Emmerich, Cusack e Ejiofor: il mondo finirà nel 2012

Movieplayer.it ha intervistato in assoluta anteprima a Roma il regista Roland Emmerich insieme agli attori John Cusack e Chiwetel Ejiofor, i due protagonisti maschili di 2012, la sua ultima apocalittica fatica cinematografica che arriverà nelle sale a partire dal 13 novembre.

Non solo il suo film esce con tre anni di anticipo rispetto alla data in cui il mondo dovrebbe finire, il famoso 21 dicembre 2012, ma arriva in largo anticipo anche il suo tour internazionale di promozione del film. Ed ecco che a sorpresa si materializza in carne ed ossa Roland Emmerich in persona con al seguito attori e collaboratori. Nell'intervista che il regista di Stoccarda ci ha concesso ha parlato della lavorazione del suo 2012, della sua personalissima idea sulla fine del mondo, dei motivi che lo hanno spinto a cercare ancora una volta di superare se stesso con un ultimo, colossale disaster-movie, e ci ha anche regalato succulente anticipazioni sul suo prossimo film che segnerà per lui l'inizio di un nuovo ciclo. Abbiamo scambiato qualche battuta anche con John Cusack, attualmente impegnato nelle riprese di Hot Tub Time Machine, una commedia prodotta dalla MGM insieme alla sua casa di produzione New Crime Productions fondata nel '97, e con Chiwetel Ejiofor, l'attore inglese attualmente impagnato sul set di Salt, thriller d'azione diretto da Philip Noyce e interpretato insieme a lui da Angelina Jolie e Liev Schreiber. Innamorato dei palcoscenici londinesi, Chiwetel fu scoperto nel 2001 da Stephen Frears che lo scritturò per i suoi Piccoli Affari Sporchi facendolo approdare nel mondo dorato di Hollywood in una maniera nuova, del tutto diversa e assai più romantica rispetto a quella che lo aveva condotto a metà degli anni '90 a soli 19 anni in quel di Los Angeles, direttamente nel cast dell'Amistad di Steven Spielberg. Successivamente la collaborazione con Spike Lee ed ora anche Emmerich per questa sua ultima grandiosa e distruttiva avventura.

Durante la presentazione di 2012, oggi la Sony ha parlato del suo film come uno dei due più attesi di questo inverno insieme ad Avatar, due film particolarissimi nel loro genere. Come vive questa assonanza con il film di Cameron come struttura narrativa?
Roland Emmerich: 2012 doveva uscire a giugno, prima dell'estate comunque e poi mi sono accorto che avevo bisogno di più tempo per gli effetti visivi ed abbiamo scelto la data del 13 novembre che ci sembrava ottimale. Sono curioso di vederlo questo Avatar anche se, da quello che ho potuto vedere dai trailer, mi sembra assai diverso da 2012, in primo luogo per la natura stessa del film. Durante la mia carriera mi sono sempre interessato di effetti visivi realistici e ho sempre basato i miei film sulla realtà del mondo di oggi, su quel che potrebbe realmente accaderci da un momento all'altro. In questo Avatar si posiziona agli antipodi di 2012, perchè il mio film si racconta il mondo attraverso la visione e le storie di personaggi veri che vivono la nostra stessa quotidianità.

Quali sono le basi scientifiche, politiche e filosofiche sulle quali ha costruito la narrazione di 2012?
Roland Emmerich: All'inizio avevo un'altra idea in mente e cioè quella di raccontare in chiave moderna e ambientalistica la storia di Noè e della sua Arca, poi l'incontro con un libro intitolato Le impronte degli Dei (Fingerprints of the Gods, di Graham Hancock) in cui veniva spiegato come questi fenomeni cataclismatici si ripetano ciclicamente nel tempo e c'era il riferimento allo scorrimento della crosta terrestre. Approfondendo questa teoria descritta dall'autore del libro mi sono reso conto che questa poteva essere l'unica spiegazione plausibile dell'eventuale arrivo di un Diluvio Universale sulla Terra. Ho sempre pensato che la Scienza, una volta inserita in un'opera cinematografica dovesse semplicemente sembrare credibile e aiutare le storie ad essere il più possibile verosimili, credo che Jurassic Park sia l'esempio migliore di quel che ho appena detto.

