Recensione Cadillac Records (2008)

Biopic nostalgico e musicale sul solco di Ray, ma anche di Dreamgirls, Cadillac Records è purtroppo afflitto da una certa mancanza di coesione e di fantasia.

Chicago Blues

Sul solco di numerose recenti biopic che hanno raccontato figure di grande portata nel panorama musicale stelle e strisce, ecco Cadillac Records, che si propone di celebrare un connubio singolare, quello tra un bluesman proveniente dalle piantagioni del delta del Mississippi e un self made man ebreo, che rappresentò il cuore dell'avventura Chess Records.
Leonard Chess (Adrien Brody) e Muddy Waters (Jeffrey Wright) s'incontrano quando quest'ultimo suona con la sua band nel locale gestito dal futuro produttore; Chess propone al brillante chitarrista un contratto discografico e da qui inizia l'ascesa della leggendaria etichetta negli anni '50. L'entourage dello studio si popola di figure affascinanti come il ribelle Little Walter, il fiero Howlin' Wolf e la tribolata Etta James - fino al padre del rock'n'roll Chuck Berry, che cambia per sempre il volto delle chart stelle e strisce e stimola l'integrazione razziale nelle generazioni più giovani.

La regista Darnell Martin fa un lavoro appassionato, ma il problema del film è nella sceneggiatura frammentaria, mancante di rigore selettivo e di buone idee che potessero servire da architravi per la struttura narrativa. Cadillac Records chiama in causa troppe personalità complesse, troppi temi cruciali, e manca della penetrazione e dell'intelligenza necessari a dare al tutto spessore. Ad esempio il personaggio di Leonard Chess (che lo script aveva già reso orfano del fratello Phil), nonostante l'impegno di Adrien Brody, è davvero poco più che un white daddy che elargisce Cadillac ai suoi musicisti di successo e ne sorveglia le finanze, e questioni di enorme rilevanza culturale sono sfiorate e archiviate con una cera volubilità.

Sufficiente a tenere desta l'attenzione è, ovviamente, la musica, con ottimi sforzi da parte degli interpreti chiamati spesso a prodursi nel canto, e alcuni momenti efficaci che si devono più al carisma degli attori - in particolare il sempre bravissimo Jeffrey Wright, il toccante Columbus Short e il sorprendente Eamonn Walker, che giganteggia in un ruolo esiguo, quello di Howlin' Wolf.
Se la diva Beyoncé Knowles, appesantita nel corpo e nella voce per incarnare Etta James, sembra gravare sul ritmo della pellicola quando fa la sua entrata a metà film, il resto del cast è decisamente all'altezza e la performance corale è l'aspetto migliore di un progetto cui avrebbe giovato una vigorosa riscrittura, ma che resta abbastanza apprezzabile per il sacro fuoco musicale che evidentemente lo pervade.

Movieplayer.it

2.0/5