Recensione Un bacio romantico - My Blueberry Nights (2007)

Tecnicamente esemplare in ogni suo aspetto, il film sopperisce alla semplicità della storia e delle situazioni con l'originalità (e potenza visiva) di alcune inquadrature, con una colonna sonora molto curata e con solidissime interpretazioni.

Crostate di mirtilli contro la solitudine

Wong Kar-Wai è regista di altissimo livello, una vera e propria luce guida per quanto riguarda il cinema d'autore d'oriente (e non) degli ultimi due decenni. E' proprio per questo che sarebbe stato forse lecito aspettarsi per l'apertura del 60° Festival de Cannes un vero e proprio capolavoro. Non è andata esattamente così, My Blueberry Nights non è certamente un nuovo In the Mood for Love, ma il regista di Hong Kong continua comunque a dimostrare una straordinaria abilità nel raccontare storie semplici, fatte di persone e sentimenti, in modo eccezionale.
Tecnicamente esemplare in ogni suo aspetto, il film sopperisce alla semplicità (e in alcuni casi prevedibilità) della storia e delle situazioni con l'originalità (e potenza visiva) di alcune inquadrature, con una colonna sonora come sempre molto curata e ben selezionata e con delle solidissime interpretazioni da parte di tutto il parco attori.

Un road movie emozionale in cui, tappa dopo tappa, locale dopo locale, la nostra protagonista lavora come cameriera (cambiando nome di volta in volta) giorno e notte entrando così in contatto con personaggi che così come lei, sono in fuga dal loro passato e nascondo i loro problemi e la loro estrema solitudine dietro l'alcool, il sesso o il gioco d'azzardo. Su consiglio di Jeremy, proprietario di un locale di New York che si innamora di lei e cerca di contattarla senza riuscirci per tutta la durata del suo viaggio in solitaria, Elizabeth affoga i suoi dispiaceri in una crostata di mirtilli con gelato. L'estrema ricchezza di dettagli e colori, la machina da presa che indugia sui volti e sulle espressioni dei protagonisti, tutti elementi tipici del cinema di Wong, pur conferendo alla pellicola un fascino indiscutibile, corrono spesso il rischio di sfociare nel manierismo, forse proprio a causa della costruzione di una storia dalla struttura profondamente americana e quindi classica.
La stessa fotografia di Darius Khondji (chiamato qui ad un'impresa impossibile ovvero sostituire e non far rimpiangere il maestro Christopher Doyle che sembra aver chiuso (definitivamente?) la fruttuosa collaborazione con il regista in seguito ad alcune divergenza artistiche), comunque splendida nei colori e nel suo realismo, non colpisce quanto era successo in passato con i precedenti film del regista. D'altronde per il suo debutto in lingua inglese e sul suolo americano, lo stesso Wong Kar-Wai ha dichiarato di aver modificato il suo modus operandi lasciando un po' meno spazio all'improvvisazione, scrivendo una prima bozza di sceneggiatura e sottoponendola al co-autore a Lawrence Block, ma anche rinunciando, almeno in parte, al suo tradizionale perfezionismo e alla lunga gestazione delle riprese.

Ovviamente ad incuriosire di più era sicuramente la performance della protagonista Norah Jones, che nel ruolo di Elizabeth (o Lizzy o Beth) si trova a viaggiare per l'America cercando di dimenticare un amore finito male a New York ma soprattutto esplorando le emozioni e le motivazioni che portano sé stessa e tutti coloro che incontra nel suo cammino ad essere così soli, così drammaticamente distanti l'uno con l'altro ed incapaci di relazionarsi e comunicare con gli altri. La Jones, come noto qui al suo debutto cinematografico, è brava e misurata nella sua interpretazione: passa con facilità da momenti da assoluta protagonista, spesso con primissimi piani atti a catturare ogni dettaglio del viso, a intere sequenze in cui lascia letteralmente la scena ai bravissimi co-protagonisti, fungendo semplicemente da spettatrice (e noi con lei) e raccordo per l'intera storia.
E' sicuramente vero che nel momento in cui ci sono sullo schermo personaggi come Jude Law, David Strathairn, Rachel Weisz o Natalie Portman la differenza tra gli attori più esperti e l'esordiente si nota eccome, ma si tratta comunque di un debutto di grande spessore, forse lontano dall'eccellenza del celebre esordio della collega Björk in Dancer in the Dark, ma comunque dalle grandi speranze.

Movieplayer.it

3.0/5