Recensione L'amore è eterno finché dura (2004)

Come nei suoi film più riusciti, Verdone cerca di riscoprire la sua vena malinconica, quasi crepuscolare, anche se nell'occasione non ci riesce fino in fondo.

Gioco delle coppie in agrodolce

La bella notizia è che Carlo Verdone, con L'amore è eterno finchè dura, sembra aver definitivamente abbandonato le commedie sguaiate e coatte che ne hanno contraddistinto una parte della carriera, prendendo definitivamente la strada delle commedie corali in agrodolce, che nonostante un tocco leggero e divertente cercano in qualche modo di raccontare le debolezze dell'animo umano. Infatti, dopo le nevrosi collettive e le terapie di gruppo di Ma che colpa abbiamo noi, il regista e attore romano punta su un altro tema stuzzicante, l'amore che viene e che va e l'estrema difficoltà di rendere stabile un rapporto.

La cattiva notizia invece è che tutto il film sembra pervaso da una sorta di doppio deja vu. Il primo aspetto riguarda il tema: la crisi della famiglia e della coppia, l'amore così difficile da rendere eterno, è un tema trito e ritrito, soprattutto dal cinema italiano, anche negli ultimi tempi. Non è un caso che in molti momenti L'amore è eterno finchè dura fa inevitabilmente pensare a Ricordati di me, anche perché Laura Morante fa quasi esattamente la stessa parte. Il secondo aspetto di già visto riguarda lo stesso Verdone, che ancora una volta non riesce a trovare per tutto il film il giusto equilibrio tra ironia e malinconia, un cocktail del resto difficilissimo da dosare per due ore.

La storia è semplice: Gilberto (Verdone) è cacciato di casa dalla moglie (Morante) dopo aver subito un imbarazzante interrogatorio in questura, in presenza della stessa moglie, riguardo una serata speed-date (una sorta di giochino per chi desidera trovare un partner in tre minuti) a cui aveva partecipato. A cinquant'anni Gilberto va a vivere a casa di una coppia di amici, Carlotta (Stefania Rocca) e Andrea, ma poco dopo scopre che la moglie ha un amante (Antonio Catania). Da quel momento si innesca un vorticoso girotondo di amori appena abbozzati, finiti prima di cominciare veramente, nella vana ricerca di trovare il vero partner ideale, di rimettersi in gioco a qualsiasi età. In realtà è tutto un vortice di sogni e illusioni che durano pochissimo, l'insoddisfazione è continua, il disagio di confrontarsi viene sempre a galla. Il risultato è l'impossibilità di accettare veramente l'altro quando vengono alla luce tutti i suoi difetti e le sue meschinità. Il tutto, ovviamente, non dimenticando che nella sostanza è un film divertente, e a tratti Verdone, sfruttando soprattutto la sua mimica, appare irresistibile.

Tirando le somme, come nei suoi film più riusciti (su tutti Compagni di scuola), Verdone cerca di riscoprire la sua vena malinconica, quasi crepuscolare, anche se nell'occasione non ci riesce fino in fondo. Lo sforzo infatti è certamente apprezzabile, ma la ricetta del film era già chiarissima anche senza il biglietto scritto dalla moglie e senza il comizietto della figlia, che sembrano appiccicati lì apposta per spiegare la morale. Il finale dolceamaro è comunque interessante, peccato che in tutta la seconda parte Verdone perda un po' il filo della matassa. Tanto che a lungo andare, il vorticoso rondò amoroso sembra trasformarsi in un ben più superficiale gioco delle coppie.

Movieplayer.it

3.0/5