Recensione Pallottole su Broadway (1994)

Pallottole su Broadway è una delle migliori opere realizzate da Woody Allen e affronta la questione basilare della riflessione sull'essenza dell'arte, sui compromessi che si devono necessariamente accettare per sfondare e sulla reale consistenza del talento.

Gangster, pupe e commediografi

David Shayne è un giovane commediografo di belle speranze che fin'ora ha collezionato solo fiaschi. L'occasione della sua vita si presenta quando un gangster si offre di finanziare l'allestimento del suo ultimo copione a patto che venga offerta una parte alla sua amichetta Olive, ballerina di fila dotata di una voce assai sgradevole e di pochissimo talento recitativo. David sceglie la via del successo mettendo a tacere la propria coscienza (e il buongusto), e accettando tutto ciò che gli viene imposto dalla produzione, compreso Cheech, guardaspalle inviato dal boss Valenti per proteggere Olive, che si rivelerà dotato di un enorme talento letterario, assai maggiore di quello che David possiede realmente. Offuscato dal successo, e trascinato nel vortice del rutilante mondo degli attori e delle tournee a Broadway, il giovane commediografo intreccia una relazione con la matura e affascinante prima attrice Helen Sinclair, tradendo e trascurando la compagna di sempre, ma alla fine deciderà di tornare sui propri passi.

Pallottole su Broadway è un piccolo gioiello, una delle migliori opere realizzate da Woody Allen, che affronta la questione basilare della riflessione sull'essenza dell'arte, sui compromessi che si devono necessariamente accettare per sfondare, e sulla reale consistenza del talento. Allen stavolta sceglie di occuparsi unicamente della direzione della pellicola, cedendo la ribalta al suo alter ego, un convincente, sebbene un po' troppo alleniano, John Cusack nei panni del giovane David, scrittore mediocre, inesperto dell'arte scenica, ma anche di quella della vita, pronto a farsi ammaliare dalle sirene del facile successo e a chiudere gli occhi di fronte alle storture più per ingenuità che per reale avidità, che alla fine si rivelerà più saggio di tutto ciò che lo circonda. Dietro la patina brillante della commedia si nasconde un'ironia pungente ed una riflessione acuta: David è l'intellettuale squattrinato di provincia che passa il tempo al tavolino di un bar insieme ad altri colleghi idealisti a riflettere sul senso estetico del teatro ("Cosa salvereste tra l'ultima copia al mondo di un'opera di William Shakespeare e la vita d'un uomo?"), ma che alla fine dei conti è incapace di creare un'opera meritevole senza l'aiuto del genio Cheech (Chazz Palminteri), sgrammaticato ganster di mezza tacca che ha dentro di sé il fuoco sacro dell'arte e che sarà pronto a tutto pur di difendere il suo lavoro.

Incantevoli le protagoniste femminili: Meg Tilly è irresistibile nei panni di Olive, oca giuliva tutta forme e voce sgraziata tanto negata per il teatro quanto incapace di rendersene conto, mentre Helen Sinclair è interpretata dall'attrice feticcio di Allen, Dianne Wiest, qui in veste di diva fatale a metà tra Eleonora Duse e Gloria Swanson, giustamente premiata con l'Oscar per la sua interpretazione. Il mondo del palcoscenico viene ricostruito con dovizia di dettagli e sfrenata fantasia: i bisticci tra gli attori, le prove, la bagarre del dietro quinte, tutto viene rappresentato con eccezionale verve e energica vis comica, intersecandosi con ciò che accade fuori dal teatro, nella New York del Proibizionismo, nei locali scintillanti dimora del vizio e nei vicoli bui dove si consumano i regolamenti di conti tra criminali, tutti perfettamente ricostruiti e fotografati con eccezionale maestria dal maestro Carlo Di Palma. Alla fine, malgrado tutto (o forse per fortuna), lo spettacolo deve continuare, ma voi cosa salvereste tra l'ultima copia di un'opera di Shakespeare e la vita di un uomo?

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4.0/5