Recensione 24 City (2008)

Corredato da momenti di genuina emotività ed un bel commento sonoro interpretato da archi, in questo contrasto c'è tutto il film di Zhang-ke e, come vorrebbe intendere, tutta la Cina di oggi.

Cina, oggi

Dopo il Leone d'oro nel 2006 con Still Life, Jia Zhang-ke prova a conquistare anche la palma d'oro con 24 City, un misto tra documentario e fiction in cui si racconta - attraverso testimonianze prima reali poi fittizie - la storia di una vecchia fabbrica per l'aviazione militare fondata oltre sessanta anni fa ed ora smantellata per costruire al suo posto un complesso di lussuosi appartamenti residenziali chiamato appunto 24 City.
Zhang-ke inizia il suo racconto al fianco degli operai più anziani, coloro che hanno visto crescere la fabbrica chiamata semplicemente 420, coloro che si sono trasferiti a Cheng-du - proprio nella zona colpita dal tragico sisma qualche giorno fa - per seguire il loro lavoro e nel momento d'oro della 420 hanno imparato ad amarla e considerarla casa propria. Col sopraggiungere della crisi della fabbrica, i ricordi si fanno meno sognanti e più amari, con una donna che ricorda il momento in cui lei e altri colleghi sono stati licenziati perchè in sovrannumero, e infine, con Joan Chen, arriva la prima testimonianza 'fittizia' ma comunque reale, sui sogni di bellezza, gioventù e amore che sfioriscono nel tempo.

Questo viaggio nel passato è scandito da bellissime inquadrature fisse sugli intervistati, a tratti ipnotiche, che rendono inizialmente difficile la partecipazione dello spettatore, ma che col proseguire della pellicola lo trascinano in un vortice immaginifico di ricordi la Cina dei lavoratori, dei valori socialisti, della rivoluzione culturale e industriale per giungere infine alle nuove generazione e il loro approccio così differnete alla vita e al lavoro. I monologhi dei due giovani attori Lu Liping e Zhao Thao sono in questo senso i più significativi nel dimostrare l'impossibilità di accettare la 'nobiltà' del lavoro in fabbrica così come c'era stato finora raccontato, ma la necessità di trovare nuovi scopi e valori come per esempio arrichirsi, comprare un appartamento lussuose per sè stessi e i proprio genitori, e liberarli dalla schivitù della fabbrica.
Corredato da momenti di genuina emotività ed un bel commento sonoro interpretato da archi, in questo contrasto c'è tutto il film di Zhang-ke e, come vorrebbe intendere, tutta la Cina di oggi.

Movieplayer.it

3.0/5