Recensione Il collezionista di occhi (2006)

Horror decisamente sbrigativo dalla trama esilissima, dopo un energico inizio, Il collezionista di occhi prosegue come un treno nell'esibizione della lunga galleria di violenze efferate e sanguinosi omicidi.

Guardare è peccato

Dopo Jason Vhoorees, Leatherface e Michael Myers, un nuovo serial killer giunge a turbare i sonni tranquilli, e un po' sudaticci, del pubblico nelle notti d'estate: Jacob Goodnight. Nomen omen, Jacob è un mastodontico psicopatico, vittima di una madre ossessiva e di un'infanzia traumatica, che uccide tutti coloro che gli capitano a tiro non prima di avergli strappato gli occhi con le sue unghie appuntite. Ossessionato dal peccato e da ogni forma di trasgressione, Jacob vive nascosto in un enorme, lugubre edificio, il Blackville Hotel, dopo che in uno scontro a fuoco con la polizia è stato ferito alla testa. Ma all'improvviso nell'hotel arriva un gruppo di ragazzi e ragazze costretti a seguire un programma di rieducazione per il reinserimento sociale. Uno dopo l'altro, tutti i giovani faranno la conoscenza di Jacob e delle sue manie religiose e la lotta per la sopravvivenza diverrà la loro unica preoccupazione.

Horror decisamente sbrigativo dalla trama esilissima, dopo un energico inizio, Il collezionista di occhi prosegue come un treno nell'esibizione della lunga galleria di violenze efferate e sanguinosi omicidi. A pensarci bene, lo script potrebbe anche non esistere viste le battute trite e ritrite con cui vengono caratterizzati i giovani detenuti tra cui troviamo il bullo, la sexy svampita, l'hacker, la coppietta, la ragazza dai nervi fragili, presentati con tanto di stopframe, nome e condanna scritti in sovrimpressione nella prima parte del film, quella più "sociologica" in cui la loro uscita dal carcere minorile è scandita dal ritmo del rap come in una pellicola di John Singleton. Dall'entrata nel Blackville Hotel in poi ha inizio il circo degli orrori e tutto ciò che il pubblico si immagina stia per accadere si verifica puntualmente pochi attimi dopo, senza neppure il più piccolo sforzo per creare un minimo di suspance.

Il vero catalizzatore della pellicola è il gigantesco Jacob, interpretato dalla star del wrestling Glen Jacobs (più conosciuto come Kane), tanto spaventoso nell'aspetto quanto taciturno (suoi solo pochi mugugni e qualche urlo durante gli omicidi). Figura decisamente imponente e non priva di qualche fascino per gli amanti dello splatter, il gigante cattivissimo uccide le sue vittime una dopo l'altra nei corridoi bui dell'albergo, e le sue apparizioni non sono neanche particolarmente improvvise. Il vero scopo della pellicola è quello di spingere sul pedale del gore mostrando con dovizia di particolari le fantasiose morti riservate ai giovani malcapitati, dagli sminuzzamenti nell'ascensore all'esposizione a un branco di cani affamati, culmine toccato senza dubbio da Jacob che fa ingoiare alla bionda sexy di turno un telefono che ha squillato nel momento meno opportuno. Parentesi conclusiva alla Psycho in cui, grazie a flashback folgoranti sottolineati da una regia lucida e ritmata in stile videoclip, il pubblico viene a conoscenza delle violenze atroci a cui Jacob è stato sottoposto nell'infanzia. Tutta colpa della mamma, quindi, che gli ha insegnato che "il peccato si legge negli occhi". Peccato per la traduzione italiana del titolo che, cercando di cavalcare il successo di un thriller precedente, ha modificato l'assai più suggestivo originale See no evil.

Movieplayer.it

2.0/5