Recensione Aliens - Scontro finale (1986)

Aliens-Scontro finale è il riuscitissimo seguito (per molti addirittura superiore al primo capitolo) di quel capolavoro horror che è Alien di Ridley Scott. Questo perchè il regista e sceneggiatore James Cameron non si è limitato a moltiplicare il mostro xenomorfo, ma è riuscito a tratteggiare con sensibilità tutta nuova il personaggio di Ellen Ripley.

Cuore di mamma

Se uno solo era già un incubo, che ne pensate di qualche centinaio?
Se il progetto di Aliens - Scontro finale (seguito di quel capolavoro dell'horror che è Alien di Ridley Scott) fosse capitato tra le mani di un qualsiasi regista hollywoodiano, questo sarebbe probabilmente stato l'unico elemento su cui questo seguito si sarebbe basato.
Ma fortunatemente le redini di questo lavoro sono finite fra le mani di James Cameron, che ha creato uno dei pochi seguiti che ad oggi possono competere con l'originale (e per qualcuno addirittura lo supera).
Cameron (autore anche della sceneggiatura) ha deciso di imporre non solo tutto un altro ritmo rispetto al primo capitolo, ma anche di dare una nuova importanza al personaggio di Ellen Ripley (Sigourney Weaver), dedicando una cura speciale nel tratteggiarne la personalità.

La Ripley che incontriamo in questo secondo capitolo è infatti una persona cambiata, traumatizzata dall'incubo al quale è sopravvissuta, ma soprattutto che ha recuperato l'importanza dei sentimenti. A differenza del suo primo incontro con pubblico, nel quale appariva un ufficiale con chiare le sue priorità e soprattutto la prevalenza delle regole rispetto alla compassione per i suoi compagni (basta ricordare il momento in cui cerca di impedire al povero John Hurt di salire sull'astronave, perchè possibile portatore di un virus), la Ripley di Cameron riacquista la sue debolezze di donna, si umanizza in qualche modo, senza però perdere il suo coraggio e la sua determinazione.
Questo cambiamento trova conforto nei suoi rapporti con gli altri; assistiamo al nascere di un sentimento materno nei confronti di Newt (Carrie Henn), tratteggiato con enorme sensibilità, e di un'attrazione corrisposta con il Capitano Hicks (Michael Biehn).

Inoltre Cameron impone alla pellicola un respiro da war movie, bellicoso e adrenalinico, riuscendo ad amalgamare il tutto con la sensazione di claustrofobia tipica del primo alien, ma soprattutto riesce a rendere tridimensionali personaggi che in altri mani sarebbero state solo maschere vuote. In effetti è possibile riconoscere quasi tutte le tipologie che si incontrano in questa pellicola, ma la sceneggiatura li delinea comunque in maniera accurata, senza trascurarli e senza "tagliarli con l'accetta".

Ma Cameron non si limita solo a questo. Con un atto di coraggio decide di sfidare tutte le logiche del genere horror e si spinge fino a dare uno spessore psicologico e emotivo persino al mostro, creando così uno scontro non tra buono e cattivo, ma solamente fra razze che lottano entrambe per un diritto inalienabile; la sopravvivenza, propria e della propria famiglia. Nello scontro finale diventa difficile così trovare una scusa ragionevole per parteggiare per gli uni e gli altri; entrambi hanno ragione e ugualmente ispirano la nostra pietà.
Ma un nemico resta comunque: La Compagnia, simbolo dell'avidità umana, pronta a tutto per conseguire il più bieco guadagno. Perchè la distruzione di noi stessi risiede solo nelle nostre mani.