Corazones de mujer: raccontiamo la diversità

Cronaca della conferenza romana per la presentazione del film italo-marocchino, già applaudito al Festival di Berlino.

In un clima di acceso interesse e tra caldi applausi di apprezzamento, è stato presentato a Roma Corazones de Mujer, film italo-marocchino indipendente reduce da un grande successo all'ultimo Festival di Berlino.
La storia tocca temi di grave peso sociale, come l'omosessualità e la verginità, nel quadro di una mancata accettazione del diverso e di soffocata espressione della propria identità. Il tradizionalismo della comunità marocchina, chiuso da ipocrisie obsolete, è raccontato però attraverso un road movie dai toni leggeri e divertenti, percorso da due personaggi che lottano per difendere la propria diversità.
Il protagonista è Shakira, uno stilista omosessuale denigrato e offeso da tutti i suoi connazionali marocchini ed al suo fianco, per le strade che da Torino portano al lontano Marocco, c'è Zina, una giovane promessa sposa che deve chiudere i conti col passato.
La scusa del loro viaggio è quella di cercare dei vestiti nuziali di indiscussa bellezza, ma in realtà i due partono per far operare la ragazza che nasconde alla sua famiglia di aver già perso la verginità prima del matrimonio, cosa assolutamente proibita. Costretta a mantenere il segreto intervenendo addirittura chirurgicamente, Zina scoprirà insieme a Shakira il suo desiderio di libertà e la sua inespressa forza di donna.

Presenti alla conferenza stampa i due attori esordienti Aziz Amehri e Ghiziane Waldi, i due registi italiani nascosti sotto lo pseudonimo di Kiff Kosoof (nome collettivo che in arabo significa eclisse), Davide Sordella e Pablo Benedetti, l'autore delle musiche Enrico Sabena e il direttore della distribuzione, Movimento Film, Mario Mazzarotto.
Legato al film, proiettato subito prima, c'è un toccante cortometraggio diretto da Filippo Soldi e prodotto in collaborazione con Rai Cinema. Esserci, questo il titolo, resta sul tema della diversità raccontando la vita "diversamente abile" attraverso un ritratto di Ileana Argentin, persona affetta da atrofia muscolare spinale nonché senatrice della Repubblica.

Com'è nato il legame tra Movimento Film e il cortometraggio di Soldi?

Mario Mazzarotto: Rai Cinema collabora con la Movimento Film già da anni per i corti realizzati per iniziativa di Telethon.

Filippo Soldi: L'idea di fare dei corti è nata quattro anni fa da Milly Carlucci, per raccontare tramite ritratti le persone aiutate da Telethon. È partito tutto da piccoli documentari che poi sono diventati veri e propri cortometraggi. Come è stato per il racconto di Ileana Argentin, in cui si presenta da sola, la cosa più importante non è la patologia, ma le mille ricchezze e doti che ha una persona. Alla fine quella è la sua diversità, come ne abbiamo tutti.

L'uscita di questo film era stata annunciata per il 5 giugno, poi è slittata. Cosa ci può dire sulla distribuzione in Italia?

Mario Mazzarotto: La situazione distributiva del cinema italiano è florida. Il successo di Cannes dei due film italiani, Gomorra e Il divo, si fa sentire anche nelle sale italiane in questo periodo. Corazones de Mujer uscirà il 20 giugno. Il film è già stato visto al Festival di Berlino, è uno di quei film indipendenti che si fanno spazio nei festival e si creano un suo pubblico che ha il diritto di essere ascoltato.

Com'è nata l'idea di questo film?

Davide Sordella: Il film è nato una sera in un locale fumoso marocchino a Torino. Aziz si è avvicinato e ci ha raccontato tutta la sua incredibile storia. Così siamo partiti per il Marocco con tre pagine di sceneggiatura, in sella ad un'Alfa Romeo Duetto, molto simile alla macchina usata per il viaggio del film. Quell'auto ha significato più di un mezzo di locomozione, può essere considerata il terzo personaggio di Corazones de Mujer.

Pablo Benedetti: L'attenzione per il nostro film è nata per la prima volta durante una proiezione che avevamo fatto qui a Roma, a cui aveva partecipato anche Michele Placido. La sua è stata una di quelle presenze che ci ha dato sostegno per andare avanti. Poi c'è stata l'avventura di Berlino, nel corso della quale abbiamo conosciuto i realizzatori di Riparo (altro film distribuito dalla Movimento Film, ndr) con i quali abbiamo sentito da subito una forte sintonia.

Quali sono state le reazioni nella società marocchina rispetto al vostro film?

