Gore Verbinski e Abigail Breslin a Roma per Rango

Presentato a Roma il film d'animazione che vede per protagonista un camaleonte-attore in crisi d'identità, piombato per sbaglio in un far west pieno di loschi figuri; nel cast vocale americano Johnny Depp, Isla Fisher e la Little Miss Sunshine Abigail Breslin.

Non è certo l'eroe che ti aspetti. Piccolino, in fondo è 'solo' un camaleonte, con grande occhi perplessi, una camicia a fiori comprata chissà dove (forse dal costumista di Paura e delirio a Las Vegas) e soprattutto con tanti, troppi, dubbi su sé stesso e sulla sua identità. Eppure Rango, la nuova creatura animata nata dalla fervida fantasia di Gore Verbinski, il padre della saga dei Pirati dei Caraibi, ha tutte le carte in regola per coinvolgere il pubblico di grandi e piccoli.

A Roma per presentare la pellicola d'animazione da lui diretta, in uscita il prossimo 11 marzo in 450 copie, Mr. Verbinski, affiancato dalla deliziosa Abigail Breslin, ha messo subito in chiaro le cose. "Desideravo celebrare il western", ha spiegato, e a giudicare dal risultato non possiamo che dargli ragione. Dal saloon, alle ambientazioni polverose da vecchia frontiera, tutto nel film ha il sapore del buon vecchio western (e anche delle sue moderne declinazioni); una sensazione ulteriormente amplificata dalla miriade di citazioni del genere americano per eccellenza, con omaggi a Clint Eastwood e al nostro Sergio Leone (certe inquadrature valgono più di tante parole). E se per fare un eroe grande ci vuole una voce grande, allora il regista di The Ring è andato sul sicuro, scegliendo Jack Sparrow in persona, ovvero Johnny Depp, affiancato in questo compito piacevole da attrici del calibro di Isla Fisher e della già citata Breslin (il suo personaggio, Priscilla, porta lunghe trecce come la Hailee Steinfeld de Il grinta) e da colleghi di tutto rispetto come Alfred Molina, Bill Nighy, Harry Dean Stanton e Timothy Olyphant. Tutti a far da contraltare a questo simpatico camaleonte, costretto da un incidente a lasciare il terrario in cui improvvisava deliranti spettacolini assieme a una Barbie senza testa e a un pesciolino di plastica, e a diventare, suo malgrado, il salvatore di una comunità privata dell'acqua da un sindaco-tartaruga.

Signor Verbinski, come mai ha deciso di mettersi alla prova con un genere così particolare?
Gore Verbinski: Non credo che l'animazione sia un genere, piuttosto la considero una tecnica. Quello che mi ha affascinato in Rango è stata soprattutto la storia, così bella da raccontare. Ecco, ci è sembrato il tempo giusto per proporla. Penso che la pellicola sia un'opera che ci farà autoriflettere. Guardiamo il protagonista, l'eroe. E' interessante che sia un camaleonte e soprattutto che sia un attore, uno che crede che la vita sia un enorme palcoscenico. Volevamo un personaggio diverso, uno che ha sfaccettature e crisi esistenziali. Era lui il nostro timone. E' dalla ricerca d'identità di Rango che abbiamo costruito tutto il film. E mi fa piacere che il risultato finale sia un qualcosa di completamente diverso rispetto ai classici canoni del film d'animazione. Spiace dirlo ma in certi casi ci troviamo davanti a prodotti che sembrano degli Happy Meal confezionati ad uso e consumo di mamme e bambini. Ancora non riesco a capire quanto la nobile arte di Ralph Bakshi e Ray Harryhausen abbia iniziato a peggiorare. E' stato positivo non avere un'esperienza pregressa, così siamo riusciti a dare grande complessità ai personaggi. Sono sempre stato convinto che Rango non avrebbe potuto mai essere un film tradizionale, perché le classiche espressioni non avrebbero potuto esprimere la profondità del viaggio interiore che compie il protagonista. Solo il primo anno e mezzo di lavorazione lo abbiamo passato facendo una vera e propria jam session con disegno a matita e voci.

Rango è anche un western...

Gore Verbinski: Beh, io volevo proprio celebrare il linguaggio del western. In questo sono stato aiutato anche dalla musica e più in generale dai suoni che per me sono fondamentali. Mi sono chiesto molte volte come sarei riuscito a rendere contemporaneo un genere così particolare. In poche parole avrei dovuto essere innovativo e classico al tempo stesso. Così ho tratto ispirazione da Sergio Leone. E anche dai cartoon di Tex Avery. Ecco, quando penso ai film d'animazione non penso certo ai cartoni animati, ma in questo caso alcuni elementi esilaranti hanno proprio come riferimento i cartoon. Non mancano però gli aspetti più seri. Ogni personaggio ha una storia dietro di sé, magari non la raccontiamo ma sappiamo che è successo qualcosa, come al povero coniglio che ha perso l'orecchio.

Secondo lei perché adesso il western è tornato di moda? Il riferimento è al Grinta dei fratelli Coen...
Gore Verbinski: E' una coincidenza interessante. Forse il western è il modo più pulito per raccontare una fiaba. Forse le nostre vite sono diventate così piene e complesse che solo nel deserto del far west possiamo fare chiarezza su di noi e rispondere a certi interrogativi. Ad esempio, quando ci siamo arresi? Quando abbiamo abbandonato la nostra individualità in nome dello sviluppo? Forse ognuno di noi, grazie a questo genere così peculiare, torna indietro a quando tutto era più semplice. Il western è stata la giusta chiave per rendere introspettiva la storia di Rango, che è diventata la figura adatta a raccontare questo percorso.

