un canadese va a Hollywood i compatrioti si persuadono che deve essere per forza speciale, per cui lo rivogliono indietro. La cosa non mi tange, accetto il lavoro laddove me lo propongono, ma è senz'altro curioso l'effetto che andare a Los Angeles ha sugli attori, a prescindere da dove provengano.

Com'è la vita dell'attore circondato dagli effetti speciali?
È divertente. E totalmente assurdo. È un atto di fede, devi semplicemente accettare di fare quello che il regista ti dice. Te ne stai lì, a guardare il cielo azzurro e improvvisamene ti urlano "Ti arriva addosso, attento, apri gli occhi... ti sta prendendo un colpo!" ed Emily e io corriamo come dei pazzi sentendoci degli idioti. Eppure se non ti impegni veramente non funziona. Ci metti la tua esuberanza di ragazzino di otto anni e vai avanti così, ma non devi pensarci su troppo o diventa troppo strano.

È una bella prova fare finta di avere di fronte oggetti inesistenti.
Assolutamente sì. Poi però ti tirano addosso rane morte - cercano di usare qualcosa di reale e poi ci aggiungono il resto in digitale con gli effetti speciali - per cui spesso viviamo giorni piuttosto interessanti sul set. Rane e piccioni morti... piace un sacco alla troupe tirarci cose morte addosso!