Coraggio, amicizia e sacrificio: ecco l'Olimpiade nascosta di Peyretti

Conclusa con successo la serie tv dedicata a Nero Wolfe, la Casanova Multimedia di Luca Barbareschi tenta di bissare con un'inedita avventura sportiva all'ombra della seconda guerra mondiale e delle persecuzioni naziste.

Mancano pochi mesi all'inizio dei Giochi Olimpici di Londra, ma la Rai anticipa i tempi e l'enfasi sportiva per l'evento presentando la fiction L'Olimpiade nascosta, diretta da Alfredo Peyretti e prodotta da Luca Barbareschi per la Casanova Multimedia. Programmato su RaiUno in due puntate domenica 27 e lunedi 28 maggio, questo film per la televisione ha il merito di portare alla luce una vicenda umana e sportiva unica nel suo genere. Si tratta degli avvenimenti che nel 1940 e nel 1944 spinsero un gruppo di prigionieri militari di varie nazionalità rinchiusi nei campi di Langwasser e Woldenberg ad organizzare la XII e la XIII Olimpiade, fino ad oggi considerate non disputate a causa del secondo conflitto mondiale. Questa vicenda storica in cui l'eroismo si fonde con la sportività e il desiderio di sopravvivere alla brutalità degli uomini, ha ispirato la sceneggiatura scritta da Fabrizio Bettelli e Maura Nuccetelli cui è stato aggiunto un pizzico di romanticismo probabilmente assente nella versione originale. A raccontarci la nascita e l'evoluzione di un'avventura umana profondamente sentita da tutti i protagonisti, sono il regista Alfredo Peyretti, il produttore Luca Barbareschi ed il cast rappresentato da Alessandro Roja, Andrea Bosca, Gary Lewis e Cristiana Capotondi in collegamento Skype.

Signor Barbareschi, la sua casa di produzione sta vivendo un anno particolarmente positivo, grazie soprattutto a progetti importanti come Walter Chiari - Fino all'ultima risata e il nuovo Nero Wolfe con Francesco Pannofino. Come commenta questi risultati e la scelta di tentare una nuova sfida con la storia piccola ma eccezionale de L'Olimpiade nascosta? Luca Barbareschi: Effettivamente tutti i nostri prodotti stanno avendo un grande successo all'estero, grazie soprattutto ad una attività di vendita che ci ha premiato in quasi tutto il mondo. Un risultato così la televisione italiana non lo otteneva dai tempi de La Piovra. Questa è la dimostrazione che la fiction deve iniziare a pensare in grande per far in modo che le nostre produzioni riescano a conquistare il panorama internazionale. Da questo punto di vista la corsa alla conquista dello share non avrebbe più molto senso, anche perché per ottenerlo basterebbe mandare in prima serata un tizio che si suicida in diretta. Con le mie produzioni, invece, ho cercato di alzare la qualità per conquistare il favore di un pubblico più giovane e più preparato. La Rai e la televisione hanno bisogno di svecchiarsi e storie come L'Olimpiade nascosta può contribuire. Per adesso almeno, è riuscita ad attivare un processo di riconoscimento formale da parte del CIO dei giochi del '40 e del '44, che si svolsero nelle ristrettezze e nella minaccia della prigionia. Anzi, durante la cerimonia di apertura di Londra 2012 verrà consegnata una medaglia simbolica proprio ad uno di quegli atleti, un polacco di 103 anni.

A cosa sta lavorando in questo momento? Luca Barbareschi: Il progetto piu importante che partirà a breve è la storia di Adriano Olivetti, interpretato da Luca Zingaretti. Il tutto ha un costo di cinque milioni di euro e si tratta di una produzione che ho particolarmente a cuore. Credo che, in questo momento, parlare di capitalismo sociale e di un uomo che ebbe una grande visione sia veramente interessante. Soprattutto attraverso il ritratto epico di chi ha avuto il coraggio di mettersi alla prova e di pagare a caro prezzo la sua intraprendenza.