Chi avrebbe interpretato la parte di Noé in quel caso?
Roland Emmerich: Ecco, la parte più interessante e difficile da affrontare era proprio quella del protagonista: chi avrebbe potuto essere il moderno Noè? Chi gli dice che sta per avvenire qualcosa di catastrofico come la fine del mondo, visto che nella Bibbia era Dio in persona a farlo? Dopo varie discussioni con gli altri autori siamo giunti alla conclusione che Dio oggi potrebbe tranquillamente rappresentato dall'insieme dei capi di governo di tutto il mondo. Abbiamo poi optato per il contrario, ovvero per una sorta di rappresentazione di Dio nella Scienza e dei governi del mondo in Noè. Il punto focale del film è proprio questo: se un giorno i capi di governo mondiali si dovessero rendere conto che il mondo si sta avvicinando alla sua fine lo direbbero alla gente? Io non credo, forse andrebbero a dirlo a Spielberg prima! (ride)

Dio non avrebbe scelto chi salvare in base alla ricchezza e all'intelligenza...
Roland Emmerich: Beh non posso rivelarvi molto sul finale del film ma vi posso dire che inizialmente i ricchi e potenti si organizzano tra di loro per salire tutti sulle quattro 'arche', ma Adrian, il personaggio interpretato da Chiwetel, troverà un sistema per costruire un'arca più grande ed economica rivolgendosi ai lavoratori cinesi e salvare così tante altre persone dal disastro.

Come può un ricco comprarsi un biglietto ad un costo simile in una situazione in cui la ricchezza in quel momento non conta più nulla per nessuno?
Roland Emmerich: Un miliardo di euro è una cifra enorme e viene utilizzata dalle autorità governative per il progetto di salvezza dell'umanità, per la costruzione delle arche e quant'altro serva per l'evacuazione. A priori viene effettuato un test segretissimo di idoneità alla salvezza di cui si parlerà nel film e il restante dieci per cento dei posti viene assegnato ai ricchi della Terra che si possono permettere di spendere una cifra così gigantesca.

Oltre al denaro e all'ambiente in questo film è molto presente anche il tema del complotto dei potenti nei confronti della gente comune. C'è secondo John Cusack un senso di sfiducia diffuso nei confronti di chi ci governa, delle lobby e dei potenti in genere?
John Cusack: Posso dirvi che nel mio paese c'è ormai da decenni una crescente insoddisfazione nei confronti dei politici, degli economisti e dei media che nel calderone pensano più a tirare l'acqua al proprio mulino che a fare gli interessi della collettività. L'elezione del Presidente Obama offre molte speranze sotto questo punto di vista, ma ad oggi grandi cambiamenti non se ne sono visti. Il film col passare dei minuti affronta sempre più questioni di carattere morale e filosofico oltre al lato economico della faccenda, in particolare quando si tratta di scegliere chi potrà e non potrà avere la possibilità di mettersi in salvo. Non parliamo poi della sfiducia nei confronti dei media e della stampa, che gestisce l'informazione come fosse intrattenimento per casalinghe. Si sente il bisogno di una voce indipendente e vera.

La volta scorsa aveva dichiarato che non avrebbe mai più diretto film catastrofici: perchè c'è cascato di nuovo?
Roland Emmerich: Si, l'avevo detto. Poi il mio collaboratore e amico Harald Kloser mi ha parlato di questa sua idea, in linea teorica ovviamente, e più me ne parlava più io insistevo nel dirgli che non lo potevo fare, che non sarei mai riuscito a realizzare una cosa del genere. Solo che lui è un tipo estremamente insistente, e quando è convinto di una cosa cerca di ottenerla in ogni modo possibile. Ha cominciato a provocarmi chiedendomi: "davvero pensi che non sia un'idea favolosa? Pensa se qualcuno dei tuoi colleghi di Hollywood facesse questo film al tuo posto, ti mangeresti le mani, e poi, ne sono sicuro, solo tu potresti riuscirci." In quel momento ho capito che prima o poi avrei ceduto perchè effettivamente il terrore e le paure che Harald mi descriveva nel suo racconto si stavano davvero concretizzando tra la gente e che il rischio di una catastrofe naturale diveniva sempre più alto. Alla fine l'interesse globale dei media e della gente era divenuto così alto che ho detto a tutti: ok, ci sto, stupirò tutti anche me stesso, farò 2012 in un modo talmente grandioso che non mi resterà più nulla da dire nel genere catastrofico e potrò tranquillamente dedicarmi ad altro senza rimpianti.

