Generazione 'California Dreaming'

'The O.C.' si dipana con un ritmo incalzante ed efficace, coinvolgendoci negli intrighi e nelle tresche che si susseguono in una comunità di ricchi benpensanti il cui sport preferito è complottare gli uni alle spalle degli altri.

Alcuni di noi credevano che l'era dei telefilm sugli adolescenti ricchi si fosse conclusa con Beverly Hills 90210. Almeno in parte, ci sbagliavamo. Doppiata infatti la boa di metà anni '90, il genere del "telefilm adolescenziale" aveva dovuto compiere un salto evolutivo per raccontare ansie e i bisogni di una generazione che non si identificava più in un gruppo di ragazzi assuefatti a macchine di lusso e vestiti griffati.
Dopo il declino di Beverly Hills e dei suoi miti, il telefilm della nuova generazione parlava di adolescenti "sfigati" alle prese con la vita monotona di una graziosa ma soporifera cittadina di provincia: Dawson's Creek aveva aggiornato gli schemi, dimenticando le atmosfere glamour e patinate del suo predecessore e celebrando in modo più genuino i patemi della gioventù americana. Era dunque naturale pensare che i tempi dei cocktail party e delle ville con piscina fossero stati accantonati definitivamente.

E per un po' è stato così, almeno fino al giorno in cui è iniziato l'enorme successo di The O.C., divenuto in breve tempo un fenomeno di costume. Bisogna però chiarire che sono molti gli elementi di rottura tra questo telefilm e il suo lontano antenato: è pur vero, infatti, che entrambi ci mostrano mondi fatti di lusso e ostentazione, ma è anche vero che la serie creata da Josh Schwarz non manca di farci riflettere sull'alienazione e il vuoto emotivo che un simile stile di vita si porta appresso.
Oltre a questo, The O.C. cerca di offrirci un ritratto più vivido del disagio sociale provato da molti adolescenti, sia pure affidandolo quasi completamente a un solo personaggio, quello di Ryan Atwood, il giovane sbandato che arriva dalla degradata Chino a Newport, paradiso californiano in cui si svolge l'azione. E soprattutto, l'intera serie tv è attraversata da una pungente ironia e da un continuo gioco di citazioni (cinematografiche, musicali, televisive) che segnano già un'evoluzione rispetto al tutto sommato recente Dawson's Creek, figurarsi riguardo a quel dinosauro primi anni '90 di Beverly Hills 90210.

Ma per capire meglio i punti di forza e le mancanze di The O.C., diamo uno sguardo ai suoi personaggi: il sopracitato Ryan Atwood, ideale protagonista della serie (ma nei fatti surclassato dal comprimario Seth Cohen, il cui interprete Adam Brody è divenuto in breve tempo l'idolo delle teenagers), è un adolescente nato e cresciuto a Chino, uno dei sobborghi più disagiati della California. I guai arrivano quando, un giorno, viene "beccato" dalla polizia mentre aiuta suo fratello maggiore Trey a rubare un'auto. Fortuna vuole però che il suo avvocato d'ufficio, Sandy Cohen, riesca a evitargli la prigione e, come se non bastasse, lo prenda sotto la sua ala protettrice. Sandy è infatti un cittadino più che benestante di Newport, comunità molto agiata della costa californiana. In realtà, i suoi princìpi e il suo comportamento lo fanno sembrare, più che uno yuppie, un hippie che ha fatto fortuna. E così, grazie alla magnanimità del suo avvocato d'ufficio, Ryan Atwood viene adottato dalla famiglia Cohen, i cui membri sono, oltre a Sandy, la moglie Kirsten e il figlio Seth, adolescente brillante ed eccentrico che stenta a inserirsi nella vita sociale del suo prestigioso liceo.
Tra i due ragazzi si stabilisce subito un'amicizia e, superate le iniziali riserve di Kirsten, Ryan diviene a tutti gli effetti un Cohen.
Un'altro importante rapporto è quello che il giovane stringe con Marissa Cooper, acerba bellezza di Newport con alle spalle una situazione familiare meno felice di quel che sembra: il padre, un operatore finanziario reo di aver fatto degli investimenti troppo "azzardati", è nei guai col fisco e con i suoi soci in affari, e questo finisce col mandare all'aria il suo matrimonio con l'affascinante Julie Cooper. Inutile dire che le difficoltà familiari di Marissa non faranno altro che cementare il rapporto con Ryan, rapporto che sfocerà presto in un'appassionata relazione sentimentale. Se poi aggiungiamo che alla neonata coppia Ryan-Marissa se ne affianca subito un'altra, composta da Seth Cohen e Summer Roberts (amica di Marissa e ragazza più popolare della scuola, oltrechè amore d'infanzia di Seth), ecco che abbiamo riunito il nucleo di tutte le vicende che animeranno la vita di Orange County.

