Clive Owen presenta Shadow Dancer a Berlino 2012

I protagonisti Cliwe Owen ed Andrea Riseborough, con il regista James Marsh, presentano al Festival di Berlino Shadow Dancer, che racconta uno degli aspetti del terrorismo irlandese.

Arriva in anteprima europea al Festival di Berlino 2012, fuori concorso nell'ambito della sezione Competition, il dramma spionistico Shadow Dancer, che racconta uno degli aspetti del complesso argomento del terrorismo irlandese ed ambientato nel 1993. Ne è protagonista un intenso Clive Owen, accanto ad Andrea Riseborough che veste i panni di Colette, arrestata dopo un tentato attacco a Londra e posta davanti alla difficile scelta di fare da spia contro la propria famiglia o andare in carcere e non vedere più suo figlio.
A presentate il film in quel di Berlino sono intervenuti i due attori, accanto al regista James Marsh, che hanno spiegato come hanno affrontato un argomento così delicato e sentito e che scelte sono state fatte in sede di produzione per portare sullo schermo la storia di Tom Bradby, presente in sala tra i giornalisti che hanno seguito l'incontro.

Clive, quale pensi che sia la relazione tra il tuo personaggio e quello di Colette? Clive Owen: Interpreto un agente dell'MI5 che ha passato molto tempo su questo caso. Capisce presto che non è pronto a compromettere il lavoro e mettere a rischio la ragazza, ha una coscienza e si sente responsabile per lei. Arrivano da mondi opposti, ma sono connessi in qualche modo.
Andrea Riseborough: Dal punto di vista di Colette, si tratta di un'attrazione di natura disperata. Ha paura e si sente sola, quindi si tratta di un atto di pura disperazione.

Una domanda agli attori. Dove eravate nel periodo in cui questi eventi accadevano e che idea avete al riguardo? Andrea Riseborough: Sono nata nel periodo di quel conflitto, ma non avevo un'idea di quanto della verità ci fosse tenuta nascosta.
Clive Owen: Se sei nato in Inghilterra ed hai la mia età, si tratta di qualcosa che sei abituato a vedere ai notiziari ogni giorno, con cui sei abituato a convivere. Ricordo di essere andato a Belfast in quel periodo e mi sorprendo di quanto poco tempo sia passato. Non è stato un periodo facile.
James Marsh: Abbiamo raccontato un'operazione cinica, trovando una prospettiva nuova per gli eventi di quel periodo. Non ci siamo concentrati sugli aspetti politici della storia, perchè sarebbe stato troppo complesso, ma abbiamo voluto raccontare le vicende di una famiglia che si trova coinvolta negli eventi.

Come siete riusciti a gestire il rapporto tra la madre e la figlia? Quanto sanno l'una dell'altra? James Marsh: La madre è consapevole di quello che sta accadendo, mentre Colette è così presa da sè stessa, dal tradimento e dai suoi problemi, da non riuscire a notare altro. Lo si vede nella recitazioni delle due attrici, Brid Brennan ed Andrea, la prima mette in scena questi sotterfugi per tutto il tempo, mentre la seconda rende bene l'insicurezza di chi non sa quale sia la scelta giusta.
Andrea Riseborough: E' qualcosa che accadeva regolarmente, in alcune famiglie c'erano tre o quattro figlie, tutte membri ed informatori e spesso non sapevano l'una dell'altra. Si tratta di una situazione paranoica e non riesco ad immaginare come si potesse agire sotto questo livello di stress.

Andrea, ci dici qualcosa riguardo le motivazioni di Colette? Andrea Riseborough: Tutto quello che Colette fa è motivato dal figlio. ll suo coinvolgimento sociale e politico è relativo alla morte del fratello e vediamo la famiglia affrontare questo dramma ogni giorno e rappresenta un filo conduttore fino alla fine del film. Sì, sta proteggendo il figlio, ma è intrappolata dalla stessa cosa che sta cercando di proteggere. Credo che lo script sia molto efficace da questo punto di vista. Non abbiamo idea di chi potrà diventare questa ragazza in futuro, perchè lei stessa non ne ha idea. Viene definita dal contesto del mondo in cui si trova a vivere.
James Marsh: Lei è nata durante questo conflitto ed è la cosa principale che cerchiamo di raccontare, ovvero la generazione che è vissuta in questo contesto. La sua motivazione principale è quella di proteggere il figlio, ma allo stesso tempo per farlo deve tradire un'altra parte della sua famiglia. Questo conflitto interiore, così paradossalmente intenso, rende la storia coinvolgente anche per lo spettatore.