Davide Sordella: Visto i temi affrontati nel film, pensavamo che non ci avrebbero mai dato i permessi per girarlo, invece non è stato così. Ci sono molte contraddizioni: non ti possono dire di sì, ma ti lasciano fare quello che vuoi. L'omosessualità, per esempio, è ancora un reato in Marocco, ma è anche una realtà che esiste. C'è una maschera, una duplicità, alla fine è un paese molto più libero di quanto si pensi. Abbiamo voluto fare una proiezione con i religiosi del posto non tanto per avere un'approvazione, ma per assicurarci che non avremmo offeso nessuno, magari con un particolare a cui non avevamo dato peso.

Perché questo titolo Corazones, "cuori", de Mujer, di "donna", un plurale con un singolare?

Davide Sordella: Il titolo è un gioco, segue il nostro tentativo di mescolare le carte. Abbiamo due personaggi, uno dei quali racchiude sia una donna che un uomo: c'è una doppia duplicità. Ma sono due cuori in uno solo.

Perché avete scelto il virato in seppia?

Pablo Benedetti: Per dare un senso di sogno e rappresentare la costanza della luce. Questo è il modo in cui parla la luce del Marocco. È anche stato il nostro primo tentativo di portare in digitale la pellicola. È venuto fuori dai bagni chimici, un bagno seppia.

Perché la scelta di far utilizzare una lingua mista, sia arabo che italiano?

Pablo Benedetti: Siamo partiti con una storia a grandi linee, senza schemi fissi. Gli attori erano terribilmente naturali ed è così che è nato uno smistamento di lingue, perché faceva parte della loro spontaneità del momento. Certe volte si sentivano più sinceri parlando in arabo, altre in italiano. Era anche un modo per continuare a mescolare le carte, per questi cuori di donna che non stanno mai fermi.

Davide Sordella: È un film meticcio, né arabo, né italiano, con un titolo in spagnolo. Il film è come una delle parrucche che Aziz/ Shakira butta in mare, sospeso.

Mario Mazzarotto: Anche la locandina esprime questa ambivalenza. L'abbiamo voluta fare sia in italiano che in arabo, per rivolgerci anche ad una frazione di pubblico che non viene quasi mai considerata, quella degli extra comunitari che vivono in Italia.

Com'è stata questa esperienza per gli attori, entrambi al loro primo film?

Aziz Amehri: Sono due anni che lavoro senza aver mai preso le ferie. Ho scelto di fare il film perché credevo di andare finalmente in vacanza in Marocco. Quando sono arrivato la ho capito che non era così e dovevo veramente lavorare (ride, ndr).

Ghizlane Waldi: Questa ragazza che interpreto fa parte di me. Il problema della verginità mi è molto vicino, una storia simile a quella del film l'hanno vissuta molte mie amiche. Avevo voglia di raccontarlo.

Cosa avete scoperto sull'omosessualità, la verginità e l'intolleranza verso le minoranze nei paesi arabi?

Pablo Benedetti: Sono tematiche che ho sempre vissuto in modo aperto. Il Marocco è una terra di confine e in quanto tale è fatta di chiusura ma non solo. L'omosessualità è una realtà che cerca di aprirsi. Non tutti sono estremisti come viene raccontato attraverso affabulazioni qui in occidente. È una terra che vuole emanciparsi, così anche la donna. È una cosa che si respira nell'aria, le donne sentono l'imminenza di liberarsi ed esprimersi.

Davide Sordella: La libertà in questo film è stata quella di togliersi la maschera, uscire allo scoperto. Quello che mi piace del finale, per esempio, è che rimane aperto, non si sa cosa succederà, ma l'importante è che la maschera sia caduta a terra. Questo è un problema universale che non riguarda solo il modo arabo. Come si può capire le frontiere sono molto più labili di quanto si pensi.

Come credete che il film venga accolto dal pubblico italiano, proprio quando si discute del problema dell'immigrazione?

Davide Sordella: Non volevamo mandare un messaggio, ma cercare di smuovere qualcosa dentro. Attraverso la leggerezza sono raccontate tematiche importanti. Noi diamo per scontate troppe cose, è giusto rimarcare la verità. Speriamo che il cuore dell'Italia verso queste questioni si accenda in modo chiaro una volta per tutte.

Pablo Benedetti: Il film non vuole giudicare o essere giudicato, vuole mantenere la sua semplicità.

Enrico Sabena ha creato una colonna sonora originale molto particolare, per la quale ha detto di aver voluto evitare che la musica fosse "prettamente marocchina". Come è stata quindi composta? Avete lavorato insieme con i registi o separatamente?

Enrico Sabena: È stato un lavoro a incastro, prendendo a modello il lavoro dei più grandi maestri compositori di colonne sonore. Certe canzoni sono state composte dopo la costruzione della scena in cui sono state inserite o, viceversa, il montaggio ha tagliato in corrispondenza delle cadenze musicali. Spesso la musica del film è un elemento di sceneggiatura. Con queste "musiche ibride", come le hanno definite molti giornalisti, ho cercato di sviluppare il suono in modo coerente al film: le tematiche sono trattate in modo rispettoso e volevamo che la musica creasse una commistione che avvolgesse l'umanità intera.