Good Omens, parla David Tennant: “Crowley pensa di essere veramente figo!”

L'intervista a David Tennant e Michael Sheen per Good Omens, fantastica coppia di protagonisti della serie Amazon Prime Video scritta da Neil Gaiman.

David Tennant Michael Sheen Good Omens
Good Omens: David Tennant e Michael Sheen presentano la serie a Londra

Due grandi interpreti sono il cuore di Good Omens, la serie Amazon Prime Video disponibile dallo scorso 31 Maggio. Sei episodi, tutti scritti da Neil Gaiman, co-autore del romanzo originale con Terry Pratchett, in cui David Tennant e Michael Sheen interpretano rispettivamente il demone Crowley e l'angelo Aziraphale, impegnati a fermare l'Armageddon e la fine di un mondo al quale si sono affezionati nel corso dei millenni. Due personaggi agli antipodi che poco per volta smussano gli angoli e si avvicinano l'un l'altro, diventando amici e sviluppando un rapporto di co-dipendenza che loro stessi descrivono come quello di una coppia sposata. Dinamiche da rom-com sui quali li abbiamo interrogati nel nostro incontro a Londra della scorsa settimana, durante il quale i due attori britannici hanno dimostrato la stessa sintonia e alchimia, facendoci capire quanto possa essere stato naturale per loro ricreare su schermo la bellissima relazione tra Crowley e Aziraphale (qui la nostra recensione di Good Omens in cui ne evidenziamo il valore) che emergeva già della pagine del romanzo datato 1990.

Tra angelo e diavolo

David, qual è stata la tua ispirazione per l'aspetto di Crowley? Sembra un po' Jagger a volte...

David Tennant: Credo che gli piaccia pensare di essere come Jagger, di essere figo come lui immagina. Perché lui è convinto di essere molto figo. È sempre difficile spiegare a posteriori come si è arrivati a fare qualcosa, capita un po' per caso e istintivamente. Metti un paio di jeans e ti senti in un certo modo, ti fai influenzare dalla scena, da come i personaggi reagiscono l'uno all'altro, ed è molto difficile mesi dopo risalire all'origine di un'idea in particolare, perché è l'insieme di un milione di stimoli diversi. L'idea di base, però, è che Crowley pensa di essere veramente figo, questo è stato il mio punto di partenza.

Su schermo siete una coppia fantastica, come avete lavorato a questa intesa così efficace? Avete fatto qualcosa di particolare? Siete partiti dal testo? Come è andata?

David Tennant: Sicuramente tutto inizia dallo script, e dal libro ancora prima, è da lì che questi due personaggi prendono vita.

Michael Sheen: La dinamica tra i due è descritta così bene già nelle pagine del libro ed è uno dei motivi per cui la gente lo ama così tanto. Per questo il nostro lavoro come attori è di essere aperti a ciò che fa l'altro e reagire a quel che accade, senza fare l'errore di essere troppo rigidi e pensare "io farò così, non importa ciò che fa lui". Ovviamente hai delle idee su come dovrà essere il personaggio, ma devi essere aperto al lavoro dell'altro, rimbalzare idee da uno all'altro e sperare che ciò che è scritto prenda vita.

Su schermo, più che su carta, si percepisce una dinamica da coppia spostata. Avete giocato su queste sfumature da commedia romantica?

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Michael Sheen: Mi chiedevo "come posso interpretare un angelo? Non conosco nessun angelo?" e cercavo qualcosa con cui poter entrare in sintonia. È un personaggio che ama, ci sono momenti nello script in cui dice "sento amore nell'aria", e se un personaggio del genere ha un nemico, come si pone nei suoi confronti? Forse semplicemente si innamora di lui, anche se in modo non sessuale. Questo è stato il mio punto di partenza nel costruire il personaggio e da qui deriva questa dinamica da commedia romantica.

David Tennant: E ognuno di loro non ha che l'altro a cui affidarsi. Questo aspetto è centrale nel capire loro e il loro rapporto. Sono abbandonati dai rispettivi capi, non si sentono più tipici del loro ambiente, ma non sono nemmeno degli esseri umani. Hanno solo l'altro che può condividere la comprensione di come sia essere una creatura del genere, che vive per l'eternità, può fare magie e deve restare nell'ombra. È una relazione di co-dipendenza, hanno bisogno l'uno dell'altro per sopravvivere.

