Estevez in concorso a Venezia con Bobby

Con l'ex divo del Brat Pack al Lido Lindsay Lohan, Christian Slater, Freddy Rodriguez e Svetlana Metkina

Emilio Estevez, accompagnato da una piccola rappresentanza del numerosissimo cast di Bobby, è giunto al Lido per presentare il suo work in progress che celebra la figura di Robert Kennedy; una pellicola complessa, ancora incompleta, che ha diviso nell'accoglienza da parte della stampa suscitando consensi, ma anche dure polemiche. Insieme al regista gli interpreti Christian Slater, Lindsay Lohan, Freddy Rodriguez e Svetlana Metkina.

Emilio, per anni sei sparito dalle scene sia come regista che come interprete. Che cosa hai fatto in tutto questo tempo?

Emilio Estevez: Ero nella mia cantina lavorando su ciò che volevo fare e dal mio cervello contorto è venuto fuori questo film. Qualcuno ha detto che il film è anacronistico, ma io sento che adesso è il momento di parlare di Robert Kennedy e di ricordare la sua figura, visto tutto ciò che ha rappresentato per gli USA, visto il suo impegno in difesa delle minoranze e della gente comune. Per questo sono molto orgoglioso dell'interpretazione di Freddy Rodriguez che dà un'interpretazione decorosa e dignitosa dei latinoamericani vista la grande mole di immigrati ispanici negli USA.

Come mai il film viene presentato sotto forma di work in progress?

Emilio Estevez: Con Harvey Weinstein ogni lavoro è costantemente un work in progress. Ora ci mancano i titoli di coda e una canzone che farà parte del film è che una sorta di inno sulla speranza, una canzone gloriosa che verrà incisa presto da una cantante famosa, Aretha Franklin o forse Mary J. Blige.

Com'è stato lavorare insieme a Sharon Stone e Demi Moore? E' vero che la Stone non è presente a Venezia perché chiedeva un compenso molto alto per venire?

Lindsay Lohan: Non so il motivo per cui Sharon non sia qui, ma non credo che si tratti di soldi visto che tutti hanno lavorato al minimo compenso pur di partecipare al film. Personalmente sono molto orgogliosa di aver lavorato con questo incredibile cast. Volevo fare questo film, al di là del budget, per crescere e arricchire la mia esperienza. Quando ho incontrato Emilio, vedere un regista così felice del suo lavoro e così fiducioso mi ha convinto immediatamente a partecipare al progetto e penso che il film mi abbia aiutato a migliorare come attrice.

Vi portate dietro dagli anni della giovinezza la fama di cattivi ragazzi. E' cambiato qualcosa?

Christian Slater: L'unico vero cattivo ragazzo qui dentro sono io, Emilio è un santo.

Che tipo di ricerca è stata fatta riguardo l'autenticità del materiale che sta alla base dello script?

Emilio Estevez: Noi tutti sappiamo cos'è successo la sera della morte di Bob Kennedy, i fatti storici, ma quello che interessava a me era focalizzarmi sulle persone comuni che hanno vissuto quel momento per poi trasformarle in emblemi, in figure simboliche. Kennedy parlava di queste persone comuni, per questo mi interessava vedere come è cambiata la loro esistenza. In quel momento la speranza di una nazione è morta e ora stiamo ancora vivendo il lutto. E' vero anche che Kennedy era una figura controversa, coinvolta nel Vietnam e nella crisi di Cuba, ma era anche un politico sexy, carismatico che la gente amava. Oggi per me serve una figura così, che dia nuova speranza alla politica, che attiri le persone, che dia uno sprint alla gente.

L'intento del film è quello di scardinare la visione politica attuale e di criticare il governo Bush?

Emilio Estevez: No, non lo è. Lo script è stato scritto ben prima dell'11 settembre 2001 e della guerra in Iraq. Io volevo ispirare la gente, risvegliarla e richiamarla all'impegno politico.

Gli USA stanno vivendo una profonda crisi. E' possibile una ripresa?

Emilio Estevez: Io credo più nella ripresa dello spirito umano. Noi siamo in lutto e lo dobbiamo vivere fino in fondo perché questo è un processo fisiologico. Ora siamo più cinici e rassegnati, abbiamo bisogno di un leader che scuota le coscienze.

E' vero che hai incontrato Robert Kennedy e che gli hai stretto la mano?

Emilio Estevez: Si, è vero. Era il 1967 e io avevo solo 5 anni perciò non mi ricordo quasi niente. Ero sulle spalle di mio padre e siamo andati a vedere Kennedy in visita nella nostra città. In un certo senso questo film è iniziato lì. Poi nel corso degli anni ho fatto moltissime ricerche, sono stato all'Ambassador per visitare i luoghi della tragedia e ho scoperto che altre cinque persone erano state colpite quella sera. Ho fatto ricerche accurate in internet, nelle biblioteche e alla fine ho scritto le prime 30 pagine dello script dopo di che mi è venuto il blocco dello scrittore e ho cominciato ad andarmene in giro con queste prime pagine. E' stato mio fratello Charlie a spronarmi a continuare, almeno come esercizio personale. A quel punto ho preso la macchina e me ne sono andato nella California del Nord finché non ho trovato un motel libero, una vera topaia, dove alloggiare visto che eravamo in piena estate e non avevo prenotato niente. Qui ho incontrato una donna, Diane, che mi ha chiesto cosa facessi. Quando le ho spiegato il tema del film le si sono riempiti gli occhi di lacrime e mi ha detto: "Io ero là." Poi mi ha raccontato che era una volontaria a sostegno di Robert Kennedy e ha assistito all'omicidio. Parlare con Diane ha rotto definitivamente il mio blocco e finalmente il film ha visto la luce.