Recensione Tabu (2011)

Un film sui ricordi del passato per Miguel Gomes, che punta sul bianco e nero e su scelte stilistiche che pesano sulla struttura narrativa, almeno per la seconda parte del film.

Due cuori e un coccodrillo

Un amore proibito e i ricordi del passato sono al centro di Tabu, terzo lungometraggio del regista portoghese Miguel Gomes, che nell'anno in cui The Artist fa incetta di premi e candidature, presenta in concorso alla 62esima Berlinale un film in bianco e nero e per buona parte privo di dialoghi, se si esclude il voiceover. I confronti tra il bel film di Michel Hazanavicius e la pellicola di Gomes però si fermano qui, perchè Tabu si sviluppa in due capitoli, uno dei quali ambientato negli anni '60, prima dello scoppio della guerra tra il Portogallo e le sue ex-colonie, e si evolve intorno al racconto di una passione extraconiugale, quella tra Aurora e Gian Luca, che divampa alle pendici del monte Tabu, scenario fittizio in cui si svolge la storia.
A mettere insieme i tasselli di questa vicenda, ai giorni nostri, è Pilar, una signora che è appena andata in pensione, impegnata in diverse attività di beneficenza e religiose, che si ritrova a far fronte ad una strana richiesta della sua vicina di casa, l'anziana Aurora, che prima di morire chiede di rivedere il suo Gian Luca, di cui fino a quel momento nessuno aveva mai sentito parlare.

Curiosamente, Gomes sceglie di puntare sul bianco e nero per entrambi i capitoli del suo film e rende omaggio a F.W. Murnau riprendendo sia il titolo che i titoli dei due capitoli dell'ultimo film diretto dal regista tedesco. Nella prima parte, Aurora è una donna anziana che vive con la sua badante di colore, Santa - accusata di praticare rituali di magia nera contro di lei - parla spesso di sua figlia, che non vede quasi mai, ed è fissata col gioco, tanto che appena ha dei soldi, corre a spenderli al casinò. La ritroviamo giovane e bellissima nella seconda parte della pellicola, in cui i tasselli disseminati nella prima parte, trovano il loro posto nell'ordine della storia, incentrata su questa relazione proibita in una grande fattoria nei pressi del monte Tabu, tra cuccioli di coccodrillo, feste estive e colpi di pistola.
Se la prima parte della pellicola - che ha uno dei suoi punti di forza nel fascino dei suoi giovani protagonisti, in particolare la bella Ana Moreira - è la più surreale e poetica, la seconda è più lineare, e scorre come un album di vecchi filmati amatoriali che raccontano il rapporto tra la giovane Aurora, capricciosa e lieve fanciulla sposata ad un esploratore, e l'avventuroso Gian Luca. Nel tentativo di rendere più tangibile il senso del passato, il regista sceglie di accompagnare queste immagini mute al voice over fino alla fine, lasciando che il ricordo si sovrapponga alle immagini mute dei sorrisi di Aurora e gli sguardi di Gian Luca, ma nel concreto questa scelta si rivela poco efficace e alla lunga appesantisce il film, compromettendo l'attenzione dello spettatore sulla storia.

Movieplayer.it

2.0/5