Divertimento britannico

L'umorismo di Good Omens è molto britannico, avete pensato di tenerlo a bada in qualche modo?

David Tennant: La scrittura di Neil e Terry si inserisce perfettamente nella grande tradizione inglese e c'è sicuramente un gusto alla Monty Python e Douglas Adams, ma è una storia molto universale. C'è il cosmico e universale che si scontra con la grande tradizione inglese.

Michael Sheen: Infatti inizialmente Terry Gilliam era interessato a portarla sullo schermo, che viene direttamente dai Monty Python e da quella tradizione britannica.

È la prima esperienza di Neil Gaiman come showrunner, pensate che sia un ruolo che gli si addice?

Michael Sheen: Non riesco a immaginare come sarebbe potuto essere questo lavoro con qualcun altro alla guida.

David Tennant: Penso che abbia dovuto farlo, che abbia sentito di essere obbligato a farlo per tutte le difficoltà che lui e Terry hanno affrontato per questo adattamento. Penso che Good Omens avesse bisogno della sua visione unica, chiunque altro nell'adattarlo avrebbe cercato di rendere meno folle, più normale, più simile a una comune serie TV.

Michael Sheen: Ha avuto il coraggio di apportare i cambiamenti necessari per passare da un mezzo all'altro, di modificare quelle cose che funzionavano su carta ma non avrebbero funzionato su schermo. E solo lui poteva avere la sicurezza e conoscenza necessaria per poterlo fare essendo il co-creatore della storia, solo lui poteva prendere il rischio di aggiungere cose nuove e mantenere la nostra fiducia. Era lì con noi tutti i giorni e ci ha aiutati a essere sicuri di ciò che stavamo facendo.

Pensavo al terzo episodio, è stato divertente travestirsi e trasformarsi per adattarvi ai diversi periodi storici?

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Good Omens: Michael Sheen e David Tennant in una scena della serie

David Tennant: Oh sì, è stato divertente in modo osceno!

Michael Sheen: Sono i momenti che non vedevamo l'ora di girare, perché tutte quelle sequenze erano sparso lungo tutta la fase di riprese. Non c'era momento che aspettassi di più di vedere David uscire dal suo camerino con una acconciatura diversa e un altro look folle, mentre io ero più o meno sempre simile in modo noioso.

David Tennant: Variazioni dello stesso tema gioioso. Ognuno di questi frammenti è uno sketch perfetto e insieme diventano la storia di questa relazione che si sviluppa lungo i millenni.

Michael Sheen: È stato già soddisfacente leggerlo nello script, ho pensato subito "adoro questa idea! Non vedo l'ora di lavorarci!" Anche se alcune sono state pensati da girare, divertenti da fare per un giorno, ma bene che non siano andate oltre. Non avrei voluto girare tutta la serie in armatura, per esempio, una scena è più che sufficiente. David, però, ha avuto modo di sfoggiare degli occhiali da sole fantastici!

David Tennant: Sì, ho cercato di reinventare gli occhiali da sole nella storia dell'umanità!

Michael Sheen: Secondo me c'è materiale a sufficienza per uno spin-off sulla tata e il giardiniere.

Good Omens e il mondo di oggi

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Good Omens: Michael Sheen con David Tennant durante una scena

Come pensate che questa polarizzazione tra bene e male rifletta la situazione politica di oggi?

David Tennant: Fin troppo bene! Preoccupantemente bene, nel senso di Apocalisse imminente. Possiamo sentirla nell'aria questa contrapposizione netta tra forze polarizzate, come Inferno e Paradiso, e chiunque può trovarcisi in mezzo.

I vostri personaggi esistevano prima del giardino dell'Eden? Vi siete chiesti da quanto fossero in giro?

Michael Sheen: Credo che prima dell'Eden ci fossero il Paradiso e l'Inferno e suppongo che noi vivessimo lì.

David Tennant: La prima volta che appaio, lo faccio trasformandomi da un serpente ed è la prima volta che prendo forma umana, perché è anche la prima volta che ne vedo uno.

Michael Sheen: La cosa interessante è che non c'è niente di umano in noi, ma alla fine diventiamo più umani di loro. I nostri sono due personaggi molto incompetenti, non molto capaci in ciò che devono fare, poco rappresentanti delle squadre di cui fanno parte, ed è in questo che diventano più strani e umani di molti di essi.