Recensione Questione di punti di vista (2009)

La fiaba gentile di Rivette si caratterizza per una struttura narrativa minimale, arricchita qua e là da sporadici tocchi registici che servono a ricordarci chi è dietro la macchina da presa e incentrata sul duetto tra le sue due star, l'algida Jane Birkin e il nostro miglior Castellitto da esportazione.

E' arrivato il circo

Se Questione di punti di vista fosse un film americano le nuove leve della critica mainstream, bisognose di etichette e incasellamenti, lo definirebbero un dramedy, ma applicare tale termine a un'opera del maestro della Nouvelle Vague Jacques Rivette sembra quantomeno fuori luogo. Noi preferiamo parlare di commedia lieve e garbata, ancor meglio, di fiaba moderna ambientata, tra l'altro, in un universo carico di suggestioni cinematografiche come quello del circo. Attenzione, qui non stiamo parlando né del circo felliniano grondante di dolore e maestosità né del circo burtoniano freak e crudele. I circensi rivettiani sono persone comuni, forse un pizzico eccentriche, ma quale personaggio del suo cinema non lo è. Il circo di Questione di punti di vista è piccolo, povero e dimesso, privo di animali, costumi luccicanti o numeri mirabolanti. E' un cerchio blu, una pista in terra battuta di dimensioni ridotte all'interno della quale si consumano i drammi dell'esistenza, dove si esibiscono due clown filosofi che ripetono sera dopo sera la loro scena esistenziale. In questo universo mignon piomba l'italiano Vittorio, interpretato da Sergio Castellitto il quale, dopo essersi imbattuto in una Jane Birkin con l'auto in panne, decide di seguirla cominciando a ronzare intorno ai membri del circo del padre di Kate (la Birkin) impartendo le sue pillole di saggezza non richieste.

Parlavamo di fiaba. Mai definizione fu più appropriata visto che Castellitto assume la funzione di principe salvatore della bella in difficoltà. Abbiamo un'ambientazione (il circo) che contiene al suo interno un pizzico di magia, sita in un luogo e in un tempo dai contorni non ben definiti - deduciamo di trovarci in un paesino della campagna francese nel presente, ma né l'epoca né l'ambiente influenzano in alcun modo lo sviluppo degli eventi. La principessa in questione, la tormentata Kate, è vittima di un incantesimo causato da un terribile incidente avvenuto sulla pista di quello stesso circo anni prima. Questo evento tragico l'ha spinta ad abbandonare lo spettacolo e a non mettere più piede all'interno del cerchio magico. Toccherà al principe sconfiggere la maledizione che aleggia sul circo per conquistare il cuore della bella.
La fiaba gentile di Rivette si caratterizza per una struttura narrativa minimale, arricchita qua e là da sporadici tocchi autoriali che servono a ricordarci chi è dietro la macchina da presa (uno per tutti, lo straniante viavai conclusivo che vede i personaggi uscire dal tendone del circo e interpellare direttamente lo spettatore), e incentrata sul duetto tra le sue due star, l'algida Jane Birkin, storica musa di tanto cinema francese, e il nostro miglior Castellitto da esportazione. Anche se è la presenza di questa coppia inedita a calamitare principalmente l'attenzione dello spettatore, va detto che il film non si regge unicamente sulle loro spalle, visto che qua e là spuntano ottimi comprimari, primo tra tutti il saggio clown col quale Vittorio varcherà il limen, la soglia che separa le panche semivuote in cui si accomoda il pubblico dalla pista circense, per spezzare una volta per tutte l'incantesimo. Purtroppo la recitazione incerta e titubante, quasi casuale, di tutto il cast, con un Castellitto a tratti addirittura gigioneggiante, devia l'attenzione dalle cose buone che nel film ci sono. La più convincente risulta Jane Birkin, attrice che conosce a fondo i vezzi del maestro Rivette tanto da risultare sempre naturale e misurata nel ruolo della sofferente Kate. In fin dei conti quello di Rivette è un ulteriore e sentito omaggio al potere terapuetico dell'arte. Alla magica pista circense potremmo sostituire senza difficoltà lo spazio davanti la macchina da presa o, ancor meglio, un palcoscenico teatrale. Così se l'evento artistico puro, la 'messinscena', esterna il suo potere mostrandosi in grado di salvare la sua eroina guarendone le pene come un'operazione chirurgica, il cinema di Rivette sembra non volersi adeguare al passare del tempo adagiandosi nel ricordo delle glorie passate. Prevediamo un'accoglienza discussa e contrastante.

Movieplayer.it

2.0/5