Davide Sordella parla di sè e del film La radio

All'anteprima nazionale del film La radio, proiettato alla rassegna-cineforum Sguardi di cinema italiano Davide Sordella ci ha parlato del lavoro di regista e del suo primo lungometraggio.

All'anteprima nazionale del film La radio, proiettato alla rassegna-cineforum Sguardi di cinema italiano Davide Sordella ci ha parlato del lavoro di regista e del suo primo lungometraggio.

Ci parli della sua esperienza formativa.

Ho iniziato a studiare documentarismo in Italia con Daniele Segre. Dopo la scuola mi sono trasferito in Sud America, dove ho ricevuto l'incarico di direttore di un centro di produzione audiovisuale. Negli anni '90 ho principalmente prodotto e diretto spot, videoclip, programmi TV ed una breve fiction. Dopo sei anni vissuti in America latina mi sono trasferito in Europa completando i miei studi alla London International Film School di Mike Leigh ed ho continuato ad effettuare il mio secondo lavoro di montatore ed a dirigere cortometraggi, tra cui It's not me it's not you, presentato a Cannes 2003 e premiato come miglior corto italiano nel "Kodak European Showcase". Il lungometraggio La radio conclude questo ciclo di esperienze ed è il mio primo film girato con attori italiani, mentre la produzione e l'apparato tecnico è inglese.

Da cosa nasce questo film?

Quando ho cominciato a pensare allo sviluppo di questo film, mi sono basato essenzialmente su tre concetti: il passato, la famiglia ed il Natale. Da qui nasce tutto quello che avete visto. Ovviamente il film prende molto da quelle che sono state le mie esperienze personali e le rielabora con argomenti invece prettamente di fantasia.

Cosa pensa del mestiere di regista?

Ho sempre pensato che i registi siano dei privilegiati in quanto possono trasmettere i proprio sogni ad altri e condividerli con loro. Ogni volta che assisto in una sala pubblica ad un mio film, la sensazione che mi capita di provare è quella di aver dormito tutti insieme e di aver fatto lo stesso sogno: il mio. Inoltre, grazie alla possibilità di poter riversare su pellicola le proprie frustrazioni ed i propri interrogativi, si riesce ad approfittare di una valvola di sfogo che non tutti riescono a trovare nella vita, e questo è molto importante per aiutarti ad andare avanti un po' più leggero: i film rappresentano il mio analista.

Il film è drammatico e lascia l'amaro in bocca. Perché questa scelta, sua e di molti suoi giovani colleghi, in un momento in cui il pubblico italiano sembra prediligere le commedie?

Anch'io amo le commedie, anzi, devo dire che sono tra i miei generi preferiti. Anche le commedie, che in superficie mostrano un mondo positivo e perfetto, spesso sono molto più amare di quanto si creda, proprio in virtù del fatto che mettono uno di fronte all'altro il contrasto tra quello che appare e quello che effettivamente è. In merito a questo mi viene in mente uno dei miei film preferiti, Le notti di Cabiria, in cui questo contrasto è evidente e rimane impresso nella memoria a lungo. Semplicemente penso che alla fine, per noi autori, sia più semplice fare dei film drammatici, perché rimangono impressi più facilmente e perché la nostra formazione li predilige. Infine sono in disaccordo con chi dice che il cinema italiano non funziona perché è un cinema cupo, amaro, drammatico. E' necessario distinguere tra bello e brutto, non tra dramma e commedia.

Qual è stato il suo rapporto con gli attori e come li ha scelti?

Non tornavo in Italia da parecchi anni, ho quindi deciso di rivedere alcuni tra i film italiani di più recente produzione e successivamente ho incontrato degli agenti. La mia prima scelta è stata Fabrizio Gifuni, sul quale non ho avuto alcun dubbio da subito. Nella parte di Lella avevo invece selezionato Sonia Brgamasco, moglie di Gifuni, che però non ha potuto partecipare al film per una gravidanza. Fabrizio Rongione e Barbora Bobulova sono stati selezionati perché mi sembravano i più vicini al ruolo che dovevano interpretare. I tre attori hanno preso molto a cuore la pellicola ed hanno convissuto per più di un mese, proprio per immedesimarsi al massimo nelle parti. Le riprese sono durate due settimane, anche a causa dei mezzi tecnici piuttosto poveri (una sola location ed una macchina da presa). Ho puntato molto sull'improvvisazione ed in questo tutti gli attori, soprattutto Fabrizio Rongione, hanno contribuito al punto da farmi decidere di apportare delle modifiche importanti alla sceneggiatura.