Clive, non è la prima volta che ti vediamo interpretare un agente di un'agenzia come l'MI5 e sei sempre così convincente. Hai mai fatto ricerca riguardo questi agenti? Hai avuto feedback da qualcuno di loro? Clive Owen: Più che riguardo l'MI5, il mio interesse risiede nel conflitto che questi personaggi vivono, che li spinge giorno dopo giorno.

Una domanda al regista: in che fase del progetto sei stato coinvolto? James Marsh: Tom Bradby, che è qui presente, era giornalista in Irlanda del Nord all'epoca dei fatti raccontati ed è stato a contatto con vari aspetti di questa realtà. Ne ha scritto un romanzo adattato in una sceneggiatura, che mi è stata mandata. Abbiamo lavorato insieme su questo script per mettere a fuoco i punti salienti della storia e rifinirla, un lavoro che ci ha impegnati per circa un anno.

E' passato molto tempo dalla stesura del romanzo alla realizzazione del film. Come mai avete aspettato tanto? James Marsh: Penso che in qualche modo il tempo ha beneficiato al film, perchè ci ha permesso di capire meglio la giusta prospettiva da adottare.
Andrea Riseborough: Si tratta di una ferita ancora aperta ed ora che è passato del tempo e la realtà non è più manipolata dalle parti, si può considerare un tentativo di ricucirla. E' stato necessario sentirsi pronti a raccontare quella storia, affrontare quel senso di colpa.
James Marsh: Inoltre dal punto di vista drammaturgico si tratta di una situazione ricchissima, quella di dover spiare sui propri familiari.

Andrea, eri qui a Berlino l'anno scorso come Shooting Star. Ci racconti l'esperienza? Andrea Riseborough: Sono molto orgogliosa e felice di essere a Berlino. La prima volta è stata straordinaria ed è stato un privilegio essere qui come Shooting Star. Ho parlato con James ad inizio anno, mi ha mandato lo script e non vedevo l'ora di incontrarlo. Ci siamo incontrati proprio qui per un paio d'ore una sera e da allora è iniziato il processo produttivo del film.

Clive hai parlato con agenti o con qualcuno dell'IRA per prepararti? Clive Owen: No, non ne ho avuto la possibilità. Ero impegnato in un altro progetto, quindi non ho avuto molto tempo per fare ricerca, ma lo script era così forte e preciso nel descrivere le motivazioni del mio personaggio, da non averne bisogno.
Andrea Riseborough: Spesso la chiave è di non sapere troppo. Ci sono così tante cose che i nostri personaggi non sanno, che non il sapere a nostra volta aiuta lo spettatore ad essere attratto nella storia.

Ci parlate del bacio tra i due personaggi? Clive Owen: Ancora non sappiamo molto (ride)
James Marsh: La spiegazione è tutta in quel particolare momento. Queste cose accadono per una disperazione istintiva, il desiderio di entrare in contatto a livello intimo. Ogni giorno facciamo qualcosa che non sappiamo spiegare, che magari rinneghiamo.
Andrea Riseborough: Rappresenta il desiderio di sentirsi umani, vivi per un momento.
Clive Owen: Quando ho letto lo script l'ho trovato un momento molto strano, non predicibile ed intenso.
James Marsh: Ciò che ha più valore per me è quello che accade dopo il bacio, qual è la loro reazione a quel momento.

Per recitare in film che affrontano argomenti del genere, come ci si deve comportare? Cercare di capire i personaggi, senza giudicarli per quello che fanno? Clive Owen: Uno dei punti di forza dello script è di non essere impostato in modo tale da esprimere giudizi.
James Marsh: Cerco sempre di capire ed apprezzare ogni personaggio. Non è sempre facile facile farlo, ma è il mio approccio al lavoro.