Recensione Saw 4 (2007)

Si sa ormai cosa aspettarsi, da un film della serie di Saw. Tuttavia, nonostante l'inizio di usura della formula, alcuni elementi di novità salvano questo episodio dalla sindrome del già visto.

Enigmi dall'inferno

Jigsaw è morto. E' con questa verità inconfutabile, affermata al di là di ogni ragionevole dubbio con un'autopsia mostrata fin nei minimi dettagli, che si apre Saw IV, ultimo (per ora) episodio del fortunato franchise horror iniziato nel 2004. L'Enigmista è morto, e così la sua seguace Amanda, ma il loro gioco continua, ripartendo da una cassetta trovata nello stomaco del killer: una sorta di simbolica anima attraverso la quale il folle assassino continua a dipanare le sue mortali trame, che stavolta coinvolgono il poliziotto superstite Rigg, due agenti dell'FBI, e i due poliziotti rimasti nelle mani dell'assassino nei precedenti episodi. Una presenza che aleggia dunque su tutto il film, impalpabile e tuttavia mortalmente concreta nei marchingegni da lui architettati (che portano a morti sempre più gore e spettacolari), e resa in qualche modo "umana" dai frequenti flashback che ne svelano il passato e l'origine della sua ossessione.

Si sa ormai cosa aspettarsi, da un film della serie di Saw. Una formula che in quattro episodi è ormai collaudata e funzionale, con morti sadiche e fantasiose e svolte di trama legate a enigmi che sembrano usciti da un videogioco d'avventura (e l'ultima battuta del film sembra confermare chiaramente il legame della serie con l'universo videoludico più recente). Formula vincente non si cambia, quindi, specie in un genere come l'horror in cui la reiterazione di temi e motivi non ha mai costituito (almeno commercialmente parlando) un problema: tuttavia, un approccio critico alla pellicola non può non far rilevare l'inizio di una sostanziale usura della formula, la considerazione che il giochino, per quanto ben congegnato, inizia a mostrare la corda. Bisogna comunque rilevare che l'"organicità" della trama narrata nell'arco dei quattro episodi, insieme ad alcune novità narrative, salvano almeno in parte questo quarto capitolo dalla sindrome del già visto, conferendogli più di un motivo di interesse.

Uno di questi elementi di originalità è rappresentato indubbiamente dai corposi flashback sul passato del protagonista, che oltre a esplicitare il tentativo (riuscito solo in parte) di rendere quest'ultimo più umano, ne fanno avvertire ancora di più la presenza nella trama, aggiungendo inoltre al film elementi da prequel (secondo una "moda" che negli ultimi anni ha prodotto anche pellicole apprezzabili, come Non aprite quella porta: l'inizio e l'Halloween di Rob Zombie). Non si può poi tacere sulla svolta finale, che per quanto possa lasciare, in una certa misura, una sensazione di già visto, si segnala come buon punto d'arrivo di una sceneggiatura che risulta, complessivamente, più coerente di quella dell'episodio precedente. Ed è un peccato, a questo proposito, che non si sia approfondito a sufficienza il personaggio del comandante Rigg e la sua "sfida" (che non esclude imprevedibili momenti di identificazione) con il defunto killer.

Non si segnalano particolari elementi di novità dal punto di vista della regia, affidata di nuovo al giovane Darren Lynn Bousman, sempre in bilico tra le accelerazioni da videoclip e le atmosfere malate che conducono direttamente nella mente del killer; né in un'estetica gore che appare comunque, nella serie di Saw, enormemente più giustificata rispetto ai molti epigoni successivi (basti pensare all'imbarazzante Captivity). E, in tanta cerebrale mattanza, è da segnalare ancora una volta la buona prova del protagonista "storico" Tobin Bell, convincente tanto da vivo quanto da morto, complici i flashback che ne narrano l'inesorabile discesa nella follia.

Movieplayer.it

3.0/5