Perchè non ha scelto di far uscire il film proprio il 21 dicembre del 2012?
Roland Emmerich: A dire il vero io avevo suggerito l'idea ma la Sony non me l'avrebbe mai permesso, avranno sicuramente pensato che nel malaugurato caso dell'avverarsi della profezia non sarebbero rientrati neanche di mezzo centesimo! (ride)

Qual è il suo vero pensiero sulla fine del mondo nel 2012?
Roland Emmerich: Sin da quando ho iniziato a lavorare al film ho continuato ad oscillare tra una considerazione e un'altra senza arrivare mai ad una conclusione. Io generalmente non ho mai creduto in profezie di questo tipo però ho letto un paio di libri che mi hanno fatto venire dei grossi dubbi e mi hanno molto spaventato. Durante le ricerche per 2012 sono stato accompagnato da una sensazione e da una riflessione che non mi hanno mai abbandonato: il mondo, sin dalla sua nascita, è stato sempre sull'orlo di una crisi e sempre ossessionato dal fatto che la crisi lo porterà un giorno verso la fine di tutto. C'è stata la crisi informatica del Millennium-bug che si diceva potesse distruggere tutto, altre volte si è trattato di crisi economiche molto più gravi, poi le guerre, un qualcosa spesso legato al passaggio del secolo o del millennio. Il dato davvero straordinario è che il calendario Maya si interrompe proprio il 21 dicembre del 2012, in modo molto strano, in un giorno preciso di un anno che è piuttosto anonimo senza significati particolari né simbolo di alcun passaggio temporale.

Insomma il terreno era già talmente fertile e pronto per essere seminato che non ha potuto dire di no...
Roland Emmerich: Ci sono milioni di persone sul web che credono in questa profezia, la stessa cosa mi era successa quando preparavo Independence Day perchè all'epoca milioni di persone erano convinte dell'esistenza della famosa Area 51 in cui il governo in gran segreto esaminava i corpi alieni caduti da cinquant'anni a questa parte nei pressi di Roswell. Il seme della paura e del dubbio era stato giù ampiamente sparso, quando mi sono reso conto di questa cosa tutto all'improvviso è divenuto più reale e concreto.

Signor Ejiofor, lei ha uno dei ruoli più importanti del film ovvero interpreta la persona che deve dare una spiegazione scientifica agli avvenimenti incredibili che stanno per accadere. Lei crede a quel che sostiene il suo personaggio oppure no?
Chiwetel Ejiofor: Negli ultimi decenni abbiamo scoperto che il mondo non è poi così resistente come noi pensavamo, in realtà è assai più fragile di quel che era in passato. Se questa fragilità ci porterà o meno ad una fine, che sia nel 2012 o più avanti, non lo so. Credo che oggi ci sia una coscienza collettiva maggiore, più motivata a capire come si possa fare marcia indietro e a riparare almeno a qualcuno dei grossi errori che l'umanità ha commesso e che potrebbero portare il pianeta all'autodistruzione. Mi auguro che quella annunciata da Roland non sia la data in cui avverrà tutto questo ma credo che 2012 possa essere la giusta cornice alla metafora che con questa storia il regista e gli sceneggiatori ci hanno voluto regalare. I danni provocati dall'uomo al pianeta sono incalcolabili e talvolta irreparabili, ma la domanda nasce spontanea: cosa faremmo in quei tragici momenti in cui tutto sembrerà non avere più senso? Credo sia più importante questo, al di là di credere o meno che tutto ciò avverrà.

Che idea si è fatto invece John Cusack sulla fine del mondo? Avverrà anche secondo lei nel 2012?
John Cusack: Credo che più che la fine del mondo il 2012 stia a rappresentare una data di cambiamento mentale per il nostro pianeta, la fine di un modo di pensare e di un'epoca, un cambio di coscienza dell'umanità che dovrà per forza aver luogo molto presto. Questa è la mia interpretazione di questi elementi esoterici e profetici di cui si parla ormai da secoli. Mi sorprende però vedere come milioni di persone invece ci credono nel fatto che finirà tutto in quella data. Per quel che mi riguarda, all'atto pratico penso che dovremo sopportarci a vicenda ancora a lungo, ben oltre il 21 dicembre 2012 (ride).

Dopo tanti anni di crolli, distruzioni e cataclismi, ci può dire quale simbolo della storia o della civiltà le ha dato più soddisfazione distruggere in questo suo ultimo film?
Roland Emmerich: E' sempre interessante la scelta di quali simboli distruggere in un film come questo e di cosa far vedere alla gente. A noi interessava per esempio che ci fosse uno dei presidenti dei più grandi paesi del mondo che decidesse di non seguire gli altri in questo progetto di fuga ma che si soffermasse a pregare. Probabilmente uno come Berlusconi sarebbe il primo a fuggire semmai si verificasse una cosa del genere (ride!). Noi abbiamo scelto ugualmente l'Italia perchè ha le chiese e le opere d'arte più belle del mondo e perchè il film è molto incentrato sulla fede, anche se io personalmente non credo nelle religioni organizzate e penso che la cosa peggiore che si possa fare in un momento come quello è mettersi di fronte ad una grande chiesa e pregare.