Ha paura che il film possa non essere apprezzato dal pubblico di giovanissimi? Che ci siano troppi riferimenti cinefili che possono sfuggire ad una platea così particolare?

Gore Verbinski: Non sono d'accordo. Rango è una lasagna a più strati e credo che sia bello vedere i ragazzi così coinvolti, anche se non conoscono alla perfezione le varie citazioni. In un certo senso vedono il film senza problemi esistenziali e fino a questo momento hanno risposto alla grande. Certo, se siete cinefili c'è qualcosa di più e vi potrete gustare anche un certo humour irriverente. E' bello parlare a pubblici diversi, celebrando la narrazione da una prospettiva nuova.

Nel film, oltretutto, si parla di morte, un argomento considerato ostico per il pubblico dei piccoli...
Gore Verbinski: E lo facciamo puntando sul contrasto. Non è detto che un film per bambini non possa affrontare questo argomento. Pensiamo alle favole dei fratelli Grimm o anche a Bambi. Sono storie in cui si parla della fine di qualcosa, della sconfitta dell'eroe. La morte non è il Santo Graal, certo, devi presentarla in maniera adatta. Penso alla battuta di Priscilla che chiede in continuazione a Rango di regalarle gli stivali dopo che sarà morto. Questo è quello che intendevo quando parlavo di contrasto.

Abigail, avete lavorato in modo completamente diverso rispetto ad un film d'animazione 'classico', vero?
Abigail Breslin: Sì, non eravamo nella classica sala di registrazione, davanti allo schermo cercando di rientrare nei tempi previsti con le nostre battute, ma abbiamo recitato tutti insieme. Sembrava davvero di stare in un film d'azione, perché si poteva recitare guardando la reazione dell'altro, come si muoveva, con un risultato finale molto naturale. Posso dire davvero che ad un certo punto mi ero proprio scordata di essere in un film d'animazione, ed è stata un'esperienza straordinaria.
Gore Verbinski: I venti giorni di registrazione sono stati il vero spettacolo del film. Era bello vederli recitare assieme.

E del tuo personaggio cosa ci dici, ti somiglia un po'?
Abigail Breslin: Lei non è decisamente il personaggio più glamour del mondo, è diversa da tutti gli altri e l'ho interpretata esattamente come pensavo che fosse. Per questo le ho anche dato l'accento del sud. All'inizio era un carattere piuttosto oscuro e non si lasciava ben comprendere, ma è molto diversa da come sono io.

Lo hai detto, Priscilla non è il non plus ultra della bellezza, così come gli altri personaggi. Che effetto ti fa tutto questo?
Abigail Breslin: Questa è stata la cosa meravigliosa dei personaggi del film. E' vero, in genere negli altri film d'animazione i protagonisti sono tutti carini. Qui, invece, sono brutti, ma sono anche buffi e bizzarri e nonostante il loro lato oscuro sanno essere molto dolci.

Ti piacciono i film d'animazione?
Abigail Breslin: Certo! Una mia amica dice che mantengono giovani. Ho amato moltissimo la Sirenetta, mi sembrava di essere e mi è piaciuto molto Toy Story 3 - La grande fuga.

La tua è stata la gavetta dei cosiddetti bimbi prodigio. Quanto è stato difficile per te sopportare il peso di una simile responsabilità?
Abigail Breslin: E' indubbio che ti senti sotto pressione, lo ammetto. Ma se pensi che al mondo ci sono cose più serie, tutto si ridimensiona un po'.

Sei stata candidata all'Oscar per Little Miss Sunshine, e quest'anno in lizza per una statuetta ci sono due giovani attrici come Hailee Steinfeld e Jennifer Lawrence. E' un caso o le parti migliori arrivano proprio in questa fascia d'età?
Abigail Breslin: Io penso che ci siano grandi ruoli ad ogni età. Certo, più si cresce e più si hanno possibilità di fare cose importanti. Per esempio, se mi chiamasse Danny Boyle andrei di corsa. Ho amato alla follia The Millionaire...

E com'è stato lavorare con Johnny Depp?

Abigail Breslin: Beh, lo chiedete ad una vera fan dei Pirati dei Caraibi. E' stato semplicemente meraviglioso.

La domanda la giriamo anche al signor Verbinski...
Gore Verbinski: Con Johnny siamo amici ed è bello lavorare con un vecchio amico. Anzi, il personaggio di Rango è stato fatto su misura per lui. Il regista e l'attore devono avere un rapporto speciale perché così si può scoprire quel qualcosa di inaspettato che un interprete può dare. Allora sì che può diventare coraggioso nella sperimentazione di cose nuove. Un regista poi deve sorprendere l'attore, è questa la vera sfida che noi raccogliamo quando facciamo un film.

Ha mai pensato al 3D per il suo Rango?
Gore Verbinski: Sì, se n'è parlato ma in tutta sincerità non mi sembrava che al film mancasse una dimensione, così è stato deciso che non avremmo perso nulla. Forse in futuro potrei anche lasciarmi tentare, in ogni caso dovrebbe essere pertinente alla storia. Sennò diventa solo un trucchetto.