L'ultima Olimpiade ha avuto il privilegio di essere realizzato all'interno del campo di prigionia di Theresienstad nei dintorni di Praga, teatro di delitti efferati ai danni dell'umanità intera durante la seconda guerra mondiale. Signor Peyretti, come avete lavorato all'interno di questa 'scenografia' e quale apporto ha dato alla realizzazione della storia? Alfredo Peyretti: come sapete le costruzioni esistevano, noi le abbiamo solo adattate e rese funzionali alla nostra realtà. Certo girare due film, perché è questo che abbiamo fatto, mantenendo intatto il senso di realtà senza allontanarsi dalla favola non è stato semplice. Quando Luca mi ha consegnato la sceneggiatura, ho capito immediatamente di trovarmi davanti ad un testo esemplare, anche se complicato e incredibilmente ricco. Devo confessare che per un attimo ho esitato di fronte alla sfida di portare a termine un progetto del genere nelle solite quattro settimane messe a disposizione per la fiction. La chiave vincente, proprio come nella fiction, è stato il gruppo formato da incredibili professionalità tecniche e da un team di attori che hanno vissuto in autonomia, attenti ad impossessarsi dello spazio e farlo proprio più che a concentrarsi sulla fredda recitazione.
Rivolgendoci proprio al cast, potete svelarci qualche elemento in più sui vostri personaggi? Cristiana Capotondi: Prima di tutto volevo ringraziare ancora una volta Barbareschi per averci dato la possibilità di raccontare una parte della nostra storia di europei che anche io, nonostante la mia passione per la materia, non conoscevo assolutamente. Ritornando al mio personaggio, Kasia è profondamente diversa dalle giovani donne interpretate finora questo momento ed è per questo, probabilmente, che le sono tanto legata. Poco meno che trentenne, si trova a dover affrontare un momento difficile come quello del conflitto mondiale e dell'invasione nazista. All'inizio cerca di organizzarsi e per sopravvivere accetta di occuparsi della lavanderia del campo di prigionia militare. Qui avviene il suo incontro con Mario, che le darà la possibilità di cambiare, crescere e responsabilizzarsi, fino a diventare in qualche modo anche madre.
Alessandro Roja: Mario èun giovane militare italiano mandato in un campo di lavoro dopo essersi rifiutato di arruolarsi nella Repubblica di Salò. Istintivamente pensa solo a salvarsi la pelle, fino a quando incontra Alex, un ufficiale inglese che lotta per mantenere intatta la sua dignità di uomo. Da quel momento Mario scoprirà in sè dei sentimenti che credeva sopiti, come l'attenzione per il gruppo e il desiderio di costruire insieme una speranza. Però, accanto al valore del gesto sportivo e al senso d'unione che nasce da questo, il film ha un altro cuore pulsante rappresentato da un sentimento arcaico come l'amore, capace di germogliare ovunque.
Gary Lewis:Come tutti i miei colleghi, ho provato una emozione grandissima a lavorare immerso in una location così reale e carica di emozioni. C'era un'incredibile energia da parte di tutti e su questa sensazione si e costruita una certa solidarietà, anche con il cast della repubblica ceca. Alex, Il mio personaggio, ha compreso che ci sono delle barriere tra le nazionalità, soprattutto nel conflitti, e vuole superarle. Si tratta di un messaggio fondamentale in questo preciso momento storico in cui l'Unione Europea fatica a riconoscersi.
Andrea Bosca: Un altro nome che si può dare all'amore è amicizia; questo è il principio su cui si fonda la formazione del gruppo dei prigionieri nonostante le loro differenze nazionali. Vittorio, ad esempio, è un giovane studente di medicina strappato agli studi e al suo futuro. Immediatamente si sente in difficoltà ed è il primo a crollare. Questa debolezza gli fa capire che deve legarsi a qualche cosa di più importante come il gruppo. E' per questo che prova a salvare se stesso e gli altri attraverso la formazione di questa unione.

Signor Lewis, lei ha avuto la possibilità di prendere parte a dei prodotti internazionali entrati nella storia del cinema moderno come Billy Elliot e Gangs of New York. Come ricorda la sua esperienza in questo progetto internazionale con un cast così vario? Gary Lewis: Sono stato molto fortunato a lavorare con un cast così completo e preparato. I personaggi di Mario e Vittorio, ad esempio, non rappresentano solo degli italiani ma degli uomini con delle peculiarità ben precise. Lo stesso vale per Il casting degli attori cechi. Attraverso le loro interpretazioni sono riuscito a vedere la loro individualità e non degli stereotipi.