Recensione Tetsuo - The Bullet Man (2009)

Vapore, pallottole, pistoni, elettricità ed energia nucleare imbrigliate in un involucro di carne e ferro e guidate da un cervello umano, questa è l'arma segreta e il fascino innato della saga di Tetsuo.

Delirio cyberpunk

Anthony è un uomo d'affari, impiegato in una grande azienda di Tokyo. Nella metropoli vive con la moglie Yuriko, il figlioletto Tom ed ogni tanto va a trovare il padre, uno scienziato cibernetico in pensione che da quando ha perso la moglie a causa del cancro è diventato maniaco salutista e non fa che sottoporre i figlio e nipotino a visite mediche. Camminando verso casa al ritorno da uno di questi controlli medici il piccolo Tom viene investito da una macchina e ucciso brutalmente davanti agli occhi del padre. Non un incidente ma un assassinio premeditato in piena regola ad opera di un killer misterioso. Nessuna ritorsione o vendetta, semplicemente la voglia di provocare una reazione violenta nella famiglia del bimbo. Yuriko è praticamente sull'orlo del baratro mentre Anthony reagisce stranamente alla perdita del figlio. Sembra quasi in trans, senza forze né voglia di vendetta, ma nella sua mente qualcosa di terribile si sta scatenando, qualcosa che inizia ad un certo punto a manifestarsi visibilmente anche all'esterno. Il suo dna sta infatti subendo una mutazione ed alcune parti del suo corpo si stanno trasformando in ferro, più precisamente in armi metalliche pronte a disintegrare qualsiasi cosa si trovino di fronte. Cosa sta accadendo a Anthony? Quale segreto si nasconde dietro questa mutazione e dietro la morte della madre? Cosa nasconde suo padre nei laboratori sotto il nome di progetto Tetsuo? Ma soprattutto, chi ha ucciso il piccolo Tom e perché?

A più di vent'anni dal primo Tetsuo: The Iron Man, considerato da tutti gli appassionati del genere un vero e proprio cult del cinema visionario, il regista giapponese Shinya Tsukamoto propone il suo secondo auto-remake di Tetsuo (in giapponese si traduce con 'uomo di ferro') dopo quello dei primi anni '90 che evidentemente non lo aveva soddisfatto. Sedici anni di attesa per giungere a questo terzo atto che il cineasta ha voluto portare a termine nonostante le numerose interferenze hollywoodiane che in questi anni hanno cercato di convincerlo a realizzarne una versione soft made in Usa. Proposte, versioni su versioni, consigli e compromessi che Tsukamoto non si è sentito di accettare e che l'hanno portato di nuovo a fare da sé. Solo tre anni fa il regista capì che Tetsuo aveva nella sua mente per questa nuova versione e cominciò a lavorarci aex-novo girandolo in gran segreto per salvaguardare la sua libertà artistica.

Gli anni del primo Tetsuo erano gli anni della tregua dalle guerre, quelli in cui i giapponesi di Tokyo non erano più abituati alla violenza per le strade, gli anni in cui nella metropoli avanzavano i grattacieli e scompariva del tutto la natura, anni in cui la il progressivo snaturalizzarsi dell'uomo metropolitano sempre più ossessionato dalla tecnologia si avvertiva sulla pelle, in cui la violenza era quasi invisibile e per questo meglio immaginabile come manifestazione corporea anziché solo mentale. Poteva avere un senso in quegli anni realizzare un film del genere, ora il tutto perde inevitabilmente di significato, specialmente quando si parla di una terza rilettura della stessa storia.
L'impressione è che in questo Tetsuo: The Bullet Man Tsukamoto abbia fatto da solo quello che Hollywood (anche lo stesso Tarantino ci ha provato senza esito) ha tentato di convincerlo a fare per anni, realizzando un film fruibile dal grande pubblico, moraleggiante e troppo didascalico per essere farina proveniente solo dal suo sacco. L'architettura transnazionale del film concretizzatasi con la scelta dell'inglese come lingua originale e con la scelta dell'attore protagonista Eric Bossik che è di razza nippo-americana ne sono la dimostrazione. Molti lo hanno definito il Cronenberg orientale, altri hanno definito il suo cinema come un mix tra Ridley Scott, Scorsese e Cronenberg, ma Tsukamoto è semplicemente Tsukamoto, un cineasta visionario al massimo, estremo, ossessionato dalla poetica insita nella violenza e nella sue trasfigurazioni, dalla tecnologia dilagante, dalla rabbia, dalla paura di vivere più che da quella di morire, in generale dall'uomo moderno, dal delirio della società contemporanea e dalle sue profonde contraddizioni.
Vapore, pallottole, pistoni, elettricità ed energia nucleare imbrigliate in un involucro di carne e ferro e guidate da un cervello umano, questa è l'arma segreta e il fascino innato di Tetsuo, una creatura abnorme orripilante e rantolante a metà tra quella vista ne La Mosca di Cronenberg e l'Elephant Man di Lynch e il mostro di Alien pronta a inghiottire e fucilare qualsiasi cosa gli si presenti di fronte. Abbandonato il bianco e nero sgranato del suo primo sperimentale Tetsuo qui Tsukamoto si diletta in una definizione di immagine quasi strabiliante, ad una fotografia quasi fumettistica, ad un montaggio straordinario e ad un sonoro che definire impressionante sarebbe poco. Una pellicola che resta sicuramente di nicchia nonostante gli sforzi del suo ideatore che ha non solo diretto ma anche scritto, fotografato, montato e prodotto il film. Interessante e imperdibile per gli appassionati, insostenibile e disturbante per tutti gli altri.

Quel che ci sorprende non è che nel 2009, a così tanti anni di distanza un regista decida di auto omaggiarsi rivisitando per la seconda volta un suo film, quanto il fatto che proprio il suo lavoro meno autoriale e più marcatamente cyberpunk sia presente in concorso tra i film presentati alla Mostra del Cinema di Venezia quando altri suoi film che lo avrebbero meritato non sono mai stati presi in considerazione. La voglia di novità e di stupire pubblico e critica da parte dei selezionatori viene rafforzata da questo godibile e vaneggiante frullatore di generi e ferraglie, ma dopo i due film in concorso di Herzog e la presenza sempre in concorso degli zombi di Romero è divenuta una certezza. Tre indizi fanno una prova.

Movieplayer.it

3.0/5