Da Borg McEnroe a I, Tonya: quando il cinema si appassiona ai grandi duelli sportivi

In occasione dell'uscita nelle sale del film che racconta la storica rivalità tra due leggende del tennis, Björn Borg e John McEnroe, diamo uno sguardo ad altri titoli che hanno raccontato grandi rivalità nel mondo dello sport.

Borg McEnroe: Shia LaBeouf e Sverrir Gudnason in un momento del film
Borg McEnroe: Shia LaBeouf e Sverrir Gudnason in un momento del film

I duelli sono il pane quotidiano di ogni appassionato sportivo. Sia che riguardino una disciplina individuale o un confronto fra due team negli sport di squadra, il duello è la semplificazione massima del concetto di competizione, il suo vertice, quello che estremizza l'alternanza vincente/perdente. La riduce a un dentro o fuori. Successo o fallimento.  Ogni sport contiene nel suo repertorio storico titoli di grandi sfide e di epici incontri. Alcune di queste rivalità sono entrate pienamente nell'immaginario comune, storie emozionanti da tramandare nei decenni successivi alle nuove generazioni. E spesso la competizione stessa tra due fronti supera il semplice concetto di vincente e perdente. Succede quando le differenti modalità di concezione dello stesso sport, magari ugualmente vittoriose, diventano metafora di stili di vita per chi ha nel cuore una disciplina sportiva. Quando due filosofie a confronto si distinguono in maniera così netta e rimarcata è frequente la nascita di fazioni ben distinte a cui affezionarsi. Da Coppi-Bartali a Federer-Nadal ogni sport e ogni generazione ha conosciuto questa divisione tra stili, caratteri, tecniche e comportamenti. Modi d'essere e apparire. Il cinema ha sempre avuto un amore particolare per le grandi sfide sportive e per la rappresentazione di filosofie che potessero raffigurare delle figure retoriche esistenziali.

Alla Festa del Cinema di Roma abbiamo assistito a Borg McEnroe, pellicola diretta da Janus Metz Pedersen che affronta uno dei più grandi dualismi nella storia del tennis: quello tra lo svedese Björn Borg e lo statunitense John McEnroe, culminato nel primo grande match tra i due, la finale di Wimbledon del 5 luglio 1980, definito come "l'incontro del secolo". Da una parte la glaciale freddezza di Björn Borg, appellato da uno dei suoi più acerrimi rivali dell'epoca, Ilie Năstase, come "Perfetto. Era Borg". Rapido, concentrato ed estremamente preparato atleticamente, Borg è considerato un rivoluzionario nel mondo del tennis, soprattutto per aver sdoganato il topspin, particolare tipo di colpo tennistico, e per il suo rovescio a due mani. Al match con McEnroe si presentò da numero 1 al mondo e alla ricerca del suo quinto trionfo sull'erba verde britannica. Dall'altro lato John McEnroe era un astro nascente del tennis mondiale, famoso per il suo carattere ribelle e sanguigno, tanto da litigare spesso con gli arbitri ed essere fischiato ripetutamente dal pubblico.

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Borg McEnroe: Shia LaBeouf e Sverrir Gudnason sul set con il regista Janus Metz Pedersen
Borg McEnroe: Shia LaBeouf e Sverrir Gudnason sul set con il regista Janus Metz Pedersen

Una rivalità che infiammò i fan dell'epoca e rese immortale il loro dualismo. In realtà Borg e McEnroe caratterialmente erano molto più simili di quanto si è sempre creduto e tra il 1978 e il 1981 si affrontarono 14 volte, dividendosi equamente le vittorie, sette per parte. Ritiratosi Borg nel 1983, a soli 26 anni, il passaggio di consegne con McEnroe fu pressoché naturale. Presentato al Toronto International Film Festival, Borg McEnroe vede l'attore svedese Sverrir Gudnason nei panni di Borg e Shia LaBeouf in quelli di John McEnroe. Nel cast anche un veterano come Stellan Skarsgård nelle vesti dell'ex-tennista e callenatore di Borg, Lennart Bergelin. Con l'occasione dell'uscita del film, arrivato nelle nostre sale il 9 novembre, ecco un breve excursus sulle pellicole che hanno rappresentato, in diversi modi e con stili differenti, alcune delle più grandi rivalità nel mondo dello sport.