Perchè la scelta di realizzare la sequenza della fuga della famiglia Curtis in auto tra le strade di una Los Angeles in preda al collasso con uno stile da blockbuster spinto talmente all'eccesso da sfiorare quasi la fantascienza? E' dettata da esigenze di box-office o c'è dell'altro?
Roland Emmerich: E' sempre sottile il confine tra il realismo e l'intrattenimento, cerco sempre di non essere troppo serioso in quello che racconto, anche quando è incentrato su temi drammatici, si tratta pur sempre di un film che la gente va a vedere per divertirsi. Ed era anche l'ultimo film in cui potevo sbizzarrirmi con questo tipo di scene. Abbiamo discusso molto in effetti su quale fosse il limite in certe scene tra la credibilità e la spettacolarità, anche legato a quel che racconti immediatamente dopo certe sequenze.

Quant'è difficile in film come questi lavorare con i suoi attori davanti a uno schermo verde e non su una scenografia tangibile e reale?
Roland Emmerich: La tecnologia ha fatto passi da gigante in questa direzione, non è più come prima perchè usando gli effetti speciali per la maggior parte delle sequenze del film ho più tempo da dedicare agli attori e al loro lavoro. Quando lavori tanto tempo con loro si crea un clima di fiducia reciproca ed a maggior ragione in questo 2012, che prevede tante scene imponenti ma anche sequenze più intime, di introspezione, ed ho sempre pensato che per un film di questo genere fosse esattamente questo il mix ideale per il successo. E' troppo facile sopraffare lo spettatore o gli attori con la grandiosità degli effetti speciali, bisogna riuscire a trovare il giusto equilibrio.

Signor Ejiofor, prima di accettare di lavorare in 2012 ha mai riflettuto sul fatto che gli spettatori anzichè apprezzare la sua recitazione si potessero concentrare solo sulla California distrutta da terremoti, eruzioni e inondazioni?
Chiwetel Ejiofor: Ovviamente si, anche perchè quando sei chiamato a lavorare in un film di queste dimensioni ti viene l'idea che possa essere un film solo di effetti speciali, esplosioni, eruzioni vulcaniche e maree ma la cosa che ho trovato molto interessante nella lettura dello script è stato che c'erano anche dei personaggi forti e ben delineati, interessanti a prescindere dalla storia, che nonostante avessero a che fare con qualcosa di catastroficamente epico erano anche molto profondi a livello umano, capaci di prendere decisioni importanti a livello etico. Il mio personaggio, come quello di John Cusack cerca di salvare quante più vite possibile, anche se su scala diversa, e a tratti diventa uno degli elementi portanti della narrazione.

Secondo lei in film come 2012, c'è lo spazio per dare qualcosa di più a livello interpretativo o si è sentito come "ingabbiato" negli effetti speciali?
Chiwetel Ejiofor: Non credo che un attore debba sentirsi chiamato ogni volta che recita in un film a superare i propri limiti, quel che mi piace del mio lavoro è coinvolgere il pubblico, fare in modo che lo spettatore venga catturato dal film e dal mio personaggio, sia a livello visivo che dal punto di vista narrativo e mentale, cercando di farlo riflettere su alcune importanti questioni. Non vado mai alla ricerca di un genere specifico, ho amato molto lavorare con Roland perchè la sua è sempre una sfida con se stesso e con la tecnologia, è uno capace di spingere al massimo tutto per ottenere il massimo del risultato. Credo che 2012 piacerà alla gente proprio perchè i personaggi non sono mai banali, alle prese con scelte importanti e impegnati nel difficile compito di portare in salvo se stessi e gli altri.

Dopo l'Apocalisse cosa c'è nel futuro di Roland Emmerich?
Roland Emmerich: Il prossimo progetto sarà un film in costume ambientato tra il 1560 al 1604 dal titolo Anonymous, incentrato sull'autenticità di alcuni degli scritti di William Shakespeare che sarebbero in realtà da attribuire ad un anonimo. Come vedete vado in cerca di guai! (ride). La storia analizza come possa essere possibile che un giovane attore come Shakespeare, che non sapeva neanche scrivere, abbia posto la sua firma in calce ai testi di tante famosissime opere divenute celebri in tutto il mondo. L'idea è di dimostrare che in realtà a scriverli sia stato qualcun altro e non lui. Siamo ancora in fase di casting attualmente e non voglio fare nomi ma stiamo trattando con famosissimi attori inglesi che vorrebbero partecipare, anche perchè la sceneggiatura che abbiamo è davvero ottima e proviene dalla penna di un giovane sceneggiatore americano che qualche anno fa mi ha spiegato l'argomento a fondo. L'ho praticamente sottratto alla società per cui stava lavorando e negli ultimi tre anni abbiamo scritto insieme il film. Non vedo l'ora di inziare le riprese che avranno luogo a Berlino a partire dal marzo del 2010, vedrete Anonymous nelle sale probabilmente il prossimo autunno.