Bisogna dire che questo quartetto ha suscitato immediatamente una serie di parallelismi più o meno forzati con Dawson's Creek. Anche quest'ultimo, infatti, fondava la sua narrazione su quattro personaggi "carismatici", Dawson, Joey, Pacey e Jen, intrappolati anch'essi, come i loro "successori", in una fitta rete di relazioni contraddittorie, terreno fertile per gelosie e incomprensioni a non finire. E in effetti, alcune somiglianze tra i ragazzi di Newport e quelli di Capeside ci sono: a tratti Ryan ci ricorda Dawson, forse a causa della goffaggine e delle continue reticenze che contraddistinguono il suo rapporto con Marissa; quest'ultima sembra invece avere delle affinità col personaggio di Joey: a parte l'ovvio divario di reddito (Joey veniva da una famiglia povera), entrambe appaiono come le "anime tormentate" delle rispettive serie, entrambe costrette a sopportare il peso di rapporti familiari destinati a deteriorarsi e a sfaldarsi, entrambe destinate a pagare il prezzo di colpe non loro; Seth Cohen, dal canto suo, risulta non meno sarcastico e lingualunga di Pacey Witter, ed entrambi finiranno col rubare in più occasioni la scena ai loro rispettivi comprimari. Il binomio Summer-Jen è il meno convincente, anche se le due sembrano accomunate da un'ostentata frivolezza che cela al suo interno un notevole acume e una straordinaria sensibilità.

Detto questo, la serie si dipana con un ritmo incalzante ed efficace, coinvolgendoci negli intrighi e nelle tresche che si susseguono in una comunità di ricchi benpensanti il cui sport preferito è complottare gli uni alle spalle degli altri. Tener conto degli scandali che, puntata dopo puntata, sconvolgono la quiete apparente di Newport non è cosa facile: c'è chi scopre di avere un genitore gay, chi di essere gay, chi è costretto a fuggire perché braccato dagli strozzini, chi ha una dipendenza da alcol o da droghe varie, chi tenta il suicidio, chi ha una tresca col preside del proprio istituto, chi sta per finire in prigione, chi ha un passato torbido da nascondere etc. etc.
Spesso questa spirale di scandali sfiora il paradosso, facendo sembrare The O.C. un Dynasty per adolescenti. Ma in fondo è il minimo che ci si può aspettare da un telefilm ambientato tra le leggendarie spiagge della California.
Buona parte del successo planetario che il telefilm ha riscosso è dovuto anche all'inesauribile appeal di questa parte d'America, da sempre mitizzata, in patria come all'estero.

E tuttavia, nel bene e nel male, questa serie tv riesce, almeno in parte, nel suo intento: parlare agli adolescenti, e soprattutto lo fa usando il loro linguaggio, citando i loro miti, suonando le loro canzoni (altro motivo del successo di The O.C. è l'ottima colonna sonora, che ha contribuito tra l'altro a lanciare parecchie band americane), talvolta incoraggiando le loro frivolezze e offrendogli il solito miraggio di benessere made in U.S.A., ma anche, ogni tanto, osservando la loro malinconia, cercando di rispondere alle loro domande, cercando di fargli intravedere qualcosa nella confusione di immagini e colori. Qualcosa che conta davvero, e soprattutto, qualcosa di vero. Non è poco, specialmente se pensiamo agli insulsi e vanitosi ragazzotti di Beverly Hills 90210.