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Rush di Ron Howard: James Hunt/Niki Lauda

Rush: Daniel Bruhl e Chris Hemsworth si tengono d'occhio prima della partenza
Rush: Daniel Bruhl e Chris Hemsworth si tengono d'occhio prima della partenza

Un esempio perfetto di narrazione di due diverse filosofie sportive a confronto è il film del 2013 del premio Oscar Ron Howard. Rush racconta la rivalità a quattro ruote fra il britannico James Hunt (Chris Hemsworth) e l'austriaco Niki Lauda (Daniel Brühl). L'uno sfacciato, impenitente e donnaiolo, l'altro pragmatico, calcolatore e professionale, diventano avversari in Formula 1 dal 1973 ma raggiungono l'apice della loro competizione nel 1976. Durante il GP di Germania sul circuito del Nürburgring Nordschleife, Lauda, campione del mondo con la Ferrari, chiede alla Direzione di Gara di annullare il gran premio a causa del clima eccessivamente piovoso. Hunt si oppone e convince gli altri piloti a votare per lo svolgimento, temendo un vantaggio ulteriore per Lauda, già in testa alla classifica. Durante il terzo giro la sospensione della Ferrari guidata dall'austriaco cede e Lauda finisce contro le barriere, perdendo il casco nell'impatto e procurandosi numerose ustioni in seguito all'incendio della monoposto. Sfruttando l'assenza del rivale, Hunt con la sua McLaren inizia a guadagnare terreno in classifica su Lauda che rientra incredibilmente 42 giorni dopo nel GP d'Italia, in tempo per la resa dei conti in Giappone. Howard riesce a raccontare, grazie ad una sceneggiatura molto equilibrata, le contraddizioni e le differenze fra i due piloti, lasciando libertà allo spettatore di scegliere per quale dei due schieramenti sia meglio parteggiare.

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Ali di Michael Mann: Cassius Clay/George Foreman

Will Smith in una scena del film Ali
Will Smith in una scena del film Ali

Meno focalizzato su un dualismo specifico, il biopic di Michael Mann racconta uno spaccato della vita di Cassius Clay (Will Smith), dal 1964 al 1974. Dieci anni che ripercorrono l'ascesa di Muhammad Ali, dall'incredibile trionfo nel mondiale dei pesi massimi contro Sonny Liston, fino agli storici match contro Joe Frazier (James Toney) e soprattutto George Foreman (Charles Shufford). Proprio il duello finale a Kinshasa con il campione in carica Foreman, match noto come Rumble in the Jungle e per molti addetti ai lavori uno degli incontri più importanti nella storia della boxe, rappresenta una delle vette assolute del film. Il pugilato è la disciplina alla quale il cinema, in particolare quello a stelle e strisce, si è più affezionato nel corso dei decenni, spesso affascinato dalle storie di riscatto sociale che trovano in questo sport una metafora perfetta dell'altalenante esistenza umana. Il faccia a faccia tra Alì e Foreman è ricordato anche per la consueta spavalderia del primo, maestro nel trash-talking al fine di irritare e provocare gli avversari e spesso sostenuto dal pubblico, completamente invaghito del suo carisma e della sua personalità. Impreziosito dalla splendida fotografia del "Chivo" Lubezki, Alì è un film capace di regalare a fasi alterne sprazzi di grande cinema, nonostante il genere non sia proprio nelle corde di un regista poco esplicito e per nulla convenzionale come Michael Mann. Consacrazione definitiva per Will Smith, candidato all'Oscar così come Jon Voight

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La grande partita di Edward Zwick: Bobby Fischer/Boris Spassky

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Interessante, seppur eccessivamente stereotipato, il lavoro di Edward Zwick in questo biopic che racconta la tormentata preparazione del campione di scacchi Bobby Fischer (Tobey Maguire) per quello che sarà definito "il match del secolo", la sfida al campione del mondo russo Boris Spassky (Liev Schreiber). A creare un alone di attesa e di tensione intorno all'evento il fatto che il duello mettesse di fronte uno statunitense e un russo nel bel mezzo della Guerra Fredda e che ci fosse per la prima volta una diretta televisiva di una competizione del genere. Fischer contribuisce a non rendere distesi gli animi, definendo l'incontro come "il mondo libero contro i russi bugiardi, bari ed ipocriti", riferendosi anche al sistema monopolistico sovietico nel mondo degli scacchi, considerati parte integrante dell'apparato politico russo. Bobby Fischer con il suo atteggiamento discontinuo e contraddittorio rende complicato lo svolgimento della partita, tanto da venire accusato da alcuni commentatori russi di aver architettato tutto per sfiancare psicologicamente Spassky. La sfida viene organizzata a Reykyavik, in Islanda, nel 1972 e diventa inevitabilmente un simbolo propagandistico dell'epoca. Il film di Zwick purtroppo si limita a svolgere il compitino, nonostante una sceneggiatura ben costruita e l'ottimo apporto dei due protagonisti.

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Le grand bleu di Luc Besson: Jacques Mayol/Enzo Maiorca

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La travagliata pellicola di Luc Besson non è certo tra le vette più rilevanti nella filmografia del regista francese, nonostante il grande successo di pubblico in terra transalpina. Al centro della trama la rivalità e l'amicizia tra due apneisti, il francese Jacques Mayol (Jean-Marc Barr) e l'italiano Enzo Molinari (Jean Reno), personaggio palesemente ispirato all'apneista Enzo Maiorca, che si scatenò contro la produzione del film, avviando una causa legale che portò all'uscita della pellicola nelle sale italiane solo nel 2002. Alla reale sfida tra Mayol e Maiorca s'ispirò Besson per questo film che aprì il Festival di Cannes nel 1988. Vittima di troppi passaggi semplicistici che rischiano spesso di finire nel grottesco, Le grand bleu è un percorso itinerante tra diverse location: dalla Grecia, dove i due rivali si affrontano inizialmente in una gara, alla Sicilia, dove Enzo decide di affrontare Jacques ai campionati mondiali di apnea a Taormina, fino all'ultimo confronto in terra ellenica. Nonostante la poco riuscita caratterizzazione dei personaggi, è da segnalare la buona prova di Jean Reno. Premiato con due César per il miglior sonoro e per la miglior musica da film, Le grand bleu uscì in Italia in una versione ridotta a seguito delle vicende legali, e non nella versione originale della durata di 132 minuti. Una versione di 168 minuti venne commercializzata solo in home-video.

I, Tonya di Craig Gillespie: Tonya Harding/Nancy Kerrigan

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Uno dei film più apprezzati dell'ultima Festa del Cinema di Roma è inquadrato totalmente sul personaggio di Tonya Harding, bionda pattinatrice statunitense protagonista di uno dei più grandi scandali sportivi degli USA. Ma in realtà il riuscito biopic di Craig Gillespie (Lars e una ragazza tutta sua), propone sul grande schermo un diverso punto di vista della rivalità e della competizione sportiva agonistica, nonché della follia nella quale può sfociare il dualismo. Nel film di Gillespie non abbiamo due rivali a confronto ma un solo personaggio che diventa il perno della trama, Tonya Harding. Attraverso la sorprendente interpretazione di Margot Robbie e la strepitosa performance di Allison Janney nei panni della severa e crudele madre di Tonya, il film evolve costantemente nella parabola dolente, sofferta e violenta della Harding, cresciuta a botte e pattini, chiusa in mezzo agli schiaffi di una genitrice spietata e gelida (Janney) e un marito manesco e feroce (Sebastian Stan). Sullo sfondo la figura di Nancy Kerrigan (Caitlin Carver), ostacolo principale per la Harding in vista dei Giochi Olimpici Invernali di Lillehammer del 1994. Il 6 gennaio 1994 la Kerrigan viene aggredita con una spranga durante una sessione d'allenamento dei campionati nazionali, subendo la rottura del ginocchio. La notizia all'epoca fece immediatamente il giro del mondo e divenne una delle pagine più brutte dello sport statunitense quando vennero accertate le responsabilità di Tonya Harding e del marito, Jeff Gillooly. Un film dove il duello estremo, l'agonismo ossessivo e la folle ricerca della prevaricazione e del successo a discapito dell'avversario diventano causa di un gesto criminale e sconsiderato. Alcune splendide sequenze dal fascino metaforico indiscusso e le interpretazioni efficaci dell'intero cast permettono a I, Tonya di rientrare a tutti gli effetti tra i film più interessanti